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Giovanni Verga
Eros

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A Bellagio il marchese Alberti aveva la riputazione d'essere alquanto originale, e infatti menava tal vita da giustificare cotesta riputazione. Non si faceva vedere da nessuno per delle settimane intiere, e poi tutt'a un tratto mischiavasi a tutti i crocchi, prendeva parte a ogni divertimento, mostravasi assetato di piaceri, montava spesso a cavallo, faceva delle corse da numida, o dormiva per ventiquattr'ore, e lo s'incontrava a scorrazzare per i sentieruoli più deserti ad ore da poeti, o passava le notti ad un giuoco d'inferno, perdendo delle grosse somme, colla stessa indifferenza con cui vinceva. Le signore chiudevano un occhio sulle stranezze di lui perché egli li aveva molto belli tutt'e due, era giovane e ricco, e qualche volta anche grazioso ed amabile. Quel po' di corteccia ruvida che gli rimaneva attaccata, e di cui s'ingegnavano a gara di mondarlo, davagli anch'essa una certa agreste attrattiva - dicevano. Egli aveva i migliori cavalli, gli amici più simpatici, ed una volta pregò due di costoro d'andare a sfidare un tale, il quale aveagli detto che aveva anche la più bella amante. I due amici cominciarono dal ridere, ma per rabbonirlo dovettero finire col dirgli che non era proprio il caso di prendere in mala parte un complimento di cui molti altri sarebbero stati lusingatissimi. Alberto erasi incaponito che quel complimento fosse ingiurioso per la riputazione della dama. Il più intimo dei due, quegli che desinava più spesso con lui e che gli doveva di più, lo tirò alquanto in disparte e gli disse:

«Caro mio, sei ben sicuro d'essere stato il primo amante di quella dama?... Be'... Non c'è di che arrossire... Lasciamola piuttosto. Un duello la comprometterebbe infinitamente dippiù. Andiamo a cena e dormiamoci sopra.»

La contessa riceveva Alberti frequentemente di giorno, anche quando non c'era per tutti gli altri, e di sera, allorché faceva della musica: il marchese era distinto pianista e l'Armandi amava la musica appassionatamente - ognuno lo sapeva. Alberti la vedeva in tutte le riunioni, in tutte le partite di campagna, e in tutte le traversate sul lago; era con lei sovente a cavallo o in carrozza, da solo o in numerosa compagnia, stava con disinvoltura nel salotto di lei, l'accompagnava al piano, e faceva il galante colle amiche di lei; sapeva condursi con garbo, rispettava le esigenze sociali, e piegava il capo con grazia alle piccole ipocrisie. Ella invece stava in mezzo a questi scogli colla testa alta, con aristocratica disinvoltura, dominando tutto ciò che non poteva elevare sino a lei; ingentiliva Alberto, lo perfezionava, stava a discorrere con lui accanto al piano, o presso il tavolino da lavoro, o si faceva accompagnare in giardino, dandogli l'ombrellino da portarle, e si lasciava baciare il guanto - sicché tutte le volte che gli permetteva di strapparle quel guanto, o lo precedeva sotto i folti alberi del boschetto, sorridente, esitante, guardandosi intorno nel raccogliere le pieghe del vestito, e camminando in punta di piedi, a lui sembrava che il cielo si spalancasse a due battenti. - Giammai non aveva voluto più andare una sola volta sul lago con lui.

Si approssimava il ritorno del conte Armandi; Alberti lo sapeva vagamente, ma non aveva mai osato domandarne alla contessa, ed ella non gliene avea mai parlato. Un venerdì ch'era andato da lei per combinare una gita sul lago, e gli avevano detto che sarebbe ritornata a momenti, s'era messo al piano per ingannare il tempo, e scorreva della musica che la sera innanzi le avea mandato egli stesso. Infatti udì aprir l'uscio del salotto, e si alzò credendo fosse lei. Invece era la bambina, che giungeva correndo prima della madre, e vedendo Alberto s'era fermata sull'uscio.

«Le faccio paura, signorinadisse Alberto.

