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Giovanni Verga
I nuovi tartufi

IntraText CT - Lettura del testo

  • ATTO TERZO   Salottino in casa della Contessa di Roccabruna. A destra uno specchio; un po' indietro un divano. A sinistra un tavolino con l'occorrente per scrivere. Poltroncine, ecc.
    • SCENA V   Giulia indi Alberto.
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SCENA V

 

Giulia indi Alberto.

 

Giulia. Rovinarmi?... Non è tanto facile poi!

Alberto. (salutando) La signora contessa di Roccabruna?...

Giulia. Io stessa, signore. (indicandogli una poltroncina).

Alberto. Vengo a chiederle un gran favore, signora... e forse un sagrifizio.

Giulia. Mi crederei molto fortunata se...

Alberto. Ella può rendere un gran servigio non a me solo ma ad una intiera famiglia.

Giulia. Io?!...

Alberto. Sì: la famiglia Montalti.

Giulia. Mille scuse, signore; ma sul biglietto mi pare d'aver letto: per affari importantissimi.

Alberto. E non le pare un affare abbastanza importante quello di rendere la felicità ad una famiglia che l'ha perduta per suo mezzo?

Giulia. Signore!...

Alberto. Ho detto per suo mezzo e non per cagion sua.

Giulia. Mi permetta di farle osservare, signore, che per quanto sia interessante l'argomento della conversazione, essendomi completamente estraneo...

Alberto. Forse molto meno di quanto ella voglia farmi credere.

Giulia. Signore!...

Alberto. Carlo Montalti poco fa era qui!

Giulia. (alzandosi) Se questo era l'affare importante che mi procurava l'onore della sua visita poteva ben risparmiarsene l'incomodo...

Alberto. Non si alteri, signora contessa. Son preparato a tutte le fasi che potrebbe subire la nostra conversazione, e quella della sua collera non vi era dimenticata. Siccome però m'interessa assai il colloquio che teniamo, così mi permetterà, spero, che non mi sgomenti e non disanimi prima che abbia la fortuna di convincerla. Signora, Carlo Montalti poco fa usciva da questa casa: egli è suo amante!

Giulia. Se preferisce invece che sia io forzata a ritirarmi!... in casa!... (facendo un passo per uscire).

Alberto. (senza scomporsi) Io la costringerò ad ascoltarmi, signora, con una sola parola: Carlo è perduto; quanto prima sarà disonorato!

Giulia. Siccome le ho detto che ciò non mi riguarda...

Alberto. (freddamente) Una sola domanda, signora: ella ama Carlo?

Giulia. Io?...

Alberto. Ella ha almeno interesse per lui? Veda che domando il meno. Tutto quello che ho a dirle dipende dalla sua risposta.

Giulia. (con impazienza) E se l'amassi, signore?

Alberto. S'ella lo amasse io le direi che il suo amore gli è fatale come una maledizione!... Che come oggi gli ha fatto perdere la famiglia, domani gli farà perdere l'onore!

Giulia. E se non?...

Alberto. Se non lo amasse le direi: Signora, ella è troppo giovane e troppo bella per essere cattiva soltanto pel piacere di esserlo. Il suo capriccio per quel giovane somiglia molto ad una malvagità.

Giulia. Signore!...

Alberto. Poiché rovinandolo non ha nemmeno per scusa la passione.

Giulia. Signore, al modo (devo dirlo) un po' troppo franco ch'ella si permette con me si direbbe che abbia sul conto mio idee...

Alberto. Esattissime, signora contessa, ne stia sicura. Prima di decidermi al passo che ho fatto, per bilanciare tutte le eventualità possibili, ho dovuto partire da un punto noto, come si dice nelle metafisiche: ed il punto noto pel caso mio si è la perfetta conoscenza della persona con cui ho da fare.

Giulia. Perfetta?

Alberto. Perfettissima!

Giulia. E se si fosse ingannato?

Alberto. M'inganno assai di rado, signora.

Giulia. Questa potrebbe essere una delle rade volte... Anzi, se credo poco a questa sua infallibilità è per la prova che ne ho in questo momento.

Alberto. Una prova?

