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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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56. Regole dell’Instituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea.1
[…].
1. SCOPO DELL’INSTITUTO.
La Pia Opera di s. Dorotea ormai tanto diffusa, e conosciuta per la prova de’ fatti tanto vantaggiosa in se stessa, e adattata ai nostri tempi, non si potrebbe ragionevolmente sperare, che si mantenesse nel suo spirito, e senza venir meno della sua efficacia, ove non le si desse un’anima permanente, e tutta sua propria. Affidata allo zelo dei singoli particolari che la potrebbon promuovere, anderebbe soggetta a mille variazioni, alla confusione e quindi anche al deperimento. Si aggiunga, che, quantunque sia ella semplicissima, non essendo, che la correzione fraterna facilitata; pure, come dimostra l’esperienza, non basta uno zelo qualsiasi a sostenerla; ma fa di mestieri d’uno zelo illuminato e fervente. Or non si vede, come poterle dare un’anima permanente, e tutta sua propria, fuorché con un Instituto di Suore, le quali abbiano per loro fine la conservazione e la promozione della medesima. Questo la manterrà uniforme, perché agirà ovunque colla stessa regola, né permetterà che cada nella tiepidezza, perché in una corporazione non muore lo spirito al morire degl’individui. In quel modo, che le Suore della Carità di s. Vincenzo de’ Paoli si prefiggono specialmente a loro fine la carità verso gl’infermi, queste si proporranno la carità verso le fanciulle. Quelle prestano la loro opera agli ospedali, queste la presteranno alle compagnie della Pia Opera. Quelle non fanno né da medici, né da chirurghi; ma procurano che l’opera di tali persone sia veramente efficace a pro degl’infermi: queste non dovranno essere né sorvegliatrici, né assistenti; ma si adopreranno, perché lo zelo di tali persone alle fanciulle non venga meno. Chi pensasse poi che le Suore dovessero perdere lo spirito, esercitandosi in questo uffizio per aver a trattare con molte persone, e della difesa esser prive della Clausura, rifletta, che, come in due secoli nol perdettero le figlie di s. Vincenzo, quantunque esposte a maggiori pericoli, per dover trattar con ogni sorta di gente; così v’ha ragionevol motivo di credere, che nol perderanno neppure queste, le quali trattar non dovranno con altri, fuorché con persone del loro sesso donne e fanciulle; inoltre questo trattare essendo tutto rivolto allo spirito, pare che tornar debba anzi che no vantaggioso anche alla spirituale loro coltura. Se Dio benedice la santa intrapresa, certo sarà incalcolabile il frutto, che ne risulterà. La Pia Opera coltivando le fanciulle, può coltivare la metà della sorgente generazione: quando questa cresca buona, riuscendo tanto influente l’educazione delle madri sui figliuoli, anche l’altra metà dovrà necessariamente migliorare. Pertanto le Suore di questo Instituto formando l’anima della Pia Opera, avranno il merito del bene, che è per derivarne, e che si può sperare universale.1
PARTE PRIMA. Costituzioni. Questo Instituto riconosce per santi protettori quegli stessi della Pia Opera di santa Dorotea, cioè Maria Santissima Addolorata, e santa Dorotea. Ha per superiore il Vescovo. S’intitola: Suore Maestre di s. Dorotea. Le sue regole non obbligano per se stesse a colpa.
Capitolo primo. § I. Delle Suore. V’ha in questo Instituto due ordini di Suore; nel primo sono le maestre, nel secondo le converse. Le maestre sono le Suore abili ad ordinare e regolare la Pia Opera. Le converse sono le Suore, che s’impiegano nelle faccende di casa. Pe’ servigi più bassi fuori di casa, come trasportar roba ec. quando la necessità lo richiedesse, si tengono una o più domestiche.
§ II. Requisiti perché alcuna sia ammessa fra le Suore. Dovrà essere di condotta irreprensibile e di soda virtù. Dovrà avere zelo per la coltura delle fanciulle; e perciò quelle, che amassero di pensare solo a sé, non sono da ammettersi. Dovrà ciascuna ordinariamente parlando aver la sua dote. Non si esigerà in generale per tutte una dote eguale; ma dovrà essere determinata solo in particolare per ciascheduna, e proporzionata alla capacità della propria famiglia.1 Dovrà parimente ognuna avere il suo corredo. Nessuna povera si dovrà ricusare pel solo titolo di sua povertà; ma quando potesse essere utile all’Instituto e alla Pia Opera, potrà accettarsi. Nessuna ricca potrà ammettersi pel solo titolo di sua condizione; ma converrà che anch’essa per altre ragioni sia utile all’Instituto e alla Pia Opera. Non si ammetteranno quelle, che fanno consistere la pietà soltanto in alcune divozioni esteriori, le quali benché lodevoli e sante non bastano a formare una buona cristiana, né tale che possa riuscire anche utile ai prossimi. Non si accetteranno le minori di età senza il positivo consenso dei parenti; in niun modo poi quelle, che avessero meno di sedici anni di età, o più di trenta. […]. Capitolo secondo. § I. Delle Case. L’Instituto ha case centrali e case figliali. Le centrali sono come il centro dell’Instituto in ciascuna diocesi, dalle quali si diramano e dipendono le figliali.
§ II. Delle Case centrali. Ogni casa centrale ha un direttore, e le seguenti cariche: una superiora, due assistenti, correttrice, maestra delle novizie, segretaria ed economa; ed inoltre varii altri uffizi inferiori: come d’infermiera, guardarobbiera, dispensiera, portinaja etc. Vi avrà pure il noviziato.
§ III. Delle Case figliali. A queste si mandano quattro Suore dalla centrale: se il bisogno ne richiedesse di più, potranno mandarsi. Una delle Suore maestre ne sarà la superiora; essa viene scelta dalla superiora della centrale d’accordo col direttore, e dalla superiora medesima dipende totalmente.
§ IV. Fondazione delle Case. Le Case centrali si stabiliscono soltanto nelle città, dove risiede il Vescovo; col consenso di lui e delle autorità locali. Le figliali si stabiliscono dalla superiora della centrale d’accordo col direttore, o nella città medesima, dov’è la centrale od altrove; non mai però nei luoghi, ove non si potesse stabilire la Pia Opera. Per la fondazione di una nuova Casa centrale, si terrà questo metodo. Si chiameranno dalla centrale d’altra diocesi due o più Suore a proporzione del bisogno; una delle quali designata dalla superiora della centrale, da cui sono mandate, sarà superiora della nuova Casa. Questa Casa avrà il suo direttore, come le altre centrali. La Casa nuovamente fondata, per lo spazio di sei anni, sarà dipendente dalla superiora della Casa centrale, da cui furono mandate le Suore per la fondazione. Se la diocesi, ove si fonda una casa, fosse piccola, e non potesse avere delle case figliali e numero sufficiente di Suore da cui sciegliere tutte le cariche, allora rimarrà sempre dipendente dalla Casa fondatrice come Casa figliale. Durante questi sei anni, la elezione alle cariche si farà dalla superiora, tolta quella di correttrice, che si farà dal direttore. Passati i sei anni, la Casa resterà indipendente dalla prima, si regolerà a norma delle altre centrali, e le Suore spedite dall’altra diocesi, potranno essere secondo le circostanze richiamate dalla loro superiora. Nel caso che dovesse stabilirsi qualche Casa figliale in diocesi diversa da quella della centrale, e tale dovesse sempre rimanere, resterà dipendente dalla superiora della centrale, e non vi si potrà mai fare il noviziato.
