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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo V. I PRIMI PASSI DELLA CASA DI VENEZIA.
      • 5. Diligente scelta delle candidate.
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5. Diligente scelta delle candidate.

Con molto impegno Madre Rachele cercò nuove vocazioni, ma ne faceva una cernita accurata, esigendo nelle aspiranti le qualità necessarie ai fini dell’Istituto.

Nella scelta era favorita dalla capacità che aveva di conoscere le persone fin dai primi contatti.70

Mentre cercava una maestra per l’istruzione delle suore e delle educande, la vigilia di Natale del 1838 ricevette la lettera di una maestra, che chiedeva di entrare nell’Istituto. Sembrava proprio un dono del Signore! Madre Rachele le rispose subito, esprimendo la consolazione di poterla ricevere, nella speranza che si sarebbe lasciata piegare dall’obbedienza; non esigeva l’impossibile, ma quello che poteva farla crescere nell’amore di Dio e nelle virtù.71

La candidata si presentò il 16 gennaio 1839, ma Madre Rachele non la trovò «atta per l’Istituto».72

Durante il viaggio nel Tirolo, molte giovani le chiesero di seguirla: ne scelse soltanto tre e scrisse poi a don Marco: «L’assicuro che ne ho vedute più di 20 vogliose di meco venire, ma capaci pel nostro Istituto poche, anzi pochissime si trovano».73

Nonostante le ristrettezze economiche, si disse disposta ad accogliere la Guadagnini se «dotata delle qualità necessarie per l’Istituto», benché avesse «poca dote».74


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Allo stesso modo si comportò con la Gottardi. Avendo inteso che era «atta» all’Istituto, pregò il parroco di esaminarla e di accettarla, se «buona», cioè «se in essa scorge le disposizioni necessarie per riescire e buona Religiosa e buona Maestra», benché non avesse la dote intera.75

Nella scelta delle aspiranti, Madre Rachele era più esigente di don Luca, che si mostrava piuttosto accondiscendente.76

Si voleva ammettere alla vestizione, senza il noviziato, una candidata vissuta per sei mesi in un monastero e che veniva presentata come «una gemma». Madre Rachele espresse le sue riserve, perché aveva scoperto in essa dei difetti, e diversamente da quanto pensava don Luca, ritenne, d’accordo con mons. Balbi, l’opportunità dell’anno di noviziato.

Alla giovane, che non voleva accettare la decisione, Madre Rachele fece presente che, persistendo nel rifiuto, non poteva divenire suora. L’aspirante fu irremovibile, e la si lasciò partire. Madre Rachele dichiarò al Farina: «Io ringraziai il Signore, perché vedrò più volentieri a partire tutte che a professare senza lo spirito di Gesù Cristo».77


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In un altro caso, per ubbidienza e per carità ammise alla prova un’aspirante, che non riteneva idonea. Di fatto aveva visto giusto, e dové allontanarla, perché soffriva di convulsioni.78

Vagliava attentamente ogni caso, convinta che per il buon avvio dell’Istituto era necessario accogliere soggetti validi.

A questo indirizzo ispirò sempre la sua condotta, sicura di realizzare così quello che in sostanza era anche il vero desiderio di don Luca.

Con umile semplicità, ma con schiettezza gli manifesta il suo pensiero: «La prevengo che sono poco propensa per ricevere individui di poco talento, abbisognando a noi di quelle che abbino prontezza».79

Non si discostò mai da questa linea. Il 15 giugno 1840 chiaramente dice a don Luca: «M’accerto che nel viaggio del Tirolo Ella troverà delle aspiranti; prima d’impegnarsi, la prego di ben osservare se, oltre la bontà necessaria, hanno talento; altrimenti non si fa niente».80

Una governante della famiglia del conte Giovanni Passi chiese di entrare nell’Istituto. Madre Rachele trasmise la lettera a don Luca, dichiarando: «Non so poi se per noi sarà adatta, perché manca d’istruzione come di mezzi. Operi la Signoria Vostra Reverendissima quello [che] crede, ma alla confidenza in Dio unisca la prudenza».81


