Chi vuol veder quantunque pò natura
in far una fantastica befana,
un'ombra, un sogno, una febbre quartana,
un model secco di qualche figura,
anzi pur il model della paura,
una lanterna viva in forma umana,
una mummia appiccata a tramontana,
legga per cortesia questa scrittura.
A questo modo è fatto un cristiano
che non è contadin né cittadino
e non sa s'e' sia in poggio o s'e' sia in piano.
Credo che sia nepote de Longino;
come gli è visto fuor, rincara il grano,
alla più trista, ogni volta un carlino.
Ha in dosso un gonnellino
di tela ricamata da magnani,
a toppe e spranghe messe co i trapàni.
Per amor de' tafani
porta a traverso al collo uno straccale
quadro, come da vescovo un grembiale,
et un certo cotale
di romagnolo, allacciato alle schiene
con una stringa rossa che lo tiene.
Ma quanto calza bene
una brachetta accattata a pigione,
che par a punto un naso di montone!
Non faria la ragione
di quante stringhe al giorno ha il suo muletto,
un abachista, in cento anni, perfetto.
Nemico del confetto
e de gli arrosti e della peverada,
come de' birri un assassin di strada,
è oppenion ch'e' vada
del corpo l'anno quattro tratti soli
e faccia paternostri e fusaioli.
Fugge da' ceraioli,
acciò che non lo vendan per un boto,
tant'è sottil, leggieri, giallo e vòto.
Comunque il Buonarroto
dipinge la quaresima e la fame,
dicon che vuol ritrar questo carcame;
con un cappel di stame,
che porta dì e notte come i bravi,
e dieci mazzi a cintola di chiavi,
che venticinque schiavi
co i ferri a' pie' non fan tanto romore
e trenta sagristani et un priore.
Va per ambasciatore
ogn'anno dell'aringhe a mezzo maggio,
contra a' capretti, a l'ova et al formaggio,
e perch'è gran viaggio,
ha sempre sotto il braccio un mezzo pane
che ha un giubbon di sette sorti lane:
quel rode come un cane,
poi giù pel gorgozzuol gli dà la spinta
con tre o quattro sorsi d'acqua tinta.
Or eccovi dipinta
una figura arabica, un'arpia,
un om fuggito dalla notomia.
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