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Francesco Berni
Rime

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  • 65A. Capitolo a fra Bastian Del Piombo.
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65A. Capitolo a fra Bastian Del Piombo.

 

Padre, a me più che gli altri reverendo

che son reverendissimi chiamati,

e la lor reverenzia io non l'intendo;

padre, reputazion di quanti frati

ha oggi il mondo e quanti n'ebbe mai,

fin a que' goffi de gli Inghiesuati;

che fate voi da poi che vi lasciai

con quel di chi noi siam tanto divoti,

che non è donna e me ne inamorai?

Io dico Michel Agnol Buonarroti,

che quand'i' 'l veggio mi vien fantasia

d'ardergli incenso ed attaccargli voti;

e credo che sarebbe opra più pia

che farsi bigia o bianca una giornea,

quand'un guarisse d'una malattia.

Costui cred'io che sia la propria idea

della scultura e dell'architettura,

come della giustizia mona Astrea,

e chi volesse fare una figura

che le rapresentasse ambe due bene,

credo che faria lui per forza pura.

Poi voi sapete quanto egli è da bene,

com'ha giudicio, ingegno e discrezione,

come conosce il vero, il bello e 'l bene.

Ho visto qualche sua composizione:

son ignorante, e pur direi d'avélle

lette tutte nel mezzo di Platone;

sì ch'egli è nuovo Apollo e nuovo Apelle:

tacete unquanco, pallide viole

e liquidi cristalli e fiere snelle:

e' dice cose e voi dite parole.

Così, moderni voi scarpellatori

et anche antichi, andate tutti al sole;

e da voi, padre reverendo, in fuori

chiunque vòle il mestier vostro fare,

venda più presto alle donne e colori.

Voi solo appresso a lui potete stare,

e non senza ragion, sì ben v'appaia

amicizia individua e singulare.

Bisognerebbe aver quella caldaia,

dove il socero suo Medea rifrisse

per cavarlo de man della vecchiaia,

o fosse viva la donna di Ulisse,

per farvi tutti doi ringiovenire

e viver più che già Titon non visse.

Ad ogni modo è disonesto a dire

che voi, che fate e legni e' sassi vivi

abbiate poi come asini a morire:

basta che vivon le quercie e gli ulivi

e' corbi e le cornacchie e' cervi e' cani

e mille animalacci più cattivi.

Ma questi son ragionamenti vani,

però lasciàngli andar, ché non si dica

che noi siam mamalucchi o luterani.

Pregovi, padre, non vi sia fatica

raccomandarmi a Michel Agnol mio

e la memoria sua tenermi amica.

Se vi par, anche dite al papa ch'io

son qui e l'amo e osservo e adoro,

come padrone e vicario di Dio;

et un tratto ch'andiate in concistoro,

che vi sian congregati e cardinali,

dite «a Dio» da mia parte a tre di loro.

Per discrezion voi intenderete quali,

non vo' che mi diciate: «Tu mi secchi»;

poi le son cerimonie generali.

Direte a monsignor de' Carnesecchi

ch'io non gli ho invidia de quelle sue scritte,

né de color che gli tolgon li orecchi;

ho ben martel di quelle zucche fritte,

che mangiammo con lui l'anno passato:

quelle mi stanno ancor ne gli occhi fitte!

Fatemi, padre, ancor raccomandato

al virtuoso Molza gaglioffaccio,

che m'ha senza ragion dimenticato;

senza lui parmi d'esser senza un braccio:

ogni qualche lettera gli scrivo

e perché l'è plebea da poi la straccio.

Del suo signor e mio, ch'io non servivo,

or servo e servirò presso e lontano,

ditegli che mi tenga in grazia vivo.

Voi lavorate poco e state sano:

non vi paia ritrar bello ogni faccia;

a Dio, caro mio padre fra Bastiano,

a rivederci ad Ostia a prima laccia.

 


 




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