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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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1. Incontro di don Luca Passi con le Figlie dell’Addolorata.
Il patrizio veneto, conte don Lorenzo Barbaro, nato a Venezia3 dai coniugi Giuseppe ed Elisabetta Nicoletta Giovanna Balbi, si trasferì poi a Treviso. Rimasto vedovo, entrò in seminario per prepararsi al sacerdozio. Collaborò con i sacerdoti Domenico Boldrin e Giovanni M. Sartorio nel fondare una congregazione di Maria (1814) per l’assistenza alla gioventù. Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1821 tentò di fondare a Treviso la Congregazione delle Figlie di Maria Addolorata. Ai primi di novembre del 1822 trasferì a Venezia il gruppo di ragazze dell’incipiente opera. Questa sorse in una casa presso la chiesa di S. Nicola da Tolentino. Nel 1827 il Barbaro trasferì le congregate nel palazzo Giustiniani a S. Barnaba e successivamente (1834) a calle Testori, presso il campo S. Andrea, ove aveva acquistato alcune casette per trasformarle in convento.4 Si spense però prima di aver potuto condurre a termine il progetto. Dopo la sua morte, la piccola congregazione si trovò in gravi difficoltà. Mons. Rizzardo Roberto Balbi ne parlò a don Luca, che era venuto a Venezia per ottenere dal patriarca Jacopo Monico l’approvazione per la stampa di un libretto intitolato L’Opera di S. Raffaele, da introdursi nei seminari e nei collegi.5 Non viene precisato di quale libro si tratti. Nell’archivio della curia patriarcale di Venezia si è ritrovato il fascicoletto: Idea semplice e precisa della Pia Opera di San Raffaele posta sotto la protezione dei SS. Cuori di Gesù e di Maria.6 Esso rimanda al libretto Pia Opera di San Raffaele, stampato in Brescia nel 18327 e da attribuirsi molto probabilmente a don Luca. La notizia riferita dalle «Memorie sull’Istituto» e dal Sartori, se è esatta, riguarda forse una ristampa in Venezia del fascicoletto o del libro citati. Don Luca prese vivo interesse alla misera condizione delle Figlie dell’Addolorata, prospettatagli dal Balbi. Vi riconobbe un’occasione provvidenziale, per istituire in Venezia le Suore Dorotee a sostegno della Pia Opera. Essa esisteva ivi fin dal 1830,8 ma se ne desideravano migliori risultati.9 Suggerì, quindi, al Balbi di proporre alle Figlie dell’Addolorata di divenire Suore Dorotee, per fondare una casa a Venezia. L’idea piacque al Balbi e il 15 maggio 1838, insieme con don Luca, si recò nella loro casa. Alla riunione parteciparono la superiora, Margherita Marzari; la direttrice, Maria Rosa Sanfermo; la vice, Maria Giuliana Tommasi; il superiore, don Carlo Gidini, e il confessore, don Francesco Driuzzo.10 La proposta venne accolta dalle Figlie dell’Addolorata, che già conoscevano la Pia Opera. Infatti il loro fondatore ne era stato vicedirettore generale in Venezia e fin dal 1832 risulta assistente delle compagnie dell’Opera di S. Dorotea e dell’Opera di S. Raffaele nella parrocchia di S. Nicola da Tolentino. Inoltre, regolatrice, cancelliera e vice-anziana di detta compagnia era stata la N.D. Luigia (suor Maria Rosa) Sanfermo.11 Le Figlie dell’Addolorata avevano, dunque, elementi sufficienti per valutare la proposta e le prospettive apostoliche del loro ingresso nel nuovo Istituto. Esse avevano pure nelle loro regole una norma sulla correzione fraterna.12
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3 Vi è discordanza sulla data di nascita. Francesco Schröder indica il 25-3-1790: cf. Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete…, vol. I, Venezia 1830, Tipografia di Alvisopoli, p. 79. Nel «Registro Morti» (1827 – agosto 1849) della parrocchia di S. Nicola da Tolentino, p. 163, n. 19, si dice che il Barbaro, alla sua morte (19-3-1837), aveva circa 44 anni; quindi sarebbe nato nel 1793. La stessa notizia ricorre in «Gazzetta Privilegiata di Venezia», 1837, n. 68, 23 marzo. Nella dichiarazione fatta dal padre il 12-6-1791, si trova la data 5-6-1791: cf. «Libro d’oro dei veri titolati», ASV. La stessa data si deduce dal fascicolo per la promozione agli Ordini maggiori, ove risulta che il Barbaro, nel 1818, aveva 