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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo V. I PRIMI PASSI DELLA CASA DI VENEZIA. 1. Madre Rachele superiora.
Il 7 agosto 1838 ebbe inizio la nuova vita nella casa di Venezia. Don Luca, intuendone le difficoltà, volle avviarla con un corso di esercizi spirituali.1 Qualche giorno dopo, la Guardini fu ricevuta in udienza dal patriarca Monico, che ebbe per lei parole di incoraggiamento e le assicurò il suo appoggio.2 Gli esercizi spirituali terminarono il 13 agosto. Nel pomeriggio del giorno successivo, fu letto il Regolamento in vigore a Vicenza, e don Luca vi apportò qualche modifica,3 per rispondere alle esigenze della fondazione. Si svolse poi la cerimonia per l’inizio dell’anno di noviziato. Mons. Balbi, alla presenza di don Luca e di don Francesco Driuzzo, impose alle congregate il velo bianco e le esortò all’osservanza delle Regole. Don Luca comunicò il quadro degli incarichi: superiora Madre Redenta Olivieri, superiora dell’Istituto di Vicenza; Madre Rachele superiora della casa e maestra delle novizie, suor Margherita Marzari economa, suor Maria Rosa Sanfermo assistente della superiora, suor Maria Elena Agan vicemaestra delle novizie, suor Maria Giuliana Tommasi sotto-economa, suor Maria Cherubina Padovan portinaia.4 Fu pure stabilito l’orario, nel quale veniva riservato largo spazio alla preghiera, animatrice di tutta l’attività. La giornata si chiudeva con un quarto d’ora di visita a Gesù Sacramentato.5 Don Luca si trattenne ancora qualche altro giorno a Venezia; partì il 17 agosto.6 La Guardini, che secondo il primo progetto avrebbe dovuto essere la collaboratrice di suor Anna Veronese, si trovò a portare da sola tutto il peso della fondazione. La comunità era più numerosa di quanto ella si aspettasse (22 suore, 5 oblate, 23 educande), e per di più alquanto complessa: «tra queste se ne trova di ogni età: vecchie, vecchiotte, vecchione ed anche un buon numero di giovani».7 Nel primo incontro con le Figlie dell’Addolorata, il 6 agosto 1838, avvertì subito l’arduità del compito, che sentiva superiore alle sue forze. In quello stesso giorno scrisse al Farina: «Mi sono sentita mancarmi il cuore, in pensando che il Signore si vuole servire della più infima fra le sue creature».8 Considerandosi la «più miserabile» di tutte, lo strumento «meno adatto»,9 si riteneva indegna del gravoso incarico e temeva di essere di ostacolo alle benedizioni di Dio sulle suore.10 Il 4 dicembre 1838 confidò alla Madre Redenta Olivieri: «Van migliorando le cose, ma io le confesso che molto mi costano, perché inesperta e priva di quelle qualità necessarie per dirigere una Comunità, non solo numerosa e giovanile, ma anche di avanzata età; nei miei timori vo chiedendo al Signore aiuto, e le dico con semplicità ch’io conosco la mia insufficienza, ma che io non cercai carica, anzi la ripugnai. Troppo fortunata io sarei, se fossi semplice Suora, perché dolce per me sarebbe l’obbedire, ma giacché i Superiori insistono ch’io obbedisca comandando, invito il caro Gesù a parlare quando io parlo, ed a muovere la mente ed il cuore di chi m’ascolta acciò non abbiano queste buone anime, per la mia mala direzione, ad interrompere il loro cammino della perfezione».11 Il sentimento di indegnità restò sempre vivo in Madre Rachele; di tanto in tanto affiora nelle sue lettere. Ella lo superava, sorretta dalla fede e dall’ubbidienza. Il 28 giugno 1839 scrive alla Madre Carolina Costanza Mangiagalli del monastero Matris Domini di Bergamo: «Vi confesso che più volte, ma particolarmente ai piedi del Crocefisso, sfogo il mio dolore per la contrarietà che provo di soprastare a quest’Opera, che il misericordioso Iddio tanto largamente benedice. Vi assicuro che se per infinita carità del Signore non fossi sostenuta dalla fede, la quale mi fa volere tutto quello ch’Egli vuole, io mi sarei già fuggita e nascosta all’occhio adulatore del mondo».12 Avrebbe voluto rinunziare all’incarico, ma continuò a compierlo con impegno, per ubbidire ai superiori e conformarsi alla divina volontà. Comunicò a don Luca: «Parmi che, se venissemi permesso di nascondermi agli occhi delle creature tutte, oppure di rinunciare la direzione, starei meglio. Ho bramato di scrivere a D. Rigler, per chiedergli un consiglio; e Monsignore risposemi che non vuole, dicendomi che la volontà del Signore si manifesta ogni giorno più chiaramente. Devo pur confessarle che, per obbedire, mi sento morire, per cui vittima mi offro continuamente al Signore, che prego d’aiuto, acciò adempia la sua santissima volontà».13
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1 Cf. doc. n. 6. 2 Cf. lett. n. 2. 3 Cf. lett. n. 3. Non conosciamo il tenore delle modifiche. 4 Cf. lett. n. 3; «Memorie sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia», cit., p. 5. Il Farina, il 9-8-1838, aveva scritto al Balbi: «spedisco la Maestra Rachele Guardini […], la quale […] reggerà la nuova Casa»: doc. n. 7. 5 Cf. lett. n.3. 6 Cf. «Gazzetta Privilegiata di Venezia», sabato 18 agosto 1838, n. 188, [p. 4]. 7 Lett. n. 1. 8 Ibid. 9 Cf. lett. nn. 4, 32, 33, 65, 66, 70, 97, ecc. 10 Cf. lett. nn. 3, 6, ecc. 11 Lett. n. 15. 12 Lett. n. 94. 13 Lett. n. 101. |
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