§ V. Relazione fra le Case. Le Case centrali delle diverse diocesi avranno fra loro relazione nel mondo seguente. 1. Si scriveranno scambievolmente di tempo in tempo le cose notabili che potessero servire di mutua edificazione e direzione. 2. Quando venissero in cognizione che in alcuna Casa centrale o figliale si declinasse dallo spirito dell’Instituto, ne avviseranno la superiora. 3. Si aiuteranno collo scambio delle Suore, oppure col mandarne alcuna senza cambio, a qualche Casa, che ne avesse bisogno, se ciò fosse stimato spediente; ed in tali casi le Suore mandate per tre anni saranno totalmente soggette alla superiora della Casa, a cui furono inviate. Dopo questi tre anni, la superiora, che le mandò, potrà sempre richiamarle a suo beneplacito; ma fintanto che non sieno richiamate, saranno sempre soggette come sopra; e se alcuna fosse domandata per superiora, si accorderà quando le circostanze lo permettano. 4. Si aiuteranno anche coi mezzi temporali e colle sostanze a proporzione della loro possibilità. 5. Avranno tra loro ospitalità e l’eserciteranno, quando le Suore di qualunque Casa dovessero trasferirsi da un luogo all’altro.
Capitolo terzo. § I. Dei Fondi ed Interessi. Sul principio i fondi di questo Instituto saranno quelli, ch’ebbero generalmente tutti i pii Instituti, cioè la Provvidenza di Dio e la carità de’ fedeli, e il lavoro delle proprie mani.1 Le Case centrali potranno avere dei fondi provenienti da doti o da altri beni di Suore, o da donazioni, eredità, legati ec. Le figliali potranno averne esse pure, ma solo provenienti da donazioni, eredità, legati, assegnazioni, ec.
§ II. Delle Doti. La dote ed il frutto della stessa dovrà fissarsi avanti di ricevere in prova la postulante; ma i frutti di essa non si cominceranno a pagare, che al principio del noviziato. Durante i sei mesi della prova, si passerà invece dai parenti un tanto al giorno all’Instituto per supplire alle spese di mantenimento; e questo sarà stabilito d’accordo colla superiora. Nei tre anni di noviziato la dote potrà rimanere in mano dei parenti dietro contratto e cauzione; oppure dovrà essere investita ed assicurata presso terza persona coll’intervento di chi la deve sborsare e del direttore e della superiora dell’Instituto. Terminato il noviziato, prima di venire all’emissione de’ voti, la dote non potrà più restare a mano dei parenti: ma, o sarà investita ed assicurata presso terza persona, come sopra; o potrà l’Instituto tirarla a sé, impiegandola a comprare qualche fondo, il quale resterà con ipoteca obbligato a favore della Suora. Il fare a un modo o all’altro di questi due sarà in libertà della superiora consigliatasi col direttore. I frutti di questa dote andranno a vantaggio dell’Instituto, finché la Suora persevera nel medesimo. Venendo a morire la Suora nel tempo del noviziato, la dote non disponendone essa per testamento, tornerà intiera ai parenti. Quanto poi al tempo dopo il noviziato, se la dote non oltrepassasse le lire seimila italiane, perseverando la Suora nell’Instituto, resterà intiera di proprietà dell’Instituto medesimo alla di lei morte, e se sorpassasse tal somma, la Suora potrà disporre per testamento di quello che sopravvanza da tale partita, e così pure di tutti gli altri beni pervenutile; morendo ella ab intestato, questo soprappiù della dote cogli altri beni posseduti dalla Suora si restituiranno ai parenti. […].
Capitolo quarto. 1. Dei Benefattori e Benefattrici. Ogni Casa dell’Instituto, se non avrà proprii fondi, dovrà avere un numero indeterminato di benefattori e benefattrici, che le promettano assistenza. Questi saranno persone non solo probe, ma anche benestanti. Non avranno alcuna ingerenza nel governo dell’Instituto; solo cercheranno provvedere ai bisogni dello stesso. Fra questi vi sarà uno o più collettori incaricati di procacciare offerte dagli altri, di raccoglierle, e di promuovere in generale i vantaggi temporali dell’Instituto.
Capitolo quinto. Della Prova e del Noviziato. Quelle che vorranno essere ammesse tanto in qualità di maestre, che di converse staranno in prova per sei mesi; la qual prova potrà essere anche prolungata a giudizio della superiora. Passati i sei mesi, quelle, che daranno buona speranza, vestiranno l’abito dell’Instituto, e comincieranno il noviziato, che durerà interi tre anni. Nel noviziato si licenzieranno oltre quelle, che dimostrassero poco timor di Dio: 1. Quelle di carattere inquieto, torbido, cupo, e non sincero; 2. Quelle che mostrassero far poco conto delle regole, e non curassero le ammonizioni; 3. Quelle, che si riconoscessero disadatte allo scopo dell’Instituto. Tanto per licenziarle, quanto per approvarle la superiora si consiglierà col direttore, colle assistenti, e colla maestra delle novizie.
Capitolo sesto. Dei voti Finito lodevolmente il noviziato, faranno ad annum i soliti voti di ubbidienza, castità, povertà; aggiuntovi il quarto di promuovere sotto la direzione dell’ubbidienza la Pia Opera, colla condizione però, che cessino intra annum, se uscissero dall’Instituto. Si rinnoveranno perciò d’anno in anno i voti suddetti all’epoca degli esercizj spirituali; potrà però la superiora ad alcuna in particolare impedire o differire questa rinnovazione. Il voto di povertà riguarda l’uso di qualunque cosa, dovendovi essere comunità perfetta. Questo voto però non impedisce, che possano possedere le loro doti e ricevere donazioni, eredità, far testamento, ec. Dal voto di ubbidienza non restano libere le Suore che nelle disposizioni testamentarie. Capitolo settimo. Della Coadiutoria Appena fatti i voti, avranno le Suore il titolo di maestre, o di converse coadiutrici per sei anni, nei quali potranno essere ancora licenziate dalla superiora, ma solo per gravi mancanze, e chiesto il consiglio del direttore. Terminati questi sei anni, saranno maestre o converse operarie, né potranno essere più licenziate, fuorché per motivi gravissimi ed urgentissimi dalla superiora con autorizzazione del Vescovo. In qualunque tempo saranno in libertà di uscire dall’Instituto, però non potranno farlo, né cesseranno infra annum i loro voti, se non dopo due mesi dacché avranno manifestato alla superiora questa loro intenzione, onde abbiano tempo a consultare più maturamente la cosa con Dio, e col loro confessore. Terminata la coadiutoria, ove abbia la Suora di che disporre, farà testamento. Venendo a morte prima di questo tempo sarà in libertà di farlo. Se la Suora al termine della coadiutoria, non avesse fatto testamento per non avere di che disporre, sopravvenendole qualche donazione, eredità, legato ec. dovrà farlo almeno dentro il termine di sei mesi. E se tali beni sopravvenissero ad alcuna, che avesse già fatto testamento, dovrà disporne dentro il termine suddetto per codicillo. Questo testamento dovrà essere scritto, chiuso, suggellato, e come suol dirsi, segreto e mistico, a meno che la Suora fosse in circostanza tale di malattia, da non poterlo fare in tal forma, ed allora basterà che sia anche nuncupativo. […]. Capitolo nono. Del Direttore. Il direttore dell’Instituto sarà il medesimo che il direttore della Pia Opera. In ogni diocesi non vi ha che un solo direttore, che è quello della Casa centrale; poiché le figliali non hanno direttore particolare, ma dipendono tutte da quello della centrale. Se si stabilisce l’Instituto in luogo, ove non fosse ancora la Pia Opera, il direttore sarà deputato dal Vescovo. Tosto che però la Pia Opera vi si erigesse, ed il vescovo stimasse di destinar altro a direttore della medesima, cesserà il primo dalle sue funzioni, e subentrerà questo secondo.