In quel momento entrò anche la contessa; gli stese la mano, buttando l'ombrellino sul tavolo, e togliendo alla figlia il largo cappello di paglia.

«Come sei rossa!» le disse baciandola. «Vai dalla Tilde

La bimba gli rese il bacio, e prima d'andarsene offrì anche ad Alberto la guancia vermiglia. Egli l'accarezzò sui capelli.

La madre tirò a sé bruscamente la figliuola, la baciò di nuovo, con singolare vivacità, e l'accompagnò sino all'uscio.

«Perché non avete baciato la mia bambina?» gli domandò tornando indietro.

Alberti tardò un istante a rispondere; ma ella, senza dargliene il tempo, andò al piano, e prese il fascicolo ch'era sul leggio.

«Vi ringrazio della musica» aggiunse senza voltarsi e sfogliandola. «Ci ho dato un'occhiata ieri stesso. È proprio bella

E tornò lentamente verso il canapè, senza levare gli occhi dalla carta, sedette, e spiegò il quaderno sui ginocchi.

«Avete fatto una lunga passeggiatadomandò Alberti.

V'ho fatto aspettare? Scusatemi. Ero andato ad incontrare Armandi. Invece ricevo una lettera che rimanda la sua venuta a domani

«Ah!»

«Volete essere dei nostri a pranzo domani

«Grazie

«Rifiutatediss'ella facendosi un po' rossa.

«Sì.»

«Non se ne parli altro.»

Suonò il campanello, e si fece recare il cestellino da ricamo

«Si fermerà molto tempo il contedomandò Alberto giuocherellando col gomitolo.

«Un mese circa, sin che andremo a Belmonte, poscia sarà a Torino per la riapertura della Camera

Alberto chinò la fronte sulla palma, e dopo una breve pausa disse plano:

«Sicché... non ci vedremo sino a giugno

«Come volete che vi riveda senza presentarvi a mio marito

«È vero

Il silenzio che seguì avea alcunché d'imbarazzante. La contessa, tutta intenta al suo ricamo, riprese alfine:

«Iersera so che avete fatto una grossa perdita al giuoco. Ho il diritto di parlarvene, perché sono la vostra migliore amica. Ciò è irragionevole, mio caro

«Avrei anche potuto vincere. Sono sfortunato, ecco tutto;» rispose Alberto seccamente

«Ebbene, abbiate giudizio anche per la fortuna che vi manca: non giuocate

«Lo volete?»

«Ve ne prego

«Non giuocherò

Ella chinò il capo.

«Che bel lavorodisse Alberto poco dopo.

«Vi piace

«Moltissimo. È un lavoro per uomo

«Sì.»

«E... senza essere indiscreto

«Nessuna indiscrezione, mio carorispose l'Armandi sorridendo; «anzi quel che c'è di più legittimo: è per mio marito

«Oh!... proprio un regalo di nozzediss'egli sorridendo a denti stretti.

La contessa sorrise senza alzare gli occhi dal ricamo, e arrossì lievemente. Ei cavò l'orologio e si alzò.

«Addio» gli disse l'Armandi stendendogli una mano, mentre coll'altra contava i punti del disegno.

Alberto le strappò il ricamo, e lo stracciò.

«Marchese Albertiesclamò l'Armandi rizzando il capo, altera, corrucciata e imponente.

Il marchese fece barcollando due o tre passi verso l'uscio, si arrestò sulla soglia, ed esclamò torcendosi le mani:

«Ah! come son vile

«No, siete pazzo

Gli volse le spalle, andando verso la finestra; e poscia, volgendosi vivamente verso di lui:

«Anche geloso di mio marito

Alberto impallidì.

«Tanto meglioesclamò la contessa con un sorriso irritato.

«Perché?... perché volete ad ogni costo che io stringa la mano di quell'uomodisse Alberti con accento brusco.

Ella lo fissò un istante con occhi di sfida e di collera.

«Perché vi ho dato il mio onore, e voglio che voi mi diate il vostro!»

 




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