SCENA
II
Ferdinando e Giorgio
indi Maria di dentro
Giorgio.
Che imbecille!
Ferdinando.
Anche costui può essere utile, signor marchesino, quando c'è la volontà divina.
Giorgio.
Al contrario. Non so persuadermi come possiate servirvi di uno stupido di
quella fatta.
Ferdinando.
Eppure vedete che abbiamo saputo quello che volevamo sapere.
Giorgio.
In famiglia c'è del malumore! oh, c'è! Quel Carlo ci seconda ch'è un amore a
vederlo fare!
Ferdinando.
Da quanto in qua non avete veduto la contessa?
Giorgio.
Da ieri l'altro.
Ferdinando.
Le avete detto di far ricapitare come per isbaglio la lettera al padre, onde
esser sicura di venirle pagate quelle noterelle?
Giorgio.
Gliel'ho scritto.
Ferdinando.
(vivamente) Imprudente!
Giorgio.
Perche?
Ferdinando.
Scrivere!... Una lettera che vi potrà compromettere!...
Giorgio.
Voi non m'avete suggerito quell'idea che a pranzo. La sera avevo un
appuntamento colla Norina al quale non avrei mancato per tutto l'oro del mondo;
quindi credetti salvare la capra e i cavoli andando dalla Norina e scrivendo
alla Giulia... del resto non ho alcun timore; la contessa è tutta mia e non
sarebbe mai capace... Ma giacché mi ci fate pensare, uno di questi giorni
anderò a domandargliela per distruggerla.
Ferdinando.
Non lo dimenticate. E Carlo è ancora innamorato?
Giorgio.
Più che mai.
Ferdinando.
(fregandosi le mani) Va bene! va benissimo! (ravvedendosi con ipocrisia) Sia
fatta la volontà del Signore!
Giorgio.
(ridendo ironico) Che per voi deve essere la cosa più comoda di questo mondo.
Ferdinando.
Giorgio!...
Giorgio.
Oh! guardiamoci in faccia, signor Codini... Mi fate il torto di credere che
possiate illudere anche me colle vostre ipocrisie? O in voi l'ipocrisia è già
fatta natura?
Ferdinando.
(spaventato) Silenzio! per l'amor di Dio!... Imprudente!
Giorgio.
Non c'è imprudente che tenga! se trovo il mio conto a fare il collotorto come
voi, mi riserbo poi la libertà di ridere dei brutti visucci che facciamo
entrambi. Voglio potervi dire: Maestro, io sono un cattivo soggetto, ma voi
siete un furbo matricolato!
Ferdinando.
(alza con compunzione le mani e gli occhi al cielo).
Giorgio.
Tempo perduto, mio caro; ci conosciamo. Io, marchese di S. Giocondo,
completamente rovinato (in parentesi) pel gioco e le donne, fo al caso vostro,
villano rifatto che volete farvi avanti. M'avete detto: Innamorate la signorina
Montalti; sposatela, ed io vi aiuterò. Voi diverrete il sostegno del nostro
partito, e col vostro nome, il vostro ingegno (bontà vostra, veh!) ed il denaro
che vi verrà dalla dote sarete in grado di renderci servigi più importanti di
quelli che possa renderci un deputato imbecille come il Montalti. Voi siete
giovane, risoluto, audace; avete bisogno di una posizione, è perciò che avete
abbracciato il nostro partito; noi ve la faremo a patto che voi ci sosteniate
alla vostra volta, io mi contenterò di un terzo della dote per senseria.
Contratto fatto.
Ferdinando.
Tutto pel servigio di Dio e pel meglio della sua Chiesa, marchesino!
Giorgio.
Giuraddio ch'è troppo sfrontataggine!
(Maria dall'interno)
Maria.
Giorgio, siete lì?
Giorgio.
Sì, mia cara Maria, impaziente di vedervi e...
Maria.
E... ditelo pure.
Giorgio.
E di adorarvi davvicino (facendo boccaccia; a Ferdinando sottovoce) Va bene
così?
Ferdinando.
(Gli fa cenno di non compromettersi).
Maria.
Non vi credo.
Giorgio.
Cattiva! Non sapete che ardo del desiderio di provarvelo?
Maria.
Finisco la mia toletta e vengo subito a leggervi negli occhi se mentite.
Giorgio.
Vi leggerete ch'io sono pazzo per voi.
Maria.
Se fosse vero! È un pezzo che siete lì?
Giorgio.
Dacché voi non ci siete mi pare un secolo.
Maria.
Se avete aspettato un secolo mi accorderete altri cinque minuti.
Giorgio.
Pensate che sono eterni per me (facendo boccaccia derisoria).
Ferdinando.
Giovanotto! giovanotto! Prudenza! prudenza!
Giorgio.
Eh! signore, la Maria è cotta d'amore per me.
Ferdinando.
Non bisogna mai troppo fidarsi...
Giorgio.
(con millanteria) Se mi fido ne avrò le mie buone ragioni. Maria va pazza per
me; sono il beniamino della madre; il migliore amico di Carlo... che in capo a
poche settimane ho reso (sic) la pratica di tutte le case equivoche, di
tutte le taverne della capitale, e che ho presentato a quel demonietto della
contessa. Il merlotto ama la vita allegra, e in poco tempo ne ho fatto un
discolo, in fede mia, sufficientemente discreto; e per giunta l'ho messo in urto
col padre. Le cose non possono essere meglio avviate, mi pare!
Ferdinando.
Sino a questo punto sì; ma domani, tutt'a un tratto, può sorgere qualche cosa
di nuovo, un caso inaspettato, ed ecco rovinate le miglior previsioni, la
combinazione meglio fondata e pazientemente condotta, il vostro matrimonio
colla Maria e...
Giorgio.
E la diseredazione di Carlo prima di tutto; badateci; io non scendo a patti di
sorta. Se mi adatto a far la corte alla vecchia, e sposare Maria è perché io
sia il solo erede delle ricchezze di Montalti.
Ferdinando.
La diseredazione non è più ammessa che in rarissimi casi... Ma ci penseremo...
ci abbiamo pensato, giovanotto... Una donazione pel disponibile... atti di
vendita abilmente simulati... Prima di tutto bisogna metter Carlo in urto con
tutta la sua famiglia... col padre specialmente, poiché della madre faccio
quello che voglio; egli ci arriverà colla condotta che mena... Se riesce il
colpo che abbiamo combinato stasera...
Giorgio.
Ma se ancora non abbiamo ottenuto nulla di positivo?... ed intanto le nozze si
faranno prestissimo...
Ferdinando.
Non temete, non temete; sino ad ora si è lavorato alla larga; ora verremo
all'assalto e vi prometto che otterremo ogni cosa.
Giorgio.
Tutto pel miglior servigio di Dio, eh!?
Ferdinando.
(ipocritamente) L'uomo può fallare; ma l'intenzione...
Giorgio.
L'inferno è lastricato di buone intenzioni, mio caro!
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