Capitolo decimo. Delle Cariche. Le cariche sono sette: superiora, due assistenti, correttrice, maestra delle novizie, segretaria, ed economa. La superiora dirige ogni cosa sì della Casa centrale, che delle figliali, tanto rispetto al governo interno delle Case, quanto riguardo alle incumbenze relative alla Pia Opera: ha in tutto una piena autorità, tolte le restrizioni espresse ai propri luoghi. Ella si chiama col titolo di madre. Le due assistenti distinte col nome di prima e di seconda, servono di consigliere alla superiora, nelle cose, in cui non credesse di dover decidere da sé sola. Non hanno però esse alcuna autorità, solo possono esporre il loro sentimento su ciò di cui vengono consultate. In mancanza della superiora, la prima assistente entra a far le sue veci, e ne ha tutta l’autorità; egualmente la seconda, se mancasse la prima, e durante il tempo, che una di esse occupasse la carica di superiora, si chiama col titolo di madre, come della superiora si è detto. Le assistenti, finché durano in carica, non possono essere mandate alle Case figliali per fermarvisi, tolto il caso di necessità, di cui dovrà giudicare il direttore. La correttrice invigila sopra la superiora per avvisarla delle sue inavvertenze o difetti. La maestra delle novizie ha cura di formare lo spirito delle medesime, e si chiama col nome di madre maestra. La segretaria tiene l’Archivio dell’Instituto, e quello della Pia Opera, e la corrispondenza delle lettere, secondo le disposizioni date dalla superiora. L’economa tiene i conti della Casa, e dispone ogni cosa, che possa spettare all’economia domestica, colla dipendenza però della superiora. […].
PARTE SECONDA. Regole comuni. Tutte le Suore dovranno soggettarsi ed ubbidire alla Superiora della Casa centrale, ed a quella della figliale, in cui abitassero. Non potranno prendere né per sé, né per gli altri nulla dalla Casa, senza licenza della superiora di essa. Non ricevano al di fuori roba, né portino ambasciate ad alcuna delle Suore, né delle Suore a persone di fuori senza licenza della superiora. Senza tale licenza non prendano nemmeno impegno di sorta, quando non fosse inerente alle incumbenze loro assegnate dalla superiora. Nessuna ardisca di comandare alle altre, se ciò non portasse il suo uffizio; nel qual caso se le dovrà ubbidire, come alla stessa Superiora. Sieno pronte a tutti i segni della comunità, lasciando anche interrotta l’opera, che avessero tra le mani. Fuggano a tutto potere le amicizie particolari, come distruggitrici della carità universale. Nessuna esca di camera, se non decentemente vestita. Né per lavori stentosi, né per gran caldo si facciano mai lecito di mancare alla decenza nel vestire anche in casa. Nessuna in casa chiuderà la sua camera in modo che non vi si possa entrare. Non entreranno mai nella camera, ove fosse un’altra senza licenza particolare della Superiora, e senza aver prima battuto alla porta, ed avuto il permesso. Osserveranno tra loro tutta la modestia, e niuna metterà mai le mani addosso ad un’altra. Sono proibite nelle ricreazioni tutte le canzoni non sacre, i balli e le mascherate nel carnevale. […] Non si approprieranno cosa alcuna di quanto loro mandassero i parenti, o altre persone, dovendo tutto passare all’uso dell’intera comunità. Non prenderanno mai alcuna ricompensa per le fatiche sostenute per la Pia Opera. Non si faranno mai a raccoglier limosine nemmeno per la Pia Opera. Non parleranno mai colle persone estranee delle cose della comunità. Le loro Case saranno a così dire sempre aperte a tutte le collaboratrici della Pia Opera, essendo cosa utilissima, che le frequentino, onde instruirsi del modo, con cui devono attendere alla medesima, conoscerne il vero spirito, ed animarsi sempre più a promuoverla, e per l’accoglienza, che loro faranno, le facciano loro considerare come Case proprie. Quando si tratterà dell’elezione della Superiora o delle assistenti, si proibisce rigorosamente a quelle, cui tocca dar la nomina, e votare, il conferire e consultarsi insieme per concertare qual sarebbe bene promuovere; ciascuna considererà tra sé innanzi a Dio chi meriti il suo voto, senza parlarne mai con nessuna.
Pratiche di pietà. Procureranno di onorare in modo particolare i loro Santi protettori, e professeranno una devozione speciale ai ss. Cuori di Gesù e di Maria. Avranno ogni giorno un’ora di meditazione, un quarto d’ora di lettura spirituale ed altre pratiche e preghiere, come nel metodo di vita. Alle feste interverranno, quanto sarà possibile, alle funzioni parrocchiali.1 Si confesseranno ogni otto giorni, o almeno ogni quindici, da confessori assegnati dal Direttore col consenso del Vescovo. Quando ne dimanderanno uno straordinario, sarà loro concesso. Uno straordinario poi si assegnerà a tutte all’epoca degli spirituali Esercizj, cui, se non volessero confessarsi, si dovranno almeno presentare e si metteranno in istato di comunicarsi tutte le Domeniche e feste della Chiesa, e dell’Instituto. Esse potranno comunicarsi più spesso colla licenza del Confessore, e col consenso della superiora, che potrà loro togliere la Comunione quando lo credesse convenevole alla gloria di Dio, ed al maggior bene della loro anima. Terranno tutti i Venerdì possibilmente il Capitolo della colpa […]. Avranno ogni quindici giorni, o almeno ogni mese, nelle centrali una Conferenza fatta dal Direttore o da altro sacerdote da lui deputato. Faranno ogni anno gli Esercizj spirituali di otto interi giorni, e questi nelle vacanze autunnali ordinariamente anderanno a terminare la terza domenica di settembre, festa di N. S. Addolorata.
