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Giovanni Verga
I nuovi tartufi

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APPENDICE

 

 

Carattere dei Personaggi e Due atti sceneggiati

 

I NUOVI TARTUFI

commedia in 4 atti

 

(14 dicembre 1865)

(2 atti sceneggiati)

 

Carattere dei Personaggi

 

1. Prospero Montalti.

È un ricco provinciale: dotato di pochi studii; ma di cuore retto; non è privo di un certo acume di mente, che spesso gli fa discernere il vero dal falso. È un po' vanoglioso (sic), come colui che colla sua industria ha accumulato un ricco patrimonio. In politica non è né carnepesce: è carta bianca, pronto a ricevere i primi caratteri, qualunque sia la mano che li verghi. Divenuto clericale segue la bandiera dei bigotti perché spinto da Ferdinando, e perché cerca trovare nell'aringo politico un po' di fumo da appagare la sua piccola vanagloria di ricco proprietario, di esperto coltivatore di vigneti e di valente imbottigliatore di vini squisiti. Clericale, egli non perse l'onestà: dinanzi alle prevenzioni dei suoi correligionari egli si smarrisce: qualche volta Ferdinando corre in suo aiuto, e lo puntella. È una buona pasta d'uomo, ma nelle mani dei clericali diventa uno istrumento di reazione.

2. Il Dottor (Don) Ferdinando Codini (Cappelli, Fennelli, Foresti).

È il protagonista della Commedia. È il tipo del clericale: melato, bigotto, tutto degli amici - in fondo poi è un'anima più nera di quella di Giuda. Ha sempre sulla bocca religione, morale, devozione. Non conosce individii (sic), né doveri, né diritti di famiglia, di popoli, di società: l'uomo e il mondo sono schiavi di Dio, e per questo la Chiesa rappresenta [...] dal Papa. La civiltà e tutti i suoi beneficii sono portati del demonio.

3. Enrico Montalti, figlio di Prospero.

Buon ragazzo in provincia, benché un po' spiritoso: a Firenze, caduto nei tranelli della setta clericale, diventa libertino, ubbriaco, rissoso.

4. Emilia, moglie di Prospero.

Tipo della madre provinciale: è la donna che non conosce più in di quanto gli ha infinocchiato il prete a cui crede ciecamente per paura dell'inferno. Ha buon cuore, ma traviato dal confessore. Essa non parla, non pensa, non agisce che per ispirazione di don Ferdinando: è un burattino nelle mani di questo.

5. Ernestina, figlia di Prospero.

Buona fanciulla, ma a cui lo splendore delle feste e della moda di Firenze fanno traviare il cuore. Offre la mano a Giorgio perché vede nel matrimonio il soddisfacimento del suo desiderio per la vita rumorosa della città.

6. Giorgio di San Giocondo (Eufemia).

È un birbo - nasconde la furfanteria sotto ipocrite sembianze. È il satellite di Don Ferdinando. È grazioso, melato, amante con Ernestina come è intrigante, facinoroso, cinico nel preparare la ruina di Enrico.

7. Alberto Varese (Alberti).

Persona onesta, di mezza età: è amico di Prospero: le sciocchezze di questo cerca di moderare: finalmente, spinto dall'amicizia, smaschera i Clericali. È il tipo del galantuomo. In politica è imparziale: egli è anzitutto onesto.

8. Giulia sedicente Contessa di Monterosso (Montedoro).

Tipo della cortigiana.

 

 

ATTO

 

In Provincia

 

Scena la

 

Emilia, Ernestina e il dottor Ferdinando.

 

Il dottor Ferdinando approva il carattere della madre d'Ernestina, Emilia. Dice a lei essere il tipo della madre e della sposa cristiana. Grazie a lei il marito ha accettato la candidatura del collegio: fra pochi istanti si avrà l'esito della votazione, che il dottor Ferdinando spera favorevole alla religione: il discorso di inizio pieno di reazione quanto un quaresimale: non parla che di doveri verso Iddio, la Chiesa: a sentirlo ti parrebbe un fac-simile di santo. Ernestina, nel caso d'una elezione favorevole al padre, accenna ai divertimenti di Firenze, della capitale: il dottor Ferdinando accenna sempre con tuono ipocrita i vizii, gli errori delle grandi città: ma col timor di Dio, della Chiesa, del Papa ecc. ecc. e scegliendo una società onesta - cioè clericale - s'evitano tutti i pericoli - il dottor Ferdinando saluta e va fuori per sapere l'esito della votazione; o meglio per metter nuovo fuoco addosso ai clericali e con un partito disperato condurli tutti all'urna e fare trionfare il candidato bigotto.

 

 

Scena 2a e 3a

 

Emilia ed Ernestina, indi Enrico.

 

Breve dialogo fra madre e figlia, in cui si veda l'ascendente che esercita Ferdinando sulla madre, che giura, come suol dirsi, in verba magistri. Ernestina non subisce praticamente l'influsso codino; ma all'idea di andare a Firenze approva quanto dice Ferdinando.