Giulia. Brillantissima. Ella venendo in casa mia, con un motivo lodevole al certo ma che non entra nelle mie vedute di discutere, fissandosi il suo piano, com'ella ha detto, esaminando tutte le probabilità, ha basato i suoi disegni su di una donna (di condizione più o meno elevata) per rimuovere la quale sarebbe bastata una parola, una lagrima o una minaccia... Ecco adunque che ella si è ingannata, e che trovando invece la donna che ride ugualmente alle sue minacce e alle sue lagrime ha fatto, come suol dirsi, i conti senza l'oste. Può ben vedere che se entro in materia con questa calma è perché son sicura.

Alberto. Io non ho contato né sulle lagrime, né avrei osato le minacce... Io cercherò soltanto di persuaderla.

Giulia. Chi lo sa?... Ci saremmo arrivati fra poco... Il discorso era già incamminato su famiglie desolate... Ma non ci pensiamo; supponiamo invece che ella si sia limitata al ragionamento calmo, che meglio sarebbe convenuto a due persone di spirito e di mondo come noi siamo. Ella avrebbe dovuto immaginare due casi prima di darsi la pena della sua visita; due casi ch'ella ha previsto, ma da un punto di vista differente.

Alberto. Io?

Giulia. Sì: o che io amassi Carlo, ed in tal caso il passo ch'ella fa presso di me, oltre ad essere sconveniente, sarebbe anche inutile, o che io non l'amassi e mi si dovrebbe supporre un interesse qualunque, più o meno grave, lo confesso, ma che pure ella avrebbe dovuto tenere in qualche conto.

Alberto. È di questo interesse che vengo a parlarle, signora. Ecco dunque ch'io l'avevo previsto.

Giulia. Davvero?!... Come mai non me ne sono accorta prima?!... Sarei curiosa di conoscerlo.

Alberto. Gli è molto semplice. Carlo è senza un soldo.

Giulia. Lo so.

Alberto. E domani sarà privato di tutto il suo patrimonio.

Giulia. Probabilmente.

Alberto. Ecco dunque ch'ella non ha più che farsi di lui.

Giulia. Chi lo sa?

Alberto. A meno che non volesse una capanna e il suo cuore (ironico).

Giulia. E se lo volessi?

Alberto. Lei!

Giulia. Io! Sì!

Alberto. Lei!... Non ha mai fatto simili sciocchezze!

Giulia. Potrei farle però.

Alberto. Ciò proverebbe un'altra cosa.

Giulia. Che?

Alberto. L'interesse per perdere quel disgraziato.

Giulia. Forse.

Alberto. E siccome quest'interesse non può esserle esclusivo...

Giulia. Potrei avere cointeressati.

Alberto. Oh! Ma la sarebbe un'azione tenebrosa ed infame, quella!

Giulia. Le pare?

Alberto. (resta colpito. Indi, dopo un momento di riflessione con secondo fine) È forse un regalo di Carlo questo? (indicando il braccialetto di Giulia).

Giulia. Oh, non si rovinerà per regali Carlo!... Ne stia sicuro!

Alberto. Vediamo, quale sarebbe il suo valore?

Giulia. Lo domandi al suo Montalti che mi rifiutò una simile miseria.

Alberto. Ha avuto torto. Per esempio, questo varrebbe bene una informazione.

Giulia. È forse troppo o troppo poco.

Alberto. È troppo, poiché non sarebbe che di sapere come Carlo fece la sua conoscenza.

Giulia. (con cinismo) Tutto questo?... Oh! ma allora lei è generoso per quanto babbo Montalti, che lo manda, è spilorcio! È semplicissimo: lo conobbi in casa di una certa persona, ch'ella conoscerà se ha a menadito il calendario di tutte le celebrità... Una tale Norina... ove il giovane mi fu presentato come un provinciale che conveniva dirozzare.

Alberto. Presentato da chi?

Giulia. Oh, ecco che dal troppo passiamo al troppo poco!

Alberto. Ci passo così facilmente come potrei passare da un braccialetto di 600 lire ad una broche di 1000.

Giulia. In mia! Se lo fa con tanta disinvoltura non voglio restarle addietro, e il marchesino di S. Giocondo che me lo presentò sarà mortificato di vedersi prevenuto in questo regaluccio che mi fa aspettare da un pezzo.

Alberto. (battendosi la fronte) Ah! lui! non mi ero ingannato dunque?!

Giulia. Che dice?...

Alberto. Nulla!... Grazie! Ho nelle mani un filo che strapperà molte maschere!... (vedendo uscire Ferdinando dalla sinistra) Quella prima delle altre.

 

 




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