Metodo di vita. Avranno sette ore e mezzo di riposo. Dato il segno per la levata, avranno mezz’ora per vestirsi ed assettar la camera. Indi entreranno tutte in cappella per recitarvi insieme alcune brevi orazioni, e farvi in comune la prima mezz’ora di meditazione. Terminata l’orazione, ascolteranno la santa Messa, quando per alcuna o per tutte la superiora non disponesse altrimenti. La Comunione si farà nell’ora della Messa. All’ora stabilita faranno colazione. Prima del pranzo faranno un breve esame. Pranzeranno a mezzo giorno e non si rimetteranno al lavoro che ad un’ora e tre quarti. Lo studio, per quelle che dovessero attendervi, non comincierà che alle due e mezzo, quando le circostanze non richiedessero diversamente. Tutto il tempo libero fino ad un’ora e mezzo sarà di ricreazione in comune. Questa dovrà essere allegra, ma composta e modesta; in essa si proibiscono i lavori e le letture. Prima di rimettersi al lavoro faranno un quarto d’ora di lettura spirituale sull’Esercizio di Perfezione del Rodriguez nella sua originale integrità, ed una volta la settimana la faranno sopra le regole. In un’ora comoda, che verrà determinata dalla superiora, si reciterà la terza parte del Rosario applicandola per le Anime del Purgatorio, senza però intermettere i lavori. Prima della cena si farà l’altra mezz’ora di meditazione sulla Vita e Passione di N.S. Gesù Cristo, terminata la quale reciteranno l’Angelus Domini ed il De profundis, e anderanno in silenzio al Refettorio. Al Venerdì in questa mezz’ora di Meditazione faranno la Via Crucis. Al Sabato invece del Rosario reciteranno la Corona de’ 7 Dolori di Maria Ss. con in fine lo Stabat Mater. Tutto il tempo libero e non assegnato in questo Metodo l’occuperanno nel lavoro e nello studio. Sentendo batter le ore, rivolgano la mente a Dio, e facciano qualche giaculatoria. Si osserverà il silenzio dalla levata fino alle nove del mattino, nel tempo dello studio e nel tempo di pranzo e cena; in tutto il resto sarà libero il parlare, purché ciò si faccia con voce non troppo alta. Durante il pranzo o la cena, dopo fatta la benedizione della Mensa, si farà lettura delle vite de’ santi assegnate dalla Superiora consigliatasi col Direttore. In principio dell’anno si leggerà tutto intiero il libro intitolato Pia Opera di Santa Dorotea. Non s’impiegherà più d’un’ora tra la cena e successiva ricreazione. Dopo la ricreazione della sera si farà un breve esercizio del Cristiano, l’esame di coscienza, si leggerà un punto della Meditazione dell’indomani. Terminata l’orazione, tutte anderanno al riposo, e dopo un quarto d’ora dovranno essere a letto ed avere spento i lumi.
Vitto, Vestito, Mobiglia. Il vitto sarà discreto, cioè conveniente a persone che fanno professione di povertà evangelica, ma che menano allo stesso tempo vita attiva. Nelle solennità dell’Instituto si potrà fare qualche distinzione nel pranzo a giudizio della Superiora. Niuna distinzione però si potrà fare pel tempo di Carnovale. Fuori di pasto non mangeranno mai, né beranno vino senza licenza. Nel vestito schivino la sordidezza egualmente che l’attillatura. La mobiglia sarà polita, ma semplice ed ordinaria. I cucchiai e le forchette non potranno essere d’argento. Il vasellame sarà o di majolica comune, o meglio di stagno per economia. Non avranno in camera che il letto con pagliariccio e materasso, un tavolino senza chiave, due sedie, un genuflessorio, un crocifisso, qualche sacra immagine, e un’acquasantino semplice. Ciò s’intende nel caso, che ciascuna potesse avere la propria stanza; il che però non richiedesi né per le case centrali, né per le figliali.
Del Metodo da tenersi fuori di casa. Non usciranno di casa, fuorché per andare alla Chiesa, per occuparsi nella Pia Opera, o altri urgenti motivi a giudizio della Superiora. Non usciranno mai senza licenza della Superiora, che si domanderà ogni volta, e senza una compagna, che dovrà assegnarsele dalla stessa. Se dovessero far viaggio, una delle Suore destinata dalla Superiora dirigerà le altre, e a lei dovranno esse sottomettersi. Uscendo di casa, si segneranno alla Tavoletta posta appresso alla porta a quest’oggetto. Fuori di casa andranno sempre a due a due per lo meno, né l’una si allontanerà mai dall’altra, o almeno non la perderà mai di vista, ed avvedendosi di qualche mancanza nella compagna contro le regole, tornata a casa dovrà renderne avvertita la Superiora anche da lei non richiesta. Non andranno mai molte insieme da formar drappello o brigata. Non potranno pernottare fuori di casa, se non trovinsi in viaggio, o in altro caso d’indispensabile necessità, e allora dormiranno almeno due in una stanza medesima, benché potesse ciascuna avere la sua; chiuderanno per di dentro la porta, sicché niuno possa aprirla di fuori. Trovandosi in necessità di dover mangiare nelle Locande, non si porranno a tavola con altre persone. Non alloggeranno nelle case particolari, quando non sieno assicurate della pietà di tali famiglie. Per istrada non si fermeranno mai a parlare con uomini. Se la convenienza richiedesse altrimenti, appena tornate a casa il riferiranno alla Superiora. Ritornando in Casa le Suore dovranno subito presentarsi alla Superiora.
Far o ricever visite. Non faranno mai visite ad uomini, tranne una al Capo del Comune, in cui andranno la prima volta, e quando mutisi in quel luogo la Superiora. In tali casi dovranno ancora recarsi dal Parroco, dal quale in altri casi non andranno che per pura necessità. In occasione di grave malattia de’ loro genitori sarà permesso alle Suore di far loro visita soltanto di giorno. Potrà anche permettere la Madre Superiora che le Suore assistano loro nelle ultime ore della lor morte. In caso che i genitori infermi abitassero lontano dalla Città, o dal Paese, ov’è la Casa dell’Instituto, non si permetterà che le Suore vadano a visitarli, se non nel caso, che poco distante dall’abitazione dei parenti fosse un’altra Casa qualunque dell’Instituto, ove potessero ritirarsi almeno alle ventiquattro. Faranno una visita alle anziane nuovamente elette. Tolte le accennate, non si faranno mai altre visite. Non si riceveranno visite da uomini di qualsivoglia grado o qualità essi fossero anche a motivo di conferir di spirito; potrà solo far eccezione a questa regola o un motivo riguardante la Pia Opera, o una indispensabile necessità, o una giusta convenienza, di cui giudicherà la Superiora. Quanto alle visite di donne, si riceveranno sempre, se fossero per affari riguardanti la Pia Opera, in altri casi non saranno permesse che raramente. Non sarà permesso ritenere alcun fanciullo nelle loro case, non che per qualche giorno, neppure a far colazione, a pranzo, o in ricreazione. Non sarà pei genitori limitato il numero delle visite, ma tutti gli altri congiunti non potranno far visita alle Suore, fuorché una volta ogni due mesi; potrà però la superiora permetterne qualche d’una di più in qualche caso straordinario. Non si permetterà visita di alcuna sorta nel tempo, che le Suore faranno gli Esercizii spirituali, tolto il caso d’indispensabile necessità, di cui giudicherà la Superiora. In occasione che sia gravemente inferma qualche Suora, potranno farle visita i soli genitori e le sorelle, in tempo però di giorno soltanto. […]. Le persone, che per alcun motivo anderanno alle case dell’Instituto, non potranno, fuorché nel caso di necessità, girare per le stanze, o vagare qua e là per lo stabilimento, saranno soltanto ammesse nella stanza di ricevimento, nell’Oratorio e giardino a motivo di radunanza o ricreazione. Dopo le ventiquattr’ore non si permetterà l’ingresso in casa a qualsivoglia persona, e chi vi fosse, ne dovrà uscire, tranne il caso di necessità. Non si faranno, né riceveranno mai visite senza avere una compagna, e in questo non si potrà mai dare eccezione, meno che per la Superiora, la quale nel ricever visite sarà esente da questa regola. […]. Funzioni dell’Instituto. Le loro solennità saranno le Feste dei Ss. Protettori, il giorno della comunione generale degli Esercizj, e le vestizioni e professioni di alcuna delle Suore. In queste funzioni non potranno mai aver musica, e negli addobbi di Chiesa uniranno lo splendore colla serietà. A queste potranno assistere ogni sorta di persone, purché conosciute. […].
