SCENA
III
Carlo e
dette.
Carlo.
(entra adirato) Giuraddio! la non può andare come va! La non può andare!
Maria. Carlo!
Emilia. Che hai, figlio mio? che bestemmie son queste! se ti sentisse il
dottor Ferdinando!
Carlo.
Al diavolo il dottore e tutti i corvacci pari suoi! Se la va di questo passo
farò uno sproposito! Vi dico che farò uno sproposito!
Emilia.
Ma che c'è infine? che cosa è accaduto?
Carlo.
Che c'è? C'è che il nome di mio padre è strapazzato in piazza come quello di un
mascalzone!.. È accaduto... Non voglio dirvi che è accaduto. Ma giuraddio!...
(si frena guardando Emilia).
Maria.
Strapazzato come un mascalzone il babbo!
Carlo.
Sì! E questo per quel brutto ceffo del dottor Codini! Se mio padre vuol essere
deputato non c'è bisogno che quel signore vada strombettando che è lui che lo
mette innanzi, come se mio padre fosse un fantoccio!... E sapete che n'è venuto
da questo? N'è venuto che tutti quelli del paese che non tengono pel dottore
dicono che mio padre è il candidato del partito nero!
Emilia.
Che cos'è questo partito nero?
Carlo.
Il partito delle sottane nere e dei cappellacci a tricorno. Il partito dei
paolotti... Il partito del dottor Ferdinando, madre mia!
Emilia.
(con indignazione) Oh, Dio! che tempi! che tempi!
Carlo.
Mio padre infine è abbastanza ricco e abbastanza galantuomo per non essere
debitore a chicchessia della sua elezione. E con tutto questo, in grazia delle
mene nere di quel caro dottor Ferdinando, m'è toccato!... Corpo di!...
Emilia.
Un'altra bestemmia!
Carlo.
Lasciatemi stare, ché perdo la pazienza! (per uscire).
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