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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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Viva il Cuor di Gesù e di Maria!
Illustre Signora,1 Ritornata nell’Istituto, ho saputo ch’Ella erasi degnata onorarci di persona, per intendere come la carissima mia figlia2 ricevuta avesse la grazia per mezzo di S.ta Dorotea. Mi faccio dunque piacere descrivergliela a gloria dell’Onnipotente, che operò il prodigio, e prego la di Lei bontà perdonare se sarò prolissa in ciò fare. Noto è a Vostra Eccellenza la causa della malattia. Questa mia figlia si fece male il giorno dieci prossimo passato. Quando tanto s’aumentò il malore che il prudente Sig. Dottor Nardo, che la sera 18 mi lasciò quasi nella certezza di non poterla più ricuperare, bramò un consulto col Signor Professore Rima.3 La paziente era stata visitata anche da un padre di S. Servolo.4 Difatti, la mattina 19, fu il Signor Professore Rima col Sig. Dott. Nardo. Presente il nostro Signor Parroco,5 dichiarò il Sig. Professore vedere prossima l’infiammazione alle parti nobili, pel gonfiamento che sussisteva nell’esterno del ventre. Ha perciò ordinato una pronta emissione di sangue; raccomandò poi nel tempo stesso al Signor Medico di ben vegliare per togliere possibilmente l’infiammazione, replicando al caso mignatte o sangue. Lo ha pur avvertito poter ciò succedere anche senza che il polso l’annunci. Ha poi aggiunto essere attaccata da gastrico, ma si è poco curato di questo, perché maggior pena davagli le parti nobili, che temeva lo sfacelo. Dopo levato sangue l’ammalata respirò, ma vedendo la malattia complicata pregai, e sonomi sentita ispirata chiedere al di Lei Cognato, nostro Superiore,6 il permesso di comandare all’ammalata ravvivare la fede, onde potesse per grazia sovraumana portarsi nella prossima domenica nel nostro Oratorio ad ascoltare la S.ta Messa. Il giorno che ho ciò ottenuto, raccomandai all’ammalata di non partecipare a nessuno un tanto permesso, ma credere che l’onnipotente Iddio mi avrebbe ciò concesso, quando non fosse stato dannoso all’anima sua. Io tenevo informato il nostro benignissimo Superiore di quanto succedeva. La sera del 18, gli ho scritto che aveva passato una tristissima giornata, e nel tempo stesso annunciavogli che non avevo perduto la speranza, ma che aspettavo la grazia ed anzi lo pregavo venire prima della stabilita giornata per benedirla.7 La forza del male, che sentiva l’ammalata, toglievale la confidenza in Dio. Spesso la rimproveravo, perché volevo sperasse. La sera del 19, accusava dolori atroci e quantunque così si lagnasse, sonomi sentita spinta di portarmi ai piedi del Sacramentato Gesù, per ringraziarlo, come certa di aver per mezzo di S.ta Dorotea ricevuta la grazia. Quella notte, l’ammalata ha riposato quattro ore. La mattina del 20, ho partecipato questo al Superiore.8 In tal giorno appunto è venuto a benedirla. Giunta la sera, venuto il Sig. Dottor Nardo, ha parlato un poco da scientifico affine di soddisfare alle interrogazioni fatte dall’ammalata, perché temeva di morire per l’acutezza dei dolori come per essere irremovibile di posizione. Vedendola presa da tanto timore, come ispirato ha parlato della bontà di Dio e forza di sua onnipotenza, e disse: quando Lui voglia, potrebbe anche domenica portarsi nell’Oratorio a Messa, e dimani passeggiare nell’orto, anzi per prodigio potrebbe anche questa sera levarsi. Partito il Medico, ho fatto con entusiasmo osservare all’ammalata ch’egli aveva parlato sicuramente per ispirazione. L’ho eccitata a confidare nella misericordia del Signore, che non lasciò mai confusi coloro che sperarono in Lui. La mattina del ventuno, essendo venuto Monsignor Superiore, con allegrezza gli ho narrato il ragionamento del Signor Dottore, il quale nulla sapeva del mio patto col Signore. Lagnavomi anche per la poca fiducia che mostrava Maria Rosa, che spiacevami sentirla per timore di scoraggiare nella fede. Quando, alla mezza pomeridiana, sono entrata in stanza dell’ammalata, ch’eromi