Dei Suffragi. Venendo a morire alcuna delle Suore si faranno celebrare dalla Casa centrale, da cui dipenderà, in suffragio della di lei anima, sei messe. Quando avessero Chiesa propria, una di queste si celebrerà in canto. Reciterassi pure in comune l’uffizio de’ Morti, nella Casa centrale, e in tutte le figliali da lei dipendenti, e quelle, che non sapessero leggere, reciteranno un Rosario intero. Come pure tutte le Suore applicheranno per essa una Comunione. Venendo a morire il Vescovo o il Direttore, si reciterà un uffizio, o un Rosario, come sopra, e avendo Chiesa propria faranno celebrare una Messa in canto. […]. Morendo qualche Suora appartenente ad altra Casa centrale, subito che se ne avrà notizia, si applicherà in tutte le Case dell’Instituto la terza parte del Rosario. In ogni Casa centrale, quando avessero Chiesa propria, faranno ogni anno, nel primo giorno libero dopo la commemorazione de’ Fedeli Defunti, un Anniversario con Messa in canto per tutte le Suore, Superiori, Benefattori, ed altre persone benemerite dell’Instituto defunte, e reciteranno un uffizio o Rosario, come sopra. La Comunione, che ciascuna delle Suore farà dopo la commemorazione de’ Fedeli Defunti, si applicherà per tutte le addette alla Pia Opera Defunte.
Parte terza.
Regole particolari. Ciascuna delle Suore destinate a qualche carica ed Uffizio avrà una Copia delle Regole appartenenti al suo impiego.
§ I. Del Direttore. Farà le conferenze alla Casa centrale ogni quindici giorni, o almeno ogni mese, o deputerà altro sacerdote che le faccia per lui. Provvederà che anche nelle Case figliali le Suore che non potessero recarsi alla conferenza della centrale ne abbiano almeno di quando in quando. Queste conferenze saranno sopra qualche argomento adattato allo spirito dell’Instituto. Il giorno della Comunione de’ Ss. Esercizj al dopo pranzo terrà un discorso alle Suore della Casa centrale in proposito della nuova Elezione alle cariche, affinché nella votazione non si abbia altro riguardo o vista, fuorché di scegliere le più animate dallo spirito di Dio, le più capaci a far osservare le regole, o a promuovere la Pia Opera. Eseguirà la parte che egli ha nell’elezione, secondo il metodo posto in fine. Eleggerà ogni anno la correttrice. Non facendo egli i discorsi per le vestizioni e Professioni approverà quelli, che dovranno farli. Prima che alcuna vesta l’abito o faccia i voti, ne esplorerà la vocazione. Riceverà a nome del Vescovo i voti che si emetteranno dalle Suore. Assegnerà i Confessori ordinarii, però colla dipendenza dal Vescovo, e avrà riguardo in ciò di assicurare, più che sia possibile, l’uniformità della direzione necessaria a persone viventi in comune. Quando alcuna chiedesse un Confessore straordinario, lo assegnerà, badando però a non secondare i capricci. Fisserà i sacerdoti, che dovranno dare gli Esercizj spirituali ed in tali occasioni darà per tutte un Confessore straordinario. Informerà i Benefattori o Benefattrici, quando vi siano de’ bisogni, in cui si trovassero le varie Case, affinché possano provedervi. In caso che la Superiora o le Assistenti demeritassero la loro carica, esaminata prima maturamente la cosa, ne farà relazione al Vescovo, perché le deponga. Avrà un sigillo, che dovrà essere conosciuto dalle Suore, col quale sigillerà quelle lettere, che volesse a loro dirigere, affinché possano esser riconosciute, e non siano soggette ad essere aperte dalla Superiora.
§ II. Della Superiora della Casa centrale. Spetta alla Superiora presiedere alla Casa centrale, e dirigere le figliali, eleggere alle cariche di Maestra delle Novizie, Segretaria ed Economa, le Superiore delle Case figliali, il nominare agli uffizj, distribuire alle Maestre le varie incumbenze che dovranno esercitare nella Pia Opera, e vegliare all’esatta osservanza delle regole. Prima di ammettere qualcheduna in prova nell’Instituto prenderà le più esatte informazioni intorno la condotta e al fine per cui dimanda di essere ammessa. Terrà le Assistenti informate delle cose più importanti dell’Instituto, affinché siano al caso di assumerne la direzione, quando dovesse ella assentarsi. Riceverà con tutta l’umiltà gli avvisi della Correttrice. Manderà alle Case figliali le Maestre più sperimentate per pietà e sodezza, e le muterà ordinariamente ogni due anni; restando però in suo arbitrio il cambiarle prima di questo termine o lasciarvele per più lungo tempo secondo i bisogni dell’Instituto e delle stesse Maestre. Non le muterà mai tutte insieme; ma solo alcuna per volta (quando non vi fossero circostanze straordinarie, che richiedessero diversamente) perché vi resti alcuna, che sia informata dello stato della Pia Opera di quel luogo, ed abbia esperienza. Farà una volta ogni anno la visita delle Case figliali da sé dipendenti […]. Muterà tratto tratto le Suore di posto a mensa, di letto e di camera, e potrà, credendolo opportuno, impiegare le Suore maestre negli uffizii delle converse. […]. Terrà un libro, in cui sieno notate tutte le Suore a proporzione, che entrano in prova, fanno il noviziato, la coadiutoria, e passano Suore operarie. Sotto il nome di ciascuna lascierà una facciata in bianco, ove poter notare il principio, e il termine della prova, noviziato, e coadiutoria, le cariche ed uffizii occupati da ciascheduna, le qualità ed abilità, e la maniera, con cui hanno disimpegnato le loro incumbenze. In fine di questo libro vi sarà un Indice, da cui si possa vedere in un tratto il numero di quelle in prova, delle novizie, delle coadiutrici, delle Suore operarie. […]. Dall’economa si farà parimente tutte le settimane presentare tutti i conti per vedere se sieno in corrente. Procurerà per quanto sarà possibile di non fare spese o pagamenti o esazioni, senza che passino per mano dell’economa; occorrendo però che dovesse essa fare qualche pagamento o qualche esazione, che non vi fosse l’economa, o che non istimasse di farlo per mezzo di lei dovrà subito darlene nota, perché la scriva al giornale. […]. Chiamerà ogni settimana la maestra delle novizie, e la segretaria, e si farà render conto del loro incarico. Ogni mese sentirà dalle Suore assegnate alle varie Parrocchie lo stato della Pia Opera delle medesime. Assisterà insieme colla segretaria alle radunanze delle Anziane e procurerà di animarle per quanto potrà dal canto suo, mostrando tutto l’impegno per la Pia Opera, tenendosi bene informata delle cose da farsi, e suggerendole al direttore, perché le proponga. Terrà a giorno il direttore e la sopr’Anziana o Sopra-Sorvegliatrice dell’andamento generale della Pia Opera. Presenterà ogni anno al Vescovo il quadro di tutte le Compagnie. Si consiglierà col Direttore e colle Assistenti nella fondazione delle Case figliali, nella scelta delle Superiori per le medesime, nel cambio delle Suore con altre Case o nel lasciarvele assolutamente, nei soccorsi da darsi alle altre Case in danari; nel fissare le doti e i corredi, ed altri contratti, nell’elezione della Maestra delle Novizie, Segretaria ed Economa, nella scelta de’ Libri da leggere in Refettorio, nel mandar via qualche Suora Coadjutrice dall’Instituto; e sentirà il parere della Maestra delle Novizie oltre quello del Direttore e delle Assistenti nell’ammettere alcuna a fare il Noviziato o i voti; e dovendo escludere alcuna dall’Instituto, terminata la Coadjutoria, dovrà chiedere l’autorizzazione del Vescovo. Nella scelta poi dell’Agente, Procuratore, Medico, Chirurgo, e Sacristano, quando ve ne fosse bisogno, dovrà avere il consenso del Direttore.
