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Francesco Berni
Rime

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  • 57. Capitolo al cardinale [Ippolito] De’ Medici [promettendo di scriver per lui versi appartati].
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57. Capitolo al cardinale [Ippolito] De’ Medici [promettendo di scriver per lui versi appartati].

 

Non crediate però, signor, ch'io taccia

di voi, perch'io non v'ami e non v'adori,

ma temo che 'l mio dir non vi dispiaccia.

Io ho un certo stil da muratori

di queste case, qua, di Lombardia,

che non van troppo in su co i lor lavori:

compongo a una certa foggia mia,

che, se volete pur ch'io ve lo dica,

me 'ha insegnato la poltroneria.

Non bisogna parlarmi di fatica,

ché, come dice el cotal della Peste,

quella è la vera mia mortal nemica.

Mi è stato detto mo' che voi vorreste

un stil più alto, un più lodato inchiostro,

che cantasse de Pilade e d'Oreste;

come sarebbe, verbigrazia, il vostro,

unico stil o singular o raro,

che vince il vecchio non che 'l tempo nostro.

Quello è ben ch'a ragion tegniate caro,

però ch'ogni bottega non ne vende:

ne sète, a dir el ver, pur troppo avaro.

Io ho sentito dir tante facende

della traduzion di quel secondo

libro ove Troia misera s'incende,

che bramo averla più che mezzo il mondo:

hòvelo detto e voi non rispondete,

ond'anch'io taccio e più non vi rispondo.

Ma, per tornar al stil che voi volete,

dico ch'anch'io volentier il torrei

e n'ho più voglia che voi non credete;

ma far rider le genti non vorrei,

come serebbe se 'l vostro Gradasso

leggessi greco in catedra a gli ebrei;

quel vostro veramente degno spasso,

che mi par esser proprio il suo pedante,

quando a parlargli mi chinobasso.

Provai un tratto a scrivere elegante

in prosa e in versi e fecine parecchi

et ebbi voglia anch'io d'esser gigante,

ma messer Cinzio mi tirò gli orecchi

e disse: «Bernia, fa pur dell'Anguille,

ché questo è il proprio umor dove tu pecchi;

arte non è da te cantar d'Achille:

ad un pastor poveretto tuo pari

convien far versi da boschi e da ville».

Ma lasciate ch'io abbia anch'io denari,

non fia più pecoraio ma cittadino,

e metterò gli unquanco a mano e' guari;

com'ha fatto un non so chi mio vicino,

che veste d'oro e più non degna il panno

e dassi del messer e del divino.

Farò versi di voi che fumaranno

e non vorrò che me n'abbiate grado,

che s'io non dirò il ver, serà mio danno;

lascierò stare el vostro parentado

e' vostri papi e 'l vostro cappel rosso

e l'altre cose grande ov'io non bado;

a voi vogl'io, signor, saltare addosso,

voi sol per mio suggetto e tema avere,

delle vostre virtù dir quant'io posso.

I' non v'accoppiarò come le pere

e come l'ova fresche e come i frati,

nelle mie filastrocche e tantafere;

ma farò sol per voi versi appartati,

metterovvi con uno a dozzina,

perché d'un nome siate ambo chiamati;

e dirò prima de quella divina

indole vostra e del beato giorno

che ne promettebella mattina;

dirò del vostro imgegno, al qual è intorno

infinito giudicio e discrezione,

cose che raro unite si trovorno;

onde lo studio delle cose buone

e le composizioni escon sovente,

che fan perder la scrima a chi compone.

tacerò da che largo torrente

la liberalità vostra si spanda,

e dirò molto e pur sarà niente.

Questo è quel fiume che pur or si manda

fuora e quel mar che crescerà si forte

che il mondo allagherà da ogni banda.

Non se ne son ancor le genti accorte

per la novella età, ma tempo ancora

verrà, ch'aprir farà le chiuse porte.

E se le stelle che 'l vil popol ora

(dico Ascanio, San Giorgio) onora e cole,

oscura e fa sparir la vostra aurora,

che spererem che debbia far il sole?

Beato chi udirà dopo mill'anni

di questa profezia pur le parole.

Dirò di quel valor che mette i vanni

e potria far la spada e il pastorale

ancora un rifare i nostri danni,

e far tacere allor quelle cicale,

certi capocchi satrapi ignoranti,

che la vostra virtù commenton male;

genti che non san ben da quali e quanti

spiriti generosi accompagnato

l'altr'ier voleste a gli altri andare inanti;

dico oltre a quei che sempre avete allato,

ché tutta Italia con molta prontezza

v'arìa di dal mondo seguitato.

Questo vi fece romper la cavezza

e della legazion tutti i legacci,

tanto da gentil cor gloria s'apprezza!

Portovvi in Ungheria fuor de' covacci,

sì che voi sol voleste passar Vienna,

voi sol de' turchi vedeste i mostacci.

Questa è la storia che qui sol s'accenna,

la lettera è minuta che si nota,

da poi s'estenderà con altra penna;

e mentre il ferro a temprarla s'arruota,

serbate questo schizzo per un pegno,

fin ch'io lo colorisca e lo riscuota:

che se voi sète di tela e di legno

e di biacca per man di Tiziano,

spero ancor'io, s'io ne sarò mai degno,

di darvi qualche cosa di mia mano.

 


 




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