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Francesco Berni
Rime

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  • 5. Capitolo del diluvio.
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5. Capitolo del diluvio.

 

Nel mille cinquecento anni vent'uno,

del mese di settembre a' ventidue,

una mattina a buon'otta, a digiuno,

venne nel mondo un diluvio che fue

sì ruinoso che da Noè in là

a un bisogno non ne furon due.

Fu, come disse il Pesca, qui e qua;

io, che lo viddi, dirò del Mugello:

dell'altre parti dica chi lo sa.

Vulcano, Ischia, Vesuvio e Mongibello

non fecion a' lor dì tanto fracasso:

disson le donne che gli era il fragello,

e che gli era il demonio e 'l satanasso

e 'l diavolo e 'l nemico e la versiera

ch'andavon quella volta tutti a spasso.

Egli era terza e parea più che sera;

l'aria non si potea ben ben sapere

s'ell'era persa o monachina o nera;

tonava e balenava a più potere,

cadevon le saette a centinaia:

chi le sentì non le volea vedere.

Non campò campanile o colombaia;

in modo tal che si potea cantare

quella canzona che dice: «O ve' baia».

La Sieve fece quel che l'avea a fare:

cacciossi inanzi ogni cosa a bottino,

menonne tal che non ne volea andare.

Non rimase pei fiumi un sol molino,

e maladetto quel gambo di biada

che non n'andasse al nemico del vino.

Chi stette punto per camparla a bada

arebbe poi voluto esser altrove,

ché non rinvenne a sua posta la strada.

Potria cantar cose alte e cose nove,

miracoli crudeli e sterminati,

dico più di otto e anco più di nove:

come dir bestie e uomini affogati,

quercie sbarbate, salci, alberi e cerri,

case spianate e ponti ruinati.

Di questi dica chi trovossi a i ferri;

io ne vo' solamente un riferire,

et anco Dio m'aiuti ch'io non erri.

O buona gente che state a udire,

sturatevi li orecchi della testa,

ch'io dirò cosa da farvi stupire.

Mentre che gli era in ciel questa tempesta,

si trovorno in un fiume due persone:

or udirete cosa che fu questa.

Un fossatel che si chiama il Muccione,

per l'ordinario sì secco e sì smunto

che non immolla altrui quasi il tallone,

venne quel dì sì grosso e sì raggiunto

che costor duo, credendo esser da lato,

si trovorno nel mezzo a punto a punto.

Ivi ciascun di loro spaventato

e non vedendo modo di fuggire,

come sa ch'in tal casi s'è trovato,

vollono in sur un albero salire

e non dovette darne loro il core.

Io non so ben quel che volesse dire:

eron frategli e l'un, ch'era il maggiore,

abbracciò ben quel legno e 'n su le spalle

si fé salir il suo fratel minore.

Quivi il Muccion e tutta quella valle

correvon ceppi e sassi aspri e taglienti:

tutta mattina dàlle, dàlle, dàlle.

Furno coperti delle volte venti,

e quel di sotto, per non affogare,

all'albero appoggiava il viso e' denti.

Attendeva quell'altro a confortare,

ch'era per la paura quasi perso;

ma l'uno e l'altro aveva poco a stare,

ché bisognava lor far altro verso.

Se non che Cristo mandò lor un legno

che si pose a quell'albero attraverso:

quel dette loro alquanto di sostegno,

e non bisogna che nessun s'inganni,

ché 'n altro modo non v'era disegno.

A quel di sotto non rimase panni:

uscinne pesto, livido e percosso,

et era in ordin come un san Giovanni.

Quell'altro anche devea aver poco indosso;

pur li parve aver tratto diciannove,

quand'egli fu dalla furia riscosso.

Questa è una di quelle cose nuove

ch'io m'arricordi aver mai più sentita,

né credo tal ne sia mai stata altrove.

Buone persone che l'avete udita

e pur avete fatto questo bene,

pregate Dio che vi dia lunga vita

e guardivi dal foco e dalle piene.

 

 


 




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