§ III. Delle Assistenti. Dovendo le Assistenti essere le consigliere della Superiora, quando saranno richieste del loro parere, considereranno le cose dinanzi a Dio e senza umani riguardi esporranno il loro sentimento. Non potranno far parola con alcuna delle cose, su cui furono consultate. Non pretenderanno che la Superiora seguiti il loro giudizio. […].
§ IV. Della Maestra delle Novizie. Dovendo essa formare lo spirito delle Novizie, procurerà di mostrarsi affabile, affinché esse possano prendere confidenza in lei, e riguardarla come loro Madre. […]. Cercherà d’indagare attentamente le inclinazioni delle postulanti in prova e la capacità, affinché se alcuna non fosse adattata all’Instituto, o non vi fosse chiamata, neppure ne vesta l’abito. Farà loro imparare a memoria il dialogo della Pia Opera. Alle Novizie insegnerà a fare la meditazione, gli esami generale e particolare, in modo di avanzarsi nella perfezione, valendosi a ciò de’ libri più sicuri, come il Rodriguez, Daponte, S. Alfonso Liguori, ed altri simili. Spiegherà le regole dell’Instituto, quelle della Pia Opera, e la maniera pratica di dirigerla, e avrà cura che imparino il Catechismo della Diocesi. Si farà render conto della loro orazione, per vedere se la fanno convenientemente. Sopra tutto le eserciterà colla dovuta discrezione, in qualche mortificazione specialmente di volontà, e cercherà di formarle ad un carattere modesto bensì, ma affabile e franco. Userà una particolar attenzione di metterle in un forte impegno di osservare le regole dell’Instituto e di non volerne trascurare alcuna, come poco importante, facendole persuase da ciò dipendere la conservazione dello spirito degli Instituti. Quando conoscesse che alcuna non fosse adattata all’Instituto, ne avviserà con tutta libertà la Superiora.
§ V. Della Segretaria. Terrà la corrispondenza delle lettere che riguardano l’Instituto, e di quelle che riguardano la Pia Opera in generale. Avrà un Registro, nel quale copierà le lettere di qualche importanza; per le altre di minor rilievo basterà che noti a chi sono scritte ed il motivo. Sarà sua cura di avvisare la Superiora delle Case figliali, quando occorresse che si dovesse fare qualche elezione straordinaria fra l’anno della Superiora o delle Assistenti, acciò possano in tempo mandare le nomine le Suore delle case medesime. Terrà l’Archivio dell’Instituto, in cui saranno tutte le carte riguardanti l’approvazione della Casa centrale, le autorizzazioni per scuole, Educandanti ec., gli Instrumenti, le Carte di doti ec. Terrà anche l’Archivio della Pia Opera, nel quale saranno le Carte, che ne riguardano l’erezione, i decreti fatti dal Vescovo per la stessa, il quadro generale, il libro delle Adunanze Generali delle Anziane. Terrà in un libro la relazione delle cose notabili occorse nell’Instituto, come la fondazione, ed il progresso, l’estensione ai diversi paesi per poter servire di norma all’occorrenza. Noterà in altro libro que’ fatti degni di memoria riguardanti la Pia Opera, che le verranno comunicati dalle Suore Cancelliere delle varie Parrocchie. Tutti i libri e carte riguardanti l’Instituto dovrà tenerli chiusi, né potrà mostrarli ad alcuno senza licenza della Superiora. Nel caso poi, che si trattasse di consegnarli ad alcuno anche per breve tempo, si richiederà di più il consenso del Direttore. Assisterà colla Superiora alle Radunanze Generali delle Anziane, ne scriverà le determinazioni prese, e ne darà nota alla sopr’Anziana e alle Suore Cancelliere delle varie Parrocchie. Assisterà alla visita, che farà il Direttore alle differenti compagnie, e ne formerà in succinto la relazione da presentare al Vescovo. Preparerà tutti i materiali necessarii per la Visita generale del Vescovo, e ne scriverà pure una breve relazione. § VI. Dell’Economa. L’uffizio dell’Economa si è di ajutare la Superiora nell’amministrazione de’ beni temporali. Ella avrà il pensiero di far tutte le provisioni per la Casa. Non potrà fare alcuna spesa straordinaria senza ordine espresso della Superiora. Non darà cosa alcuna alle Sorelle, né potrà prender niente per sé medesima senza licenza della Superiora. Darà gli ordini alla Dispensiera, Cuciniera, Refettoriera, e Spenditrice secondo le Istruzioni avute dalla Superiora. Terrà un Giornale di entrata, in cui noterà qualunque somma per qualunque titolo entrasse nell’Instituto; ed uno di esito e spese ove noterà qualunque spesa o qualunque somma siasi pagata per qualunque titolo; notando sempre colla maggior attenzione il giorno preciso, in cui sarà entrata una somma o che sarà sortita. Oltre questi due libri terrà un libro maestro, in cui le partite notate in confuso nel giornale vengano notate separatamente, onde si possa vedere ad un tratto lo stato attivo e passivo dell’Instituto. […]. Ogni sei mesi farà il bilancio del libro maestro per mostrarlo al Direttore. Farà l’Inventario di quanto trovasi in Casa e lo verificherà ogni anno. […].
§ VII. Della Superiora delle Case Figliali. […]. Essa dipende totalmente dalla Superiora della centrale; e a Lei sono soggette tutte le Suore della Casa figliale. Suo dovere è aver cura, che le Suore osservino le regole della Casa centrale, in quanto però lo permette la scarsità del loro numero. Non potrà però far mutazione notabile in questo, senza averne ottenuto licenza dalla Superiora della centrale. Essa distribuirà gli uffizii della Casa, ed avrà le altre attribuzioni della Superiora della centrale, in quanto esige il bisogno delle figliali. Terrà un Inventario delle cose, che esistono nella Casa figliale di proprietà dell’Instituto. Terrà un giornale, in cui noterà le spese, ed uno in cui noterà tutte le somme ricevute per assegnazioni, pensioni, lavori ec. […]. Appena una Superiora arriverà alla Casa, alla quale sarà destinata, farà una visita al Parroco, ed al capo della comune. Manderà ogni mese alla Superiora della centrale il ragguaglio di quanto sarà occorso di notabile, il numero delle scolare estere, e delle educande se ve ne fossero. Se avvenisse qualche cosa di straordinario, dovrà subito avvisarne la Superiora. Ogni sei mesi darà nota alla Superiora dello stato della Casa. Avuto dal Direttore l’avviso di mandare le nomine per le elezioni della Superiora o delle Assistenti, se le farà consegnare in lettera suggellata da ciascuna delle Suore Maestre, e dentro il tempo stabilito le farà pervenire al Direttore. Si prenderà una cura speciale della Pia Opera del luogo, essendo questo l’oggetto primo dell’Instituto. Procurerà che nella Casa si facciano le Adunanze mensili, e ne darà libero l’accesso (sempre però nei luoghi destinati alle interessate nella Pia Opera). Quando la sopra-sorvegliatrice o l’Anziana non si recasse essa stessa alla Casa dell’Instituto, procurerà con qualche visita di tenerla animata. Quando in qualche Parrocchia vicina fossero richieste le Suore per istabilirvi la Pia Opera, o per assistervi alle Radunanze Mensili, ciò potrà far essa stessa, o mandarvi due Suore, che lo facciano, quando però non dovessero andar tanto lontano, che non potessero alla sera ritornare a Casa prima delle ventiquattro. Tutti gli anni dovrà presentare il quadro della Pia Opera al Parroco ed alla Superiora della Casa centrale. Cessando dal suo incarico di Superiora, dovrà consegnare alla Superiora, che le succede, i denari, i libri, le carte.