allontanata per prepararle un sollievo, ed essendovi colà suo padre9 che dolevasi vederla star tanto male, in modo scherzevole dissi che si allontanasse ch’io l’avrei fatta star bene. In vero speravo sollevarla con applicarle un cristere. Ma che! eseguita l’azione, disse non sentirlo. Questa indifferenza misemi in timore. Per meglio vederne l’effetto, gliene applicai un altro, che ripeté non aver sentito. Confortavami la speranza che il Signore mi avesse esaudita, ma reggeva anche il timore. L’obbligai allora poggiarsi al mio collo per alzarla; e lo ha fatto, ma era tutt’aggruppata pei dolori, tuttavia insistetti e le posi le gambe fuori dal letto e giù la tolsi. Mezza genuflessa recitò cinque Gloria Patri; quando mi dice con istupore: sto bene. Immobile se ne stava come una che venisse presa da pazzia. Io la scossi con qualche parola e le comandai di vestirsi e che provasse a camminare. Può Ella immaginarsi l’esultanza mia, vedendola drizzata e svelta. Tosto andammo a ringraziare Iddio nell’Oratorio. Con meraviglia comune discese le scale senza pena veruna; tuttavia ricordevole di quanto disse il Signor Professore Rima ed il padre di S. Servolo, cioè che andando anche bene la malattia si facesse una fasciatura, ma che, volendo questo fare ho trovato che non aveva più nessuna gonfiezza, per cui il ventre trovavasi nello stato naturale. Ecco quanto l’infinita bontà di Gesù ha operato a nostro vantaggio. Ho veramente tutti i motivi di confondermi per questo nuovo beneficio e non saprò mai abbastanza operare affine mostrare al caro Gesù la mia gratitudine, ma so ch’Egli è infinita bontà e che da me altro non vuole che quello che è suo. Sì, il mio cuore bramo sia tutto suo. Egli lo prenda, lo leghi alla sua Croce e lo fortifichi, perché da quella mai s’allontani, ed io sarò coll’aiuto suo contenta. Eccola soddisfatta della narrazione, che bramava. Ho inteso poi con sommo dolore la malattia di Sua Altezza la Duchessa di Modena,10 sorella di Sua Maestà11 l’ottima nostra protettrice. Oso perciò offrirle un’immagine di S.ta Dorotea, e potrà sicurarla di tutto il nostro interesse per raccomandarla a Dio Signore, anzi dimani tutte noi faremo la Santa Comunione, onde impetrarle, per mezzo della nostra Santa particolare Avvocata, salute, se però è di maggior gloria di Dio; noi continueremo un settenario alla Santa, che sarà chiuso con altra Comunione. Voglia il misericordioso Iddio ricevere le nostre preci a suo favore, compiacendosi donarle salute e santità sempre maggiore. Piena di stima per Lei e tutta sua rispettabile famiglia, ho l’onore dirmi Umilissima Obbl.ma Serva Suor Maria Rachele Guardini
Venezia dall’Istituto di S.ta Dorotea dì 7 7bre 1840
Alla Nobil Donna Contessa Alba Corner Balbi
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1 ASDR, reg. I [pp. 211-213]. La contessa Alba Corner sposò (24-4-1809) Rizzardo I conte Balbi dal quale ebbe tre figli: Laura Adriana Maria (17-7-1816), Rizzardo Nicolò (1-11-1817), Adriana Maria Cristina (20-11-1821). Dama della Croce Stellata e di Palazzo dell’imperatrice d’Austria, era sorvegliatrice della Pia Opera nella parrocchia di S. Pantaleone: cf. «Pia Opera di Santa Dorotea stabilita nella Regia Città di Venezia», 1832, [1841 o 1842], 1843, cit. Morì il 5-1-1867 a 76 anni: cf. Menzioni onorifiche dei defonti... nell’anno 1867, per cura di G.B. Contarini, Venezia, Tip. del Patronato pei Ragazzi in Castello Imp., pp. 5, 26. 2 Suor Maria Rosa Sanfermo: cf. lett. nn. 324, 326, 330, 331, 336. 3 Cf. lett. n. 322. 4 Isola della laguna di Venezia, sede del manicomio. I degenti erano assistiti dai Frati Ospedalieri di S. Giovanni di Dio (Fate Bene Fratelli). 5 Don Carlo Gidini. 6 Mons. Balbi. 7 Cf. lett. n. 321. 8 Cf. lett. n. 324. 9 Lorenzo Sanfermo. 10 Beatrice Vittoria di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I e Maria Teresa d’Austria-Este. Nacque nel 1792; nel 1812 sposò Francesco IV duca di Modena. Morì il 15-9-1840. 11 Maria Anna Carolina Pia di Savoia. |
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