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Carlo Bini
Manoscritto di un prigioniero

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Il pover'uomo non ha potuto profferire una parola, e si è ricacciato nel cuore tutte le sue passioni come altrettante spine. Credeva di dir tutto col volto, ma un soprastante, fosse dotto ancora nelle lingue orientali, - fosse pure un Mezzofanti, - non sa leggere la sventura, o se la legge non le sa rispondere. Il soprastante non ha letto l'immenso volume di affetti che spiegava la tramutata faccia del carcerato; - o se l'ha letto, per tutta risposta gli fa sentire il cigolìo delle chiavi, e dei catenacci.

Il soprastante è partito. Va', va', miserabile! Tu sei più abietto dei rettili e degli insetti che albergano lo squallore delle tue case. Dio ti perdoni, se può: - Dio perdoni, se può, chi vien prima e dopo di te. Giudice, soprastante, carnefice! siete una trinità tenebrosa - siete un mostro a tre teste senza occhi, che gira una falce a destra e a sinistra. - Sapete voi dove sono gl'innocenti? Certamente sono a destra e a sinistra; - ma voi mietete spietatamente da una parte e dall'altra. - Piuttosto che esistere come voi è meglio essere scellerati: questi almeno trascorrono una carriera di delitto più breve. Il peccato, il bisogno, l'innocenza tradita sono il vostro patrimonio; se queste sciagure non fossero, voi morreste di fame. Il letto dove dormite è un fascio d'ossa umane indistinto, - l'armonia delle vostre sale è il gemito dei tormentati, - il pane che mangiate gronda di lagrime, - il vino che bevete, se aveste parlato d'uomo, sentireste che sa di sangue. Giudice, soprastante, carnefice, trinità spaventosa, che facesti gemere, che fai gemere, che farai gemere, se un la vendetta degli uomini non t'infrange, che dirai d'innanzi al trono dl Dio, quando sulla bilancia de' tuoi misfatti metterà il sangue innocente gridando: il sangue della virtù era quello delle mie vene? Vi dissi io di versano? Ora pensate a pagarmelo. -

E Dio per punirvi non aprirà i vostri codici ingegnosamente feroci; - non v'immergerà in un oceano di fuoco; - vi lascerà come siete; - voi meritate di rimaner tali. Dio non abbasserà l'ira sua sopra cose striscianti come voi. - Ei non vuole, ci non deve contaminarsi; - non calca le vipere. - Dio peserà le vostre iniquità, - poi ve la renderà; - ma voi non le porterete più come una piuma; - le porterete come un cilizio grave del giudizio di Dio, - come un peso che potrebbe schiacciare un gigante, un mondo, tutto, fuorché una cosa che non può perire. Dio desterà la vostra coscienza all'immortalità del rimorso. - E allora vi rotolerete per lo spazio infinito; - cercherete un perdono, un conforto, una stilla di rugiada, anche una maledizione, e non troverete che silenzio e deserto. Invocherete la morte, e questa fiera che un vi obbediva sommessa come una schiava, al vostro aspetto atterrita, fuggirà colle mani alle orecchie. Fulminati non d'altra pena, che della vostra stessa esistenza, abbandonati come la disperazione, la vostra eternità non sarà misurata che da due sensazioni; li rimorso e la solitudine.

E tu, pover'uomo, sei rimasto impietrito, soverchiato dalla foga delle tue passioni. Il peggio è che non puoi piangere ancora; ma piangerai più tardi, - non può mancare. - Una lacrima fu data alla gioia, una lacrima alla sciagura; - la prima rinfresca, l'altra arde come la lava. - Piangerai più tardi, e il tuo pianto sarà bello, perché non sarà tutto per te; - piangerai pei tuoi figli, per la madre, se l'hai, forse per un amore, forse ancora per una patria.