§ VIII. Delle Suore Maestre destinate alle varie Compagnie. Terranno i cataloghi e i registri delle Adunanze mensili delle Compagnie, alle quali sono assegnate, ed eseguiranno la parte di Cancelliera a tenore del libro intitolato: Pia Opera. Daranno una copia di tutti i cataloghi all’Anziana, o sopra-sorvegliatrice, del proprio drappello alle sorvegliatrici, ed alle Assistenti la nota delle ragazze loro assegnate, ed il quadro della Compagnia al Parroco o Sacerdote Assistente, alla sopr’Anziana, o Sopra‑sorvegliatrice Generale ed alla segretaria dell’Instituto. Questo quadro, occorrendo dei cambiamenti, si rinnoverà ogni anno. Provvederanno, che non manchino le interessate nelle Compagnie della Pia Opera, procurando, che ne vengano sostituite altre in luogo di quelle, che per qualunque motivo cessassero della loro incumbenza. Interverranno alle radunanze mensili delle Parrocchie e alle Congregazioni generali, quando anche si tenessero fuori della Casa o Chiesa dell’Instituto. Si adopreranno, affinché queste radunanze sieno numerose, esortando tutte ad intervenirvi secondo l’opportunità. In esse si procureranno le necessarie cognizioni e informazioni, evitando in tal modo, per quanto potranno, di recarsi alle Case particolari. In esse pure si comunicheranno a vicenda colle Anziane le variazioni occorrenti nei drappelli delle rispettive Compagnie. Nelle radunanze mensili, in mancanza del Parroco o di altro Sacerdote assegnato, elleno leggeranno un articolo della regola, giusta lo stabilito al cap. 2, n. 20, della Pia Opera, e procureranno di animare le collaboratrici della medesima. Il giorno e l’ora di tali radunanze saranno sempre fissi ed invariabili, essendovi molte Compagnie, e perciò più radunanze si distribuiranno per le varie Domeniche del mese, affinché a ciascuna possa sempre assistere alcuna delle Maestre; a tale oggetto terranno nella lor Casa una tabella, in cui sieno descritti questi giorni ed ore. Avranno un Indice alfabetico di tutte le figlie di ciascuna Compagnia, coll’indicazione del drappello, in cui sono ascritte, onde si possa in un momento sapere, se una figlia appartenga alla Pia Opera, ed a chi ne sia raccomandata la cura. Sieno molto sollecite d’informarsi, se vi sieno nella Parrocchia delle ragazze trascurate e cattive, e di queste si prendano un impegno particolare, procurando per ogni modo di farle ascrivere alla Pia Opera, e parimente che non si escludano dalla stessa, se non in caso, che non se ne possa far a meno. Procureranno che si tenga la Congregazione di rinnovazione nel dicembre o in altro mese, come le circostanze lo richiederanno, facendo eseguire quanto prescrive la Pia Opera, cap. 2, n. 21. Prepareranno tutto ciò, che è necessario per la visita annuale, di cui nel libro suddetto, e, chiesto dal Direttore, che ne determini il tempo, ne renderanno avvertite le persone interessate, perché v’intervengano. Occorrendo qualche fatto degno di memoria relativo alla Pia Opera, dovranno darne notizia alla Segretaria, perché lo registri. Dovranno in fine vegliare attentamente, perché si osservino tutte le altre regole, che trovansi nel libro Pia Opera, con quanta esattezza sarà possibile, ma sopra tutto osserveranno che non si prescinda mai dalle seguenti cose, la cui inosservanza, come l’esperienza la dimostra più facile ad avvenire, così ce la dà a conoscere pel colpo più dannoso alla Pia Opera. 1. Non si dieno denari né roba alle fanciulle: su di che leggasi quanto sta scritto al n. 5, cap. 10, Pia Opera. 2. Non si parli coi parenti dei difetti delle fanciulle, se non in caso, che la carità evangelica lo dimostrasse indispensabile (Vedi cap. 3. § 5. num. 8. ivi). 3. Non si faccia troppo a principio, onde non si renda gravosa l’opera, ed importabile; ma si mantenga nella sua semplicità, avendo sempre l’occhio a ciò che è di sostanza, né usando dell’accessorio, fuorché come di un mezzo per conseguire con maggior facilità il principale. 4. Veggasi di non confondere la Pia Opera colla Dottrina, od altro; ma si ritenga esser puramente la correzione fraterna facilitata e ridotta a metodo. 5. Abbiasi gran sollecitudine di far mettere in prova di Assistenti le giovinette, che mostrano pietà, essendo legato a questo l’accrescimento ed il perfezionamento della Pia Opera. Potrebbero le Suore medesime coltivare lo spirito di queste Novizie e delle giovinette assistenti col farle venire nelle loro case, e a questo fine potrebbero pure, quando le circostanze lo permettessero, terminate le radunanze mensili, trattenersi alquanto con esse. Finalmente studierannosi di usare maniere dolci, affabili, insinuanti colle fanciulle, e con tutte le persone addette alla Pia Opera; ed abbiano ben fisso in mente che deve essere questa una qualità caratteristica dell’Instituto, che trattando una volta con esse abbiano a desiderare di avvicinarle di nuovo. Ciò potranno fare, studiando il Manuale della Pia Opera.
§ IX. Delle Ammesse in prova. […]. Saranno sottomesse alla Maestra delle Novizie, e a queste si uniformeranno in tutto, fuorché nelle cose seguenti. 1. Non potranno comunicare colle Novizie senza un’espressa licenza della Maestra. 2. Potranno parlare in segreto coi lor genitori. 3. Impareranno il Dialogo sulla Pia Opera, e dovranno saperlo tutto prima di essere ammesse al Noviziato.
§ X. Delle Novizie. Saranno in tutto sottomesse alla loro Maestra, e si conformeranno alle regole comuni. Le Novizie Maestre si occuperanno nello studio di Grammatica, di Aritmetica, di Storia Sacra e di Dottrina Cristiana occupandovi quattr’ore per giorno. Nel rimanente del tempo saranno occupate nei lavori o incumbenze riguardanti la Pia Opera, per vedere come vi riescono. Le Novizie converse si eserciteranno nei lavori lor proprii, e nel terz’anno si potranno anche mandare alle Case figliali per meglio provare la loro capacità. […].