 

 

Scena 3a

 

Enrico entra tutto scarmigliato e agitato. Egli ha sentito alcuni gruppi di popolani gridare contro la candidatura del proprio padre. Ha fatto baruffa contro i popolani democratici: fortuna per lui che passava una processione di frati con croce alla testa; i frati, partigiani dei clericali, presero a colpi di torce e di croce i popolani che fuggirono.

N.B. Questa narrazione starebbe meglio in bocca del brillante, amico di Enrico: il brillante è un cuore retto: s'infischia di politica, di clericali, di tutto: il suo Dio non è che il buonumore.

Enrico è un buon ragazzo: non parteggia né per gli uni né per gli altri: ma vedendo il nome del padre sin'allora onorato fatto preda d'insulti, si adira: in lui, alle ragioni politiche, prevale l'amor filiale.

 

 

Scena 4a

 

Il signor Alberto Varese.

 

Egli viene per dissuadere la famiglia di Prospero di buttarsi nella politica: rammenta alla madre ed alla figlia le gioie, i puri piaceri goduti sin'allora in provincia: fa un quadro fosco dell'avvenire. Madre e figlia non vi credono, poiché il Sig. Ferdinando, a cui credono e per cui giurano, l'assicura altrimenti.

Alberto le compiange per la loro cecità: e si mette non poco in sospetto dell'amicizia un po' esagerata di Ferdinando. Madre e figlia, stizzite dei consigli dati da Alberto, si licenziano e si ritirano lasciandolo solo.

 

 

Scena 5a

 

Alberto, Enrico, Carlo (brillante)

 

Alberto è dispiaciuto del ritiro di Emilia, di Ernestina. Dice ad Enrico che le sue osservazioni erano d'amico: Enrico, benché il pensiero della capitale lo stuzzichi, non esita a riconoscere la bontà delle osservazioni di Alberto. Manifesta ad Alberto le sue speranze, tutte fondate sull'andata a Firenze: Carlo ed Enrico s'abbandonano ingenuamente a siffatti lieti proponimenti. Alberto soffre vedendo un giovine di buon cuore qual'è Enrico, invaso dalla malattia di famiglia, cioè lo andare a sfoggiare abiti a Firenze.

 

 

Scena 6a

 

Il Sig. Prospero.

 

Egli entra leggendo un giornale: è pensieroso; a quando a quando legge qualche rigo di politica e di ingiuria contro di lui candidato clericale. Egli è tanto accorato che nemmeno s'accorge degli amici e del figlio. Alberto s'avvede della causa del malumore dell'amico, e con dolce rimprovero gli rammenta la pace goduta insieme alla sua famiglia prima di mettersi in capo il brutto pensiero di rappresentare il paese. Che ne ha avuto? Ingiurie, rimproveri: la pace non esiste più nella famiglia. Al Sig. Prospero che è buono, ma un po' vanaglorioso, dispiace il confessare i suoi torti. Pure infine cede all'amicizia d'Alberto, e dichiara di rinunciare ai suoi pensieri di rappresentanza. Fa chiamare la moglie e la figlia.

 

 

Scena 7a

 

Madre e figlia e detti.

 

Prospero annunzia la presa risoluzione. Maraviglia in Emilia e in Ernestina. Nella prima, perché così Prospero si ribella all'autorità di Ferdinando, nella seconda perché non può gioire dei piaceri che le promette Firenze. Alberto appoggia la risoluzione di Prospero, che con questo aiuto giunge a trionfare delle sue donne. Dispiacere di queste che si rassegnano brontolando e mormorando contro Alberto e Prospero.

 

 

Scena 8a

 

Il dottor Ferdinando capita come una bomba. Egli porta l'annunzio della elezione di Prospero. Questi, alla nuova e al linguaggio esaltato del dottore, ritorna all'antico pensiero di andare a Firenze. Gioia di Emilia e di Ernestina. Emilia, la moglie, dice a Prospero che così diventa il sostenitore dell'altare e del Papato. Alberto compiange la cecità dell'amico e gettando una parola di disprezzo al dottore, esce.

 

 

Scena 9a

 

Un servo annunzia arrivo d'una commissione d'elettori clericali. È introdotta. Prospero recita un'allocuzione in senso clericale, ma onesta e moderata. Gli elettori lo interrompono con domande esagerate e pazze. Prospero si confonde dinanzi a tanta malvagità, ma Ferdinando si mette in mezzo, chiarisce e interpreta a suo modo le parole elastiche di Prospero, e gli elettori restano contenti del loro deputato, a cui mandano parecchi Evviva!

 

Fine del atto

 

 

ATTO ... a Firenze

 

 

S c e n a 1a. Casa di Prospero.

 

Ferdinando e Giorgio di San Giocondo.

