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Francesco Berni Rime IntraText CT - Lettura del testo |
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46. Sonetto a messer Francesco Sansovino [in dileggio di Verona].
Verona è una terra c'ha le mura parte di pietre e parte di mattoni, con merli e torre e fossi tanto buoni che mona Lega si staria sicura; dietro ha un monte, dinanzi una pianura, per la qual corre un fiume senza sproni; ha presso un lago che mena carpioni e trote e granchi e sardelle e frittura; drento ha spilonche, grotte e anticaglie, dove il Danese, Ercole et Anteo presono il re Bravier con le tanaglie, due archi sorian, un culiseo, nel qual son intagliate le battaglie che fece il re di Cipri con Pompeo; la ribeca ch'Orfeo lasciò, ché n'aparisce un instrumento, a Plinio et a Catullo in testamento. Appresso ha anche drento, come hanno l'altre terre, piazze e vie, stalle, stufe, spedali et osterie, fatte in geometrie da fare ad Euclide et Archimede passar gli architettori con un spiede. E chi non me lo crede e vol far prova della sua persona, venga a sguazzar otto dì a Verona; dove la fama suona la piva e 'l corno, in accenti asinini, degli spiriti isnelli e pellegrini, che van su pei camini e su pei tetti la notte in istriazzo, passando in giù e 'n su l'Adice a guazzo; e dietro han un codazzo di marchesi, di conti e di speziali, che portan tutto l'anno gli stivali, perché i fanghi immortali, ch'adornan le lor strade graziose, producon queste et altre belle cose; ma quattro più famose, da sotterrarvi un dentro insino a gli occhi, fagioli e porci e poeti e pidocchi.
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