SCENA
VII
Prospero Montalti
e detti.
Prospero.
(entra leggendo un giornale; è preoccupato e di cattivo umore) Hum! hum!...
Codino! reazionario!... Oh! questo poi! (leggendo) «Il signor Montalti pare
abbia smarrito davvero il senno nelle mani tenebrose del partito pretino, ora
che si è lasciato persuadere a lasciare la sua buona cantina coi fiaschi di
Chianti e di Montepulciano per andare a raccogliere ben altri fiaschi nell'aula
dei Cinquecento» (riflette) Come c'entra nell'aula dei signori Cinquecento il
mio Montepulciano?...
Rodolfo.
(da sé) Che quintessenza d'onorevole
Prospero.
Fiaschi! io!... Oh! oh!... E dire che nel mondo ci son tanti invidiosi che se
ti veggono una medaglietta della grandezza di due centesimi ne ambiscono una
quanto un pezzo da cinque lire! Fiaschi!... Oh! oh!... Eccoti dunque,
Alberto!... Signor Zanotti, riverito!... Che mi dici di nuovo, Alberto? Sei
stato in piazza?
Alberto.
Sì.
Prospero.
Che si dice di me? Che si dice?
Alberto.
Si dicono tante cose.
Prospero.
Cioè, tante cose?
Alberto.
I tuoi nemici dicono... quello che puoi bene immaginare. I tuoi amici, coloro
che ti stimano ed hanno a cuore la tua riputazione, vorrebbero che non ti fossi
messo in questo ginepraio.
Prospero.
Sicché tra amici e nemici?
Alberto.
La tua candidatura è malissimo accolta.
Prospero. (sorpreso) Hum!... hum!... hum!... (guarda Alberto con malizia) E
tu, vecchietto, con chi saresti? Cogli amici o coi nemici?
Alberto.
La domanda è inutile se ti dico che amici e nemici disapprovano la tua
elezione!
Prospero.
Cioè... la disapprovi anche tu?
Alberto.
Pel primo.
Prospero.
(tossisce) Eh! eh! (seguitando a guardarlo con malizia battendogli sulla
pancia) Eh!... dimmi un po', vecchietto, ameresti anche tu la medaglia?... il
ciondolino?...
Alberto.
(sostenuto) Credi che io parli per invidia!
Prospero.
No! no!... non dico questo, io! No! Ma, lo sai bene... si veggono tante cose il
giorno delle elezioni!... Ho veduto amici che mi dissuadono... altri che mi
incoraggiano...
Alberto.
Quelli che ti dissuadono sono i vecchi amici, quelli che, come me, stimando l'onestà
dei tuoi sentimenti, hanno il rincrescimento di veder compromessa la tua
riputazione. Quelli che t'incoraggiano sono gli amici d'oggi, i falsi amici,
che si servono di te per strumento dei loro intrighi, delle loro mire; e che
quando ti avranno rovinato nella stima dei migliori tuoi concittadini ti
rideranno sul naso. In venti anni è questo il primo insulto che mi fai
credendomi invidioso; se non me ne offendo, ciò ti provi quanto mi stia a cuore
che io riesca a persuaderti.
Prospero.
Servire di strumento, io!... non sono poi tanto sciocco, mi pare!... Ho una
posizione... Vorresti anche tu che andassero in Parlamento tutti gli spiantati,
tutti i nullatenenti che non avendo un soldo da perdere ci rovinano con pesanti
ed ingiusti balzelli?... Io, per esempio, che ho in cantina più di cinquemila
bottiglie di Montepulciano che valgono tant'oro avrei mai fatto passare il
trattato commerciale con la Francia che mi danneggia con la concorrenza dei
vini di Bordeaux e di Champagne; e quell'altra del Dazio consumo!... Potrei mai
approvare la soppressione delle Corporazioni Religiose che mettendo in
circolazione gli immensi beni dei Corpi Morali farebbe scadere il prezzo della
proprietà... io che ho per centocinquanta ettari di vigne!...
Rodolfo.
(da sé) Si sente l'odore del Codini da una lega!
Alberto.
Amico mio, parliamoci sul serio. Da quando in qua ti occupi così furiosamente
di politica e di amministrazione?
Prospero.
Eh! sono i miei interessi, infine! Sono gli interessi del possidente!
Alberto.
Non lo nego. Ma innanzi a tutto tu sei onest'uomo?
Prospero.
Mi lusingo almeno di esser tale, per bacco!
Alberto.
Un buon imbottigliatore di vini?...
Rodolfo.
(da sé) Ombre di tutte le taverne della Toscana, ditelo voi!
Prospero.
(sorridendo con soddisfazione) Ho la medaglia pel Montepulciano del 1815 che
mandai all'ultima esposizione; son membro della società enologica!...
Rodolfo.
Senza contare i numerosi attestati rilasciati gratis dai dilettanti.
Alberto.
Ora se tu, membro della società enologica e premiato della medaglia, vedessi un
legale, un architetto, verbigrazia, volerti dare consigli sul modo
d'imbottigliare il tuo vino, ti metteresti a ridere, senza dubbio?
Prospero.
(ridendo) Eh! eh! eh! per bacco!... Se ne rido solo a pensarci!..
Alberto.
Ma se fosse uno dei tuoi socii di vinicoltura, se fosse anche il tuo castaldo
che ti desse un consiglio, tu l'ascolteresti per lo meno?
Prospero.
Ad orecchie spalancate.
Alberto.
Ebbene! Tu al Parlamento, sebbene possidente, sebbene onest'uomo, saresti il
legale che venisse a consigliarti sulle tue vigne, mentre il nullatenente, come
tu dici, lo spiantato, che avesse onestà, studii adatti ed impegno, sarebbe il
castaldo, il socio di vinicoltura.
Prospero.
(tossisce prendendo tabacco) Eh!... eh!... Non dico!... Non nego!... Ma io
poi!...
Alberto.
Questo in tesi generale. In quanto a te, poi, specialmente, c'è altro...
Prospero.
Altro! che ci può essere?...
Alberto.
Ecco. Se il causidico o l'ingegnere, venendo a darti consigli falsi, fossero
mandati sottomano da chi ha interesse di guastare il tuo vino, di rovinarti,
tu, onest'uomo, anche conoscendo per galantuomo l'ingegnere o il legale, non
grideresti che la non sarebbe un'azione onesta?
Prospero.
Dì pure una bricconata addirittura!
Alberto.
(stendendogli la mano) Credi che io ti parli senza secondi fini e solo pel tuo
onore?
Prospero.
(turbato) Sì, sì, lo credo.
Alberto.
Che ti parli senza interessi di parte; ma per te soltanto e pel nostro paese?
Prospero.
Sei un galantuomo, per bacco!
Alberto.
Grazie di questa parola; poiché io stimato tale da te posso dirti: Prospero, tu
onest'uomo rischi di fare un'azione inonesta; tu rischi di parer malvagio
facendoti strumento di chi ha interesse, mandandoti alla Camera,
d'ingarbugliare la matassa e di rovinare il paese.
Prospero.
(confuso) Alberto... amico mio, ti confesso che tu mi sconcerti... Io non so
come, accettando il mandato del mio paese, possa mettermi a questo rischio...
Alberto.
Se fosse il paese che ti mettesse avanti il torto sarebbe mio a dissuadertene.
Ma tu non servi che agli intrighi di un partito, dei retrogradi e dei paolotti,
di cui il campione è quel Ferdinando Codini.
Rodolfo.
Ch'è un codino di primo rango!
Carlo.
Maledetto chi ce lo mise fra i piedi la prima volta!
Prospero.
Ma il dottor Ferdinando gode la stima...
Alberto.
Di quelli che ti accerchiano al presente per non darti il tempo di ascoltare i
consigli sinceri dei tuoi veri amici. Ma la maggioranza del paese, intendo la
maggioranza degli onesti e degli illuminati, è contro la tua candidatura.
Prospero.
Credevo soltanto che qualche invidioso...
Alberto.
Gli invidiosi ci sono. Ma non ti parlo di quelli.
Rodolfo.
E quelli che attaccarono baruffa stamane con Carlo non potevano essere tutti
invidiosi.
Prospero.
Baruffa con Carlo!... Cos'è? che dite?... E tu, giovanotto, non mi dici proprio
nulla?...
Carlo.
(stizzoso) Che bisogno ne ho finché c'è Rodolfo!
Rodolfo.
Non vedi che lo faccio per ribadire il chiodo e cercare di persuadere tuo padre
che di lui deputato non vogliono saperne?!
Prospero.
(sempreppiù sorpreso) A questo punto!... (a Rodolfo) Avranno gridato?...
Rodolfo.
E che gridare! Robaccia da...
Prospero.
Basta! basta! ché non ne voglio saper più nulla.
Alberto.
E fai bene. Da noi sarai sempre l'illustrissimo signor Prospero, che tutti
rispettano, a cui tutti fanno di cappello; mentre laggiù nessuno penserebbe a
te, sebbene deputato. Una buona scorsa fra i filari dei tuoi gelsi e delle tue
viti colla tua famiglia, o una partita di tresette accanto al fuoco ti daranno
maggiore piacere di quanto ne potresti avere andando ad addormentarti su di una
poltrona nella sala del Palazzo Vecchio.
Prospero.
Non ne voglio sapere! Non ne voglio sapere!... A questo punto? Sparlare di
me!... Baruffe!... Non ne voglio sapere... Emilia, Emilia! (chiamando)
Rodolfo.
Ora sì che viene il buono!
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