27 anni (ACVT). Parimenti dal fascicolo riguardante il suo tentativo di ingresso nell’Ordine dei Cappuccini appare che nel febbraio-marzo 1827 egli aveva 36 anni: cf. ASV, Governo, 1825/29, 3/6, busta 3082, prot. nn. 4268, 8004. Il Barbaro, con il testamento dell’11-5-1836 (ASDR), lasciò i suoi stabili alle Figlie dell’Addolorata: «Le sud.e Case sempre dovranno essere a favore dell’Istituto, e se per qualunque titolo o legge, od altro più non sussistesse, o non rimanessero più alcuna dell’attuali, dovranno essere a vantaggio di pia istituzione, sotto anche altro titolo, o Religione sempre di Femminil sesso secondo quello crederà l’attuale Patriarca, il quale procurerà di stare secondo le regole stabilite, o ridurlo a Religione, che se cessar dovesse affatto detto Istituto, o Religione anderà detto Stabile a vantaggio della Parrocchia, e dei poveri, ma si dovrà prima far di tutto perché sussista, sotto anche qualunque titolo». 4 Cf. «Memorie sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia», cit., p. 3; cf. lettera del 4-11-1822 del p. Anton Angelo Cavanis al fratello Marcantonio, in A.A. e M.A. Cavanis, Epistolario e memorie 1779-1853, vol. II, Roma 1986, n. 215, p. 308. In un documento conservato nell’ASV si afferma che il conservatorio, fondato a Treviso nel 1821, «indi fu trasportato […] in Venezia fino dal dì 4 9bre 1822, e fu aperto il primo Maggio 1823 ai Tolentini». 5 Cf. «Memorie sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia», cit., p. 3; F. Sartori, Vita del Conte Cavaliere Don Luca Passi, cit., pp. 104-105. 6 «Admittitur. Mantuae die 16 maii 1837, J. B. Bellè Ep.», Tip. Elmucci, pp. 4, form. cm. 16 × 8,5. 7 Pia Opera di S. Raffaele da introdursi nelle città, e campagne per riformare il costume ed educare cristianamente i fanciulli in ispecie poveri e abbandonati, Tip. del Pio Istituto in S. Barnaba. Nel 1831 fu stampato a Genova dalla Tipografia Y. Gravier. L’Opera di S. Raffaele perseguiva nel campo maschile, con strutture e metodi simili, le stesse finalità dell’Opera di S. Dorotea per le ragazze. Cf. Metodo di vita cristiana pei fanciulli ascritti alla Pia Opera di S. Raffaele Arcangelo, Venezia, Tip. di G.B. Merlo, 1832, f. 1, form. cm. 28,5 × 22; Istruzione pei regolatori ed assistenti della Pia Opera di San Raffaele Arcangelo, Venezia, Tip. di G.B. Merlo, 1832, f. 1, form. cm. 28,5 × 22. L’Opera si diffuse in molte città, ma non raggiunse lo sviluppo dell’Opera di S. Dorotea. 8 Maddalena di Canossa il 30-6-1830 comunicò alla superiora di Bergamo, Domenica Faccioli: «Dite pure al sig. conte Luca, quando lo vedete, che anche a Venezia l’opera di S. Dorotea, si incammina bene»: Maddalena di Canossa, Lettere a Domenica Faccioli, Arti Grafiche Città di Castello 1972, lett. n. 148, p. 281. 9 Nel 1832 mentre don Luca predicava a Venezia nella parrocchia di S. Cassiano, il patriarca Monico, riconoscendo nella Pia Opera «una nuova maniera di morale educazione, facile, universale, adattabile ad ogni paese», con una circolare del 26 marzo ne raccomandò «l’incominciamento» a tutti i parroci della città e diocesi. Molti aderirono all’invito. Nel 1834 operavano in Venezia 14 compagnie con 197 drappelli e 2447 fanciulle: cf. Pia Opera di Santa Dorotea stabilita nella R. Città di Venezia, 1834, cit. L’11-8-1838 mons. Balbi, scrivendo al Farina, accenna alle difficoltà che la Pia Opera incontrava in Venezia: cf. doc. n. 9. 10 Cf. «Memorie sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia», cit., p. 4. 11 Cf. i prospetti delle compagnie dell’Opera di S. Dorotea e dell’Opera di S. Raffaele nella parrocchia di S. Nicola da Tolentino, mss., 1832 (ACPV); Pia Opera di Santa Dorotea, Venezia 1834, cit., [pp. 3, 7]. 12 «Sarà cosa molto commendabile se le Sorelle si avviseranno a vicenda, e con carità, e prudenza dei loro difetti, e se ciascuna a tale effetto si eleggerà alcuna della Compagnia in carattere di sua amorevole corretrice. La correzione poi la ricevano con umiltà, e con sentimenti di vera riconoscenza»: «Regole Generali pel Conservatorio delle figlie di Maria Ss. Addolorata», cit., parte seconda, n. 9. |
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