APPENDICE. La Pia Opera di s. Dorotea altro non essendo che la correzione fraterna per le fanciulle, ridotta a metodo e facilitata, non richiede per se stessa se non che le persone a lei addette prendansi una cura caritatevole delle fanciulle nei modi più ovvii e secondo la varietà delle circostanze che si offrono. Questa è cosa da notarsi bene, affinché avendone la precisa e semplice idea, non se ne giudichi con prevenzione e pregiudizio. Molto più, debbono ciò avvertire le Suore dell’Instituto che dee riuscir niente meno, che l’Anima della Pia Opera. Senza questa semplice e precisa idea, elleno servirebbero anzi a confonderla, e a distruggerla, che a tenerla ordinata e promuoverla. La Pia Opera è adunque dapprima: Correzione fraterna: e perciò le persone, che la compongono, non debbono usare maniere aspre e castighi, affettare diritti ed autorità, ma usar buone maniere ed amorevoli avvisi, come si conviene a sorella con sorella. È facilitata: perché colla distinzione dei drappelli, mentre si possono curare tutte le fanciulle, ciascuna però delle impegnate nella Pia Opera ne ha poche in numero e determinate da sorvegliare ed assistere; e inoltre le fanciulle riconoscendo in loro l’assegnata incumbenza, naturalmente non si risentono delle ricevute correzioni risguardandole come più convenienti, perché fatte d’uffizio. È ridotta a metodo: perché le determinate incumbenze, occupazioni ed esercizii ne formano come una macchina, in cui sieno molte parti ben collegate a uno scopo. Ecco perciò quanto è necessario alla Pia Opera: un’Anziana ossia Sopra-sorvegliatrice, che sia capo della compagnia; una sorvegliatrice e le assistenti ad ogni drappello; i cataloghi in cui sieno scritti i nomi, l’età etc. delle fanciulle con le distinzioni opportune per vedere chi le sorvegli, ed assista; e fervore illuminato nelle persone, addette a questa sorveglianza od assistenza, il quale non si può* se non si facciano le conferenze o radunanze prescritte, nelle quali si ricordino i motivi impegnanti e i modi efficaci.1 Questo adunque e non più è quanto può dirsi essenziale alla Pia Opera; il perché quando siasi ben provveduto a queste cose si sarà compitamente ottenuto il fine proposto, benché nulla di più si facesse. Ma che diremo dunque degli Educandati, delle scuole, degli Oratorii? Diremo che queste sono cose, le quali ottimamente si possono ad essa associare, che però non le sono essenziali, sicché può ella esser perfetta in sé medesima senza di esse. Questa è verità, di cui dee persuadersi ogni persona occupata nella Pia Opera, ma più d’ogni altro le Suore dell’Instituto. Dal credere essenziale tutto ciò, che può stare con lei, ne verranno sconcerti, si avranno ritardi e contraddizioni, né si lascerà mai vedere in quella schietta semplicità, per cui si giustifica da se stessa, e si pone in sicuro da ogni sinistra prevenzione. Dunque, alcuno dirà, dovranno omettersi tante cose che la ragione e l’esperienza dimostrano così utili e tanto confacentisi col fine della Pia Opera? Questo non già; si dovranno anzi favorire e promuovere dalle Suore dell’Instituto, ma con due avvertenze. La prima di non trascurare menomamente le cose essenziali per una o più di queste accessorie; e ciò quando ancora paresse ottenersi nelle prime poco bene, e molto ottenersene colle seconde. Quando in qualche modo si trascuri ciò che è di essenza, non si può compensare il danno per molta cura che abbiasi dell’accessorio. La seconda è di favorire e promuovere queste cose non sostanziali con un zelo moderatissimo, aspettando piuttosto, che le opportunità si presentino da se stesse, che cercarle con sollecitudine. Questa avvertenza è necessaria, affinché le Suore dell’Instituto non si carichino di troppe incumbenze, massimamente nei lor principii, e affinché non rendasi l’opera gravosa in que’ luoghi, ove fosse introdotta. Per lo zelo mal regolato di far più del necessario, in certi luoghi la Pia Opera si rese complicata, pesante, e poco o nulla ottenne, pretendendo di ottener tutto. Secondo le opportunità dei luoghi, dei tempi e delle persone, le Suore dell’Instituto, attenendosi alle seguenti regole, presteranno la loro Opera agli Educandati, Scuole, Oratorii, Dottrine, Ricreazioni, Biblioteche etc. cose tutte accessorie alla Pia Opera, potranno anche ammettere a fare gli Esercizi nelle loro Case le signore, promuovere le divozioni, e la lettura de’ buoni libri. […].
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1 Di questo primo testo delle Regole, scritto da don Luca e stampato a Venezia nel 1840, si conserva solo qualche copia. Ci è parso perciò opportuno riprodurne qui alcune pagine, che riguardano la Pia Opera, lo scopo e lo spirito dell’Istituto. Esse possono essere utili per lo studio del carteggio di Madre Rachele. Il numero tra parentesi quadre indica la pagina del testo stampato. 1 Alcuno dirà che questa mutazione universale è speranza chimerica. Sarebbe tale veramente, se si pretendesse con questo mezzo di togliere tutti i malvagi dal mondo; ma qui cercasi soltanto toglierne universalmente un gran numero; e chi dirà esser ciò una speranza chimerica? Tanto più che il mezzo adoperato è tutto evangelico, e perciò senza dubbio efficace. La correzione fraterna ben adoperata in una famiglia, la migliorerà in generale, benché per avventura non riesca a migliorarne tutti e singoli i componenti. Moltiplicandosi per cento famiglie, se ne avrà effetto centuplicato, e rendendosi universale per tutte le famiglie, l’effetto sarà universale. La potenza della Pia Opera non dee restringersi a sfera minore; l’effetto però sarà sempre proporzionato in ragione del suo esercizio. La potenza del sole è sufficientissima ad illuminare tutti e singoli i luoghi; ma non illumina quelli, ove non ponno penetrare i suoi raggi. 1 È necessario che ciascuna in particolare abbia la sua dote determinata; affinché nel caso, che volesse o dovesse uscire dall’Instituto, non abbia a litigare coi parenti. 1 Il dire che sia imprudenza far quello, che hanno fatto generalmente tutti i santi Institutori, e prendere quella strada, che finora fu quasi l’unica in tutti i secoli, non pare prudenza. Si osservi inoltre, che nessun Pio Instituto si è mai veduto perire per mancanza di mezzi temporali; quando alcuno ne perisce, ciò avviene soltanto per mancanza di spirito. Cerchisi in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto si avrà di soprappiù. Colui che ne ha fatta la promessa, non può mancare alla data fede. 1 Monache non lo possono essere: quindi sarebbe pregiudicievole che ne prendessero le abitudini incompatibili col loro Instituto. Inoltre se si richiedessero certi comodi, ove questi non si potessero avere, forse si resterebbe dall’eriger qualche Casa di più. Da ultimo tornerebbe cosa troppo grave l’andare alle Case figliali a coloro, che fossero assuefatte ai comodi delle centrali. «Non sieno Monache, dicea s. Vincenzo de’ Paoli delle sue figlie della carità, non sieno Monache, perciocché un tale stato non è compatibile colle loro funzioni. Non abbiano per monastero, che le Case delle ammalate, per cella se non che il cantone di una camera, e bene spesso tolta a pigione, abbiansi la Chiesa parrocchiale per Cappella, le strade della Città per Chiostro, il timor di Dio per ferrata, e la modestia per velo». * Nel testo delle Regole dell’anno 1856 si aggiunge «conservare». 1 Dove la Pia Opera di molte Compagnie si compone, ha un Direttore ed una Sopra Anziana o Sopra‑sorvegliatrice Generale; ma l’avere più Compagnie non è già cosa intrinseca, è piuttosto accidentale per la estensione dei luoghi. |
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