 

San Giocondo fa le sue congratulazioni a Ferdinando per l'abilità con che ha condotto l'affare della famiglia del Sig. Prospero. Dal discorso di Giorgio e di Ferdinando risulta: Che scopo della elezione di Prospero sostenuta a tutta oltranza in provincia da Ferdinando è quello di condurre a Firenze la famiglia di Prospero. Venuta a Firenze cercare di fare un matrimonio fra Ernestina, ricca, con Giorgio, satellite dei clericali, d'ingegno acuto, sottile, ma povero. La dote della moglie darebbe a Giorgio una importanza maggiore nel mondo politico. Onde tutti i beni del Sig. Prospero andassero per mezzo di Ernestina a Giorgio si cerca e si trova il mezzo di rendere odioso Enrico al padre, il quale in vista della condotta del figlio lo diserederebbe. I due clericali riuscirono in parte nel loro intento, poiché Giorgio divenuto amico di Enrico l'ha presentato a Giulia di Monterosso falsa contessa, per la quale Enrico ha di già fatto e farà ancora mille pazzie di guisa che Giorgio e Ferdinando sono sicuri che Prospero caccerà di casa il figlio.

Durante il suddetto dialogo Ferdinando mostrerà un carattere ipocrita; tutte le furfanterie che egli fa, sono cose oneste, poiché tutto ei fa pel trionfo della religione conculcata dai liberali. Però questa religione in lui non è che ostentazione, in fondo non è che un birbo. Egli ripete la massima gesuitica: il fine giustifica i mezzi. Giorgio è cinico, egli è clericale, ma confessa ch'è tale, poiché spera di salire alto e di fare un buon matrimonio.

 

 

Scena 2a

 

N.B. Aprirei il atto con una scena tra Ferdinando e due camerieri di Prospero.

Ferdinando li ha comprati e si fa riferire minutamente quanto succede in casa: dai camerieri apprende che Emilia sostiene il debole Prospero che di quando in quando alla vista delle scene sgregolate del figlio si pente della sua venuta a Firenze. Emilia, la moglie, che subisce l'influenza di Ferdinando, incoraggia il marito a restare a Firenze onde difendere il temporale, i conventi contro le rapine e le violenze d'un potere usurpatore, tirannico ecc. ecc.

Ferdinando paga i camerieri e resta soddisfatto delle notizie ricevute: egli sa di certo che per mezzo d'Emilia il Sig. Prospero non lascerà Firenze, e così potere attuare i suoi disegni clericali e furfanti. In questo entrerebbe Giorgio, che viene a far visita a Prospero e intavolerebbe il dialogo che sta sopra: si suppone che la famiglia di Prospero è fuori di casa.

 

 

Scena 3a

 

Entrano Emilia ed Ernestina. Dialogo con Ferdinando e Giorgio. Questi esprime il suo amore per Ernestina. Emilia vede di buon occhio questo amore e lo dichiara a Ferdinando il quale non può che approvare. Ferdinando parla d'una soscrizione per l'obolo di San Pietro e invita la moglie di Prospero a soscrivere: indi parla d'una pia Associazione di fanciulle oneste e propone presidentessa Emilia, vicepresidentessa Ernestina.

 

 

Scena 4a

 

Entra Prospero, è stanco, oppresso, adirato. Nel Parlamento ha fatto un discorso intorno al temporale. Ha chiamato usurpatori i liberali ecc. ecc. Rumori nella Camera: urli e fischi nelle tribune pubbliche; il povero Prospero si perde d'animo, e s'ingarbuglia; crede di parlare del temporale e parla di vini e di ulive, sicché i rumori e i fischi aumentano. Egli è stanco della vita di deputato, ove non ha incontrato che seccature. Ferdinando incoraggia Prospero - indi insieme a Giorgio s'allontanano. Emilia ed Ernestina entrano nelle loro stanze - Prospero rimane solo.

 

 

Scena 5a

 

Un cameriere porta lettere e giornali. Prospero apre le lettere: sono d'elettori che domandano impieghi, favori, promozioni, croci (quello che domanda la croce è il più modesto, poiché non cerca che fumo). Gli elettori rammentano che hanno dato il voto a lui favorevole. Prospero si corruccia, si adira, seccato da tante domande. Apre i giornali e legge un articoletto violento contro di lui. Un giornale di caricature lo dipinge da chiericotto con turibolo in mano che serve la messa. Il povero Prospero è disperato: rimpiange il suo paese, dove per tutti non era che l'illustrissimo Sig. Prospero, mentre a Firenze è chiamato clericale, protettore dei briganti, lui che ha paura d'una goccia di sangue.

 

 

Scena 6a

 

Enrico, Carlo e Detto.

 

Enrico è ubbriaco. Carlo lo sostiene. Enrico vuol fatto un grosso assegnamento dal padre per soddisfare i suoi capricci. Prospero nega. Enrico dice al padre che egli stava bene in Provincia ma dal giorno che è stato condotto dal padre a Firenze vuol fare sfoggio. Egli è figlio di Deputato, uno dei legislatori. Anzi perché un suo compagno d'orgia chiamò il sig. Prospero un deputato in piviale Enrico gli buttò in faccia un bicchiere. Domanda l'assegnamento. Prospero, ch'è un buon provinciale economico, nega. Enrico minaccia. Alle grida di Prospero accorrono Emilia ed Ernestina. Enrico è al colmo dell'ubbriachezza: cade al suolo. Prospero maledice la sua venuta a Firenze, causa di tanti dolori.

           

Fine dell'Atto




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