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Carlo Bini
Manoscritto di un prigioniero

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Quando va in prigione un Signore, è un avvenimento che nessuno se lo aspettava. Tutti se ne fanno le maraviglie; tutti ne parlano in mille voci, in mille maniere. Chi bisbiglia, chi grida, chi dice di sì, chi dice di no.

La città è seminata di gruppi, e per mezza giornata almeno non fanno più nulla, se non ciarlare del caso, e da un gruppo cacciarsi in un altro: precisamente come quando segue l'eclisse del Sole Un Signore in prigione pare alla plebe impossibile. - La plebe, che, somma fatta, in capo all'anno sta sei mesi in prigione e sei mesi in una soffitta, è inutile, non se ne persuade, perché non ce ne vede mai dei signori, o così di rado che non se ne rammenta. Crede le prigioni fabbricate unicamente per sé; e se v'entra alcuno che non sia de' suoi, è un fatto che la percuote, le sembra quasi un'usurpazione. - Tanta è la potenza dell'uso. - La plebe non crede che la colpa possa vestirsi di panno fine, e anche di porpora; - crede che la colpa vada solamente vestita di cenci, scalza, e col capo ignudo. - E sì che tutto giorno ha in bocca un proverbio pieno di verità che dice: L'abito non fa il monaco. Non giova: - quel proverbio erra per tradizione così sulla lingua, ma la mente non l'accorda. - La plebe crede pur troppo nell'abito, e cotesta persua­sione oggimai s'è ossificata con lei.

Tuttavia, volere o no, di rado, ma qualche volta un Signore va in prigione.

Egli, appena ha varcato di tre o quattro passi la soglia, si volta risoluto, - fa il viso più imperioso del solito, - squadra il carceriere dai capelli alle piante, - poi gli ficca gli occhi negli occhi. - Lasciatelo fare: il Signore legge qualche cosa in quegli occhi. È una lettura rapida, che dura un attimo, ma basta, - e il Signore se ne trova contento.

Se ne trova contento, e mette mano alla borsa; - la dondola con due dita un momento per aria, - la fa suonare, - dice qualche cosa che non vuoi dir nulla, - e il soprastante che è un gran chierco in tutte le lingue, - anche in quella dei muti, - risponde subito: comandi, comandi, - in quella stessa maniera, né più né meno, che rispondevano gli spiriti in quei secoli d'oro, quando un mago o una strega con un tocco di verga o con un ribobolo erano padroni dell'aria, della terra, e dell'inferno. Mal abbia l'Inquisizione che accese un così gran fuoco che distrusse questa ed altre meraviglie: distrusse infine anche se stessa!

Voi l'avete sentito, il soprastante ha risposto: comandi, comandi. E di fatti la metamorfosi da un punto all'altro è così improvvisa, così universale, che sei tentato a giurare rinnovellato il regno degli incantesimi. In cinque minuti il Signore è stato introdotto in un nuovo quartiere; e il soprastante gli ha chiesto perdono, se, così preoccupato com'era, aveva sbagliato di numero. Il valentuomo aveva preso un tredici per un quindici; e il Signore per tutta risposta gli ha battuto due volte umanamente sulla spalla, non mi ricordo se destra o sinistra. Ora le stanze sono tre, e prima erano una. Sono larghe, ariose, imbiancate di nuovo, con qualche rabesco per maggior vaghezza, e le finestre arrivano a mezza vita. Le finestre danno sur una buona strada, dove passano carrozze e pedoni, uomini e donne,   dove il Signore può fare anche all'amore, -e senza scandalo.

Viva la metamorfosi quando va dal basso all'alto! - Fervet opus. - Le piume sottentrano al pagliericcio, - le sedie all'unica panca, - i cristalli all'unico orciuolo di terra cotta. I valletti sudano attenti e in silenzio. -  Fate piano con quello specchio, - badate al canterale, è nuovo di zecca; - ehi! quel Napoleone non è mica di piombo, è d'alabastro, voi lo maneggiate come una brocca, - sagratissimo diavolo! - ci vuoi maniera, - badate, ve lo dico, chi rompe paga; - dove sono i vasi dei fiori? Così grida affannata la voce chioccia del soprastante, e non si cheta più mai.

In questo mentre il Signore ha girato per tutti i versi la sua nuova abitazione: - ha veduto e riveduto minutamente; ha disposto dove far la tal cosa, dove far la tal altra: - dove dormire, - dove vegliare,   dove pensare, - dove non pensare. ha fatto di quando in quando diverse dimande, e il soprastante spesso gli ha risposto un no invece d'un sì, e viceversa. È un cattivo momento per discorrer con lui; - ha l'animo troppo internato nell'assetto delle tre camere, e cotesto pensiero gli ha rubato la mano. Ella è finita, - vuoi farsi onore, - nessuno lo frastorni, - tanto non retta a nessuno.

Laudato Iddio! l'assetto è finito, - si può respirare, - respiro anch'io. Con un'occhiata i valletti son licenziati, e se ne vanno. Alla buon'ora. Adesso il soprastante è contento; - se lo guardate bene nella statura, vi pare un dito più alto. - Si asciuga il sudore della faccia, - si raffazzona i capelli, - compone io scompiglio delle vesti, - scuote d'indosso la polvere, - si mette insomma in buono stato di comparire come un galantuomo. Dopo si rivolge al Signore con un mezzo sorriso tra la compiacenza e l'orgoglio, e il Signore gli corrisponde tentennando con bel garbo la testa. Ora è tempo che anch'ei se ne vada. E di fatti vedetelo col cappello in mano, che se ne va all'indietro fino alla porta. E non crediate che se ne vada alla muta. Oh! il soprastante è un uomo di mondo. Sicuramente, ha detto: servo devoto. Io l'ho sentito con queste orecchie,  - e l'ha detto in tono di basso assoluto.

Ora manca null'altro? - Non saprei: - v'è la prigione, e il Signore v'è dentro. Oh! le belle prigioni che son quelle dove vanno i signori! La povera gente le scambierebbe volentieri con la sua libertà. Cosa manca al Signore dentro? Il soprastante gli ha pur detto: comandi, comandi; - ed egli non ha inteso a sordo. Gli noia il divario, la novità del locale? Può immaginarsi finita la scritta della casa abitata prima, e che gli sia convenuto tornare in un'altra; - può immaginarsi il suo palazzo in mano alle maestranze per bisogno di certi restauri, e che per questo abbia condotto a pigione provvisoriamente una casa, come veniva veniva. Gli noia forse il non potere uscir fuori? - Bene, può mettersi- in capo che non ha voglia d'uscire, - che l'acqua vien giù a rovesci, - che si è stravolto un piede montando a cavallo, - che cerca la solitudine per comporre un'opera, per farsi anche un bel nome. In somma a lui tocca a scegliere. - L'immaginazione è come un merciaiuolo alla fiera, e gli va mostrando uno dopo l'altro i suoi mille fantasmi, e si protesta ai vendere a buon mercato.

 

 




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