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Francesco Berni Rime IntraText CT - Lettura del testo |
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26. Sonetto sopra la mula dell’Alcionio.
Quella mula sbiadata, damaschina, vestita d'alto e basso ricamato, che l'Alcionio, poeta laureato, ebbe in commenda a vita masculina; che gli scusa cavallo e concubina, sì bene altrui la lingua dà per lato, e rifarebbe ogni letto sfoggiato, tanta lana si trova in su la schina; et ha un par di natiche sì strette e sì bene spianate che la pare stata nel torchio come le berrette; quella che per soperchio digiunare tra l'anime celesti benedette com'un corpo diafano traspare; per grazia singulare, al suo padron, il dì di Befanìa, annunziò il malan che Dio gli dia, e disse che saria vestito tutto quanto un dì da state, id est arebbe delle bastonate, da non so che brigate, che, per guarirlo del maligno bene, gli volean far un impiastro alle rene. Ma il matto da catene, pensando al paracimeno duale, non intese il pronostico fatale; e per modo un corniale misurò et un sorbo et un querciuolo, che parve stat'un anno al legnaiuolo. A me n'incresce solo che se Pierin Carnasecchi l'intende, no 'l terrà come prima uom da facende; e faransi leggende ch'a dì tanti di maggio l'Alcionio fu bastonato come santo Antonio. Io gli son testimonio: se da qui inanzi non muta natura, e' non gli sarà fatto più paura. |
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