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A don Luca, che le aveva inviato una lettera della Mangilli, Madre Rachele rispose: «Io nulla trovo in questa che possa animarmi a riceverla; solo veggo una giovanetta che esprime il desiderio che sente di porsi in un luogo di sicurezza, senza però esprimere grandezza d’animo. Pare ch’essendo vicina agli esami, dovrebbe conoscere le discordanze, quali osservo ne commette; questo mi fa calcolare limitato il suo talento, ma in tutto ciò posso ingannarmi, così prego la Sig.ra Contessa Elisabetta esaminarla, e quando la trovi adatta per noi la riceverò».82

Colpiscono queste espressioni franche e risolute di Madre Rachele. Esse le venivano dal suo carattere e dalla perfetta armonia di intenti con don Luca. Ella aveva per lui vera devozione e profonda stima, ma riteneva suo dovere manifestargli con chiarezza il proprio pensiero per il bene dell’Istituto, sempre disposta però ad eseguirne le decisioni.83

D’altra parte, don Luca, che più volte aveva costatato la lungimiranza, la saggezza e la prudenza di Madre Rachele, le dava piena fiducia e ne approvava l’operato.

Bisogna riconoscere che le oculate scelte di Madre Rachele assicurarono all’Istituto soggetti capaci di viverne lo spirito e di realizzarne le finalità. Essi divennero così modello delle suore che seguirono, come don Luca voleva.

Madre Rachele nelle candidate esigeva bontà, docilità, spirito di ubbidienza e attitudine allo studio.84 Non accettava o dimetteva quelle che erano prive di queste qualità.

 




70 Cf. lett. nn. 110, 750, 894, 978.



71 Cf. lett. n. 17.



72 Cf. lett. n. 21.



73 Lett. n. 177.



74 Cf. lett. n. 182. Il 1-9-1840 scrisse a don Antonio Ferrari: «Godo in sentire che fra poco tempo potrà darmene alcune [aspiranti]. Io Le sarò molto grata e volentieri riceverolle, benché non abbiano la dote intiera, perché sono persuasa che le raccomandate da Vostra Signoria riusciranno a meraviglia. Se trovasse poi qualche bel talento, ed unisce testa quadra e buona salute, potrà riceverlo colla sola mobiglia ed il mantenimento, fintantoché saranno approvate per la terza classe elementare»: lett. n. 336.



75 Cf. lett. n. 369.



76 Il 1-9-1840 Madre Rachele comunicò a don Ferrari: «Riguardo alle giovani, che la Signoria Vostra R.da venne pregata di esaminare, si ha col Signor Conte D. Luca stabilito accettare quelle ch’Ella credute avrà adatte, perché non mi fido di lui, essendo troppo facile a credere»: lett. n. 336.



77 Lett. n. 109. Lo stesso ripeté a don Luca: «Io ho ringraziato il Signore [...], contentissima di questo, perché troppo dolore proverei, se vedessi vestire una che non avesse il vero spirito»: lett. n. 110.



78 Cf. lett. n. 359.



79 Lett. n. 348.



80 Lett. n. 293. Lo stesso ripeté a don Mora per un’aspirante: «Mi sarebbe anche caro ch’Ella esperimentasse la capacità della medesima nel comporre, assicurandola che per l’Istituto nostro non basta bontà, ma conviene [che] alla bontà uniscano talento»: lett. n. 318.



81 Lett. n. 330. Un mese dopo gli scrisse: «Per la Margheritina con sincerità Le dico che la riceverò, quando sarà capacitata da maestra […]. Ella preghi ed operi quello [che] crederà meglio»: lett. n. 348.



82 Lett. n. 370.



83 Cf. lett. nn. 108, 193, 223, 229, ecc.



84 Cf. lett. nn. 110, 149, 192, 708. «Le tre Tirolesi conviene che siensi fatte paura della proposta, che feci loro; ma io sono più contenta che rimangano nelle famiglie loro, che portare la loro volontà nell’Istituto»: lett. n. 293.






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