E perché vi stringete nelle spalle, come se il cuore del povero non potesse palpitare per un nobile affetto, come se l'intelligenza del povero non potesse valicare le regioni concedute alla mente umana? Sapete voi cosa racchiuda quel cranio? Quando meno vei pensate, potreste rinvenirvi gli elementi da farne un Michelangiolo, un Byron, un Bolivar. Conoscete voi la vita degli uomini grandi di tutti i tempi, e di tutte le nazioni? Plauto era schiavo, e girava il molino, - ma la sua Musa fu salutata da un popolo di eroi. E quando una povera donna alla sera cantava le sue canzoni di madre a un povero bambino, e sospirava guardandolo, e pensava che un giorno forse non avrebbe un cognome, - sarebbe un mendicante, - al più un lavoratore della campagna, avrebbe creduto mai di cullare Shakespeare, Rousseau, Franklin, di cullare il Correggio, e Masaniello? avrebbe creduto mai, che da quel verme, un sarebbe sorta la farfalla destinata a libare fiori immortali nei campi della Gloria e della Bellezza? - L'organismo umano rompe le leggi della gerarchia sociale,   e quando l'Occasione batte sul vivo un popolo, allora si scorge quale delle classi possa dar più scintille. Allora la Storia non è più confinata in un gabinetto a sommare le partite di frodi che la Diplomazia ha segnato nei numerosi suoi protocolli; non è più stipendiata a descrivere una guerra querilmente sanguinosa, ove non li vedono in cozzo che due bastoni di maresciallo. La Storia si slancia da quelle angustie, e la superficie del mondo è la sua pagina, ed ogni linea che v'incide è un tratto di luce; - allora la Rivoluzione francese sorge come una epopea magnifica, immensa sorge Mina e l'indipendenza spagnuola; sorge la lotta titanica della Grecia moderna. Oh gli ultimi eroi della Grecia non erano cavalieri dello spron d'oro!

Sì, pover'uomo; il tuo cuore può gemere per me, per la patria e per te. Dacché non posso sollevare le tue miserie, e quelle dei tuoi tanti fratelli, io non voglio toglierti un cuore, che forse avrai più buono e più generoso dei mio. Io non voglio toglierti quello che non posso darti.

Certo, se tu fossi solo nel mondo, come alcuni sono, non so se per questo più o meno miseri di noi, a quest'ora avresti già preso il tuo partito; - avresti mostrato fronte ferma alla cattiva fortuna; - avresti cantato non so quante canzoni; perché il povero in mezzo agli stenti e alla sua nudità, quando ha il cuore franco, canta del continuo, - canta allegramente come un uccello, che si alimenta di quel che trova, e muta nido ogni sera.

Ma tu non sei solo; - e sei rimasto immobile, come tocco dalla folgore. Ora perché guardi le muraglie? perché crolli mestamente la testa? - Tu hai ragione: - non hai che due mani, e non son buone a fare una breccia; - tu guardi l'inferriata, ma è doppia, e ci vuole una scala a salirvi; - tu guardi la porta, ma è grossa, foderata di ferro, e sigillata in maniera che non l'adito neppure a un sospiro. Oh! il tuo sospiro non penetra di nel mondo; e il mondo già non l'udrebbe, o penserebbe che fosse aria traverso uno spiraglio. E poi, cosa farebbe il mondo del tuo sospiro? Il mondo vuoi godere, e chiama breve la vita, breve tanto, che a mala pena tempo di pensare a sé. E poi, il mondo non ha inventato le carceri, le torture, i patiboli, non ha inventato mille delitti, che la Natura umana non riconosce? - Requiem aeternam. - Ti hanno deposto in un sepolcro, e non sei anche morto; - t'hanno deposto in un sepolcro, senza lumi e senza canti, come il suicida. E il mondo spensieratamente ti si agita dintorno col suo dramma pieno di rumore e di vita.

O pover'uomo potessi tu almeno dormire, potessi almeno posare su quella tavola le tue membra stanche, accasciate da tanti affanni! Ma il dolore non dorme mai; - veglia inesorabilmente, veglia come un marito geloso, perché il mondo è suo, perché addormentandosi teme d'allentare gli artigli, teme che la preda gli sfugga.

 

 




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