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Giovanni Verga
I nuovi tartufi

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  • ATTO PRIMO   Salotto in casa Montalti; uscio in fondo e due laterali. A destra un canapé; accanto un tavolino da lavoro. A sinistra una tavola da the.
    • SCENA IX   Dottor Ferdinando e detti
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SCENA IX

 

Dottor Ferdinando e detti

 

Ferdinando. Vittoria! vittoria! Gloria in excelsis!

Alberto. (da sé) Povero Montalti!

Emilia. (trionfante) Eh! eh! signor Ferdinando, lo siamo?! lo siamo?!

Ferdinando. (asciugandosi il sudore) Lo siamo! mia egregia signora, ad maiorem gloriam Dei!

Rodolfo. Amen!

Maria. (battendo le mani) Oh Dio! che piacere!... Lo siamo!... partiremo!

Carlo. (titubante) Infine, se babbo è riuscito...

Prospero. (che è rimasto confuso ed interdetto senza poter fiutare il tabacco che si tiene fra le dita) Ma... ma... ma io... Ero per dire... Volevo dire...

Ferdinando. (abbracciandolo con ipocrisia) Che cosa? mio illustre ed onorevole deputato... Gedeone moderno della Chiesa... che cosa?

Alberto. (risoluto) Il mio amico Prospero intende dire che poco fa ha deciso assolutamente di rinunziare al mandato dei suoi elettori.

Emilia. (mormorando con dispetto) Dai nemici mi guardi Iddio, che di simili amici mi guardo io!

Maria. (sottovoce a Varesi) Andate che non vi voglio più bene! Siete congiurato con quelli che c'invidierebbero se ci vedessero partire!

Ferdinando. (con risolino ipocrita) Che dice, egregia signora?... Che dice quel caro nostro signor Varesi?... Avrò frainteso?

Prospero. (spinto da Alberto) Eh! ehm! (tossisce)... No!... non ha frainteso... Ci rinunzio! ci rinunzio!... Abrenuncio satana!...

Rodolfo. (da sé) Che magnifica frase è scappata di bocca a quel povero Montalti.

Emilia. Non sapete quel che vi dite!...

Prospero. Eh! lo so benissimo, per bacco!... per baccone!... Non voglio che si parli dei fatti miei!... Non voglio che si cerchi lite a mio figlio... Sono un galantuomo; non sono uno sciocco!... Non voglio esser mica il burattino d'alcuno!...

Ferdinando. (battendogli sulla spalla con ipocrisia) Caro quel nostro signor Prospero! (prendendo la mano di Alberto) Mio caro signor Varesi, abbia la bontà di spiegarmi come va questa faccenda...

Alberto. (ritirando la mano) È semplicissimo: Prospero ha la modestia di non conoscersi senno e studi sufficienti per andare alla Camera a propugnare gli interessi dei suoi elettori, e discutere sulle gravi quistioni della Nazione. Una sola cosa avrebbe potuto confortarlo in tale sfiducia, qualora tutto il paese fosse stato unanime nell'eliggerlo...

Ferdinando. Tutto il paese è stato unanime!... E bisognava vedere...

Rodolfo. L'accordo lodevole con cui si scambiavano botte da orbi, poco fa, i popolani che avversavano la candidatura del signor Prospero e i frati che la sostenevano!

Alberto. Se il paese fosse stato unanime...

Prospero. Sicuro, se fosse stato unanime...

Ferdinando. Sicché rifiutate assolutamente?

Prospero. (spinto da Alberto) Assolutissimamente.

Emilia. Impossibile! Cangerà! oh! cangerà!

Prospero. (in collera) Cangerò, eh!?... Ti farò vedere che non cangerò!... Sono una rocca di granito!...

Alberto. Bravo!

Rodolfo. (da sé) Per chi ci crede.

Ferdinando. Ma io precedo una deputazione di elettori che vengono a congratularsi...

Prospero. Che congratulazioni d'Egitto!... Che c'è?... che c'è?... La deputazione!...

Rodolfo. (da sé) Cambiazione a vista!

Ferdinando. Eccola (verso la porta in fondo) Avanti, amici, avanti!

Alberto. (da sé) È finita: non ho più nulla a far qui (via dal fondo).

 

 




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