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Alberti sarebbe volentieri
rimasto a Belmonte tutto l'inverno, ed anche tutto l'anno, Quella vita calma e
serena, circoscritta in un orizzonte limitato, confacevasi alla stanchezza
dell'animo suo, e al bisogno che provava di rinascere in quell'amore così
nuovo, senza che altre immagini del passato potessero venire a turbare il suo
pensiero ed a mettere in pericolo quell'intimità che gli faceva tanto bene. Ma
Adele temeva di stancare l'ombrosa e mobilissima fantasia del marito
mostrandosi a lui sempre dentro la stessa cornice, e sotto il medesimo aspetto.
- Nel più puro amor di donna, e forse anche in quello dell'uomo, c'è sempre un
po' di civetteria. - La moglie voleva legare a sé più strettamente,
indissolubilmente il marito, giovandosi di tutti i vantaggi che il mondo dà ad
una bella donna, facendoglisi vedere più ricercata, se non più bella. Alla
donna sorrideva forse il pensiero di mettere ai piedi dell'uomo amato la sua
eleganza di gran signora, ed anche, perché no? i suoi trionfi di mondana.
Alberti, temendo di mostrarsi egoista non fece alcuna osservazione, e ad
inverno già inoltrato tornarono a Firenze.
La marchesa Alberti era
leggiadra, la sua felicità irradiava come un'aureola seduttrice su di lei. Ella
prese con perfetta disinvoltura il primo posto nei saloni fiorentini. Alberti
era stato un uomo elegante, adesso era un marito perfetto. Accompagnava qualche
volta la moglie nelle prime visite, tanto da non dar nell'occhio, e dal canto
suo ricominciò a fare press'a poco la vita che facevano tutti i suoi amici. Si
faceva vedere un momento nei saloni che frequentava la moglie, o andava a
trovarla nel suo palco per presentarle qualche amico. Sua moglie era sempre assediata
da una folla di cortigiani - egli avrebbe trovato assai strano che fosse stato
altrimenti, poiché così facevano tutti, così aveva fatto egli stesso - ma
intanto ne soffriva segretamente, e doveva fare sforzi penosi per dissimulare
le unghie d'acciaio che gli laceravano il cuore e gli facevano balenare in viso
la collera, o sulle labbra il sarcasmo. Piuttosto che tradirsi si sarebbe
ucciso; ma senza essere precisamente geloso, senza aver perduto una briciola
della illimitata fiducia che riponeva nella moglie, provava un gran dispetto
vedendola corteggiata. Sapeva che corteggiare vuol dire insidiare, eppure
sarebbe stato quasi ridicolo che sua moglie non lo fosse, ed egli era costretto
a stringer la mano a quei suoi buoni amici che cercavano di rubargli il suo
tesoro, e soffriva tutte le punizioni di quella logica mondana in nome della
quale aveva fatto soffrire egli pure. Ne soffriva più degli altri perché era
più orgoglioso e più corrotto, più diffidente e più innamorato.
Marito e moglie non erano più
sempre insieme come a Belmonte. Avevano adesso cento occupazioni diverse che li
allontanavano inesorabilmente per delle ore parecchie, e subivano senza
avvedersene la tirannia della società in cui vivevano. Adele, che amava sempre
a cuore aperto, era felicissima di deporre ai piedi di quel sarcastico ed
altero signor marito le corone che riportava la sua vanità di donna, e
vedendolo sorridere non sospettava nemmeno quanto egli soffrisse senza che un
sol muscolo della sua fisonomia si contraesse; lo vedeva sempre gentile ed
amoroso; lo vedeva disinvolto e di buon umore fra i suoi amici; lo vedeva
elegante, corteggiato ed invidiato; non scorgeva una nube sulla sua fronte, e
lo credeva felice.
Essi s'incontravano sovente
all'ora della colazione, e quasi sempre a pranzo. Dinanzi ai domestici si
trattavano col calma ed affettuosa dimestichezza; l'etichetta coniugale non
costava loro il menomo sacrificio, perché entrambi erano perfettamente ben