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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume III. LETTERE (1840).
    • LETTERE 1840. 3 gennaio – 31 dicembre. nn. 221–436.
      • 327
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Viva il Cuor di Gesù e di Maria!

 

 

Eccellentissimo Signor Professore,1

 

Mi conceda, la prego, di parteciparle uno di quei casi che raramente avvengono, benché atti sieno a confortare tutti quelli che, coll’eccellenza del sapere, pregiano la nostra Santa Religione.

Ieri mattina, sonomi fatta dovere manifestarle quanto vantaggio aveva sentito la mia carissima figlia2 dall’emissione di sangue, comandata dalla carità Vostra. Quando il Signor Dottor Nardo l’ha visitata ieri sera, trovolla coi polsi piccoli ed accusante dolori atrocissimi, e presa da timori, per cui ha esercitato la pazienza del medesimo Sig. Dottore; dimandogli se v’era pericolo di restare inferma, e quanto dovrebbe restarsi a letto e varie altre cose ha chiesto.

Il buon Medico rispose che, umanamente parlando, la malattia sarebbe stata lunga; ma poi soggiunse che Dio può usare di sua onnipotenza ed allora, disse, potrebbe anche la prossima domenica portarsi ad ascoltare la Santa Messa, quand’Egli voglia; potrebbe anzi domani passeggiare nell’orto, anzi per volere di Dio, questa sera medesima, potrebbe alzarsi da letto.3

Ero veramente sorpresa udire questo diverbio religioso,


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ma il nostro buon Dio, certo, così dispose per eccitare nei cuori nostri maggior fiducia, ed esser da noi più amato.

Tosto partito il Signor Dottore, ho animato l’ammalata [a] credere che quanto aveva inteso dal Signor Medico, a lui era stato sicuramente ispirato dallo Spirito Santo, perciò la ho stimolata a mettere la sua confidenza in Dio, e tenere sicuro che, la prossima domenica, con noi ascolterebbe la S.ta Messa.

La notte l’ha passata sufficientemente bene, avendo dormito più di quattro ore continue, ma i dolori non l’abbandonarono. Esaminandola, ho trovato che aveva il corpo tutto macchie nere e gialle. Prima ho pensato fosse l’effetto delle mignatte, che si dovettero applicarle, ma poi m’assicurava meglio l’estensione sua che ciò era l’opera della sconquassata ricevuta sopra l’albero.

Nella speranza di sollevarla, ho preparato un cristere, il quale applicato non lo ha sentito. Un altro gliene ho replicato e, siccome diceva [di] non provare nessun incomodo, la ho obbligata di alzarsi. Ho fatto [che si] poggiasse al mio collo e, sollevata, ho bramato discendesse dal letto. Per sentimento di pietà, volta verso il Santissimo Sacramento, ha piegato con fatica un ginocchio, per recitare cinque Gloria Patri, ed alzandosi ha trovato di essere guarita.

Come pazza non sapeva né che cosa fare, né che cosa dire; io l’ho scossa, comandandole che si vestisse. Poi passammo dalla stanza nell’Oratorio affine ringraziare Iddio. Indi siamo discese le scale; dessa non ha provato nessun incomodo, ha mangiato un poco di riso ed un piccolo quarto di pollame, standosi fino alle nove in piedi. Poi si è ritirata ed è due ore che dorme tranquillamente.

M’assicuro che il bellissimo di Lei cuore sentirà volontieri


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questa narrazione. Le ripeto i miei ringraziamenti per tanta sua bontà, mentre piena di stima segnomi

 

                                                dell’Eccellenza Vostra
                                               Umilissima Obbligatissima Serva

                                   Suor Maria Rachele Guardini

 

Venezia dall’Istituto di S.ta Dorotea

la notte 21 Agosto 1840

 

All’Eccellentissimo Signore

Il Signor Professore Rima

S.P. Mani





1 ASDR, reg. I [p. 204].



2 Suor Maria Rosa Sanfermo: cf. lett. n. 323.



3 Cf. lett. nn. 326, 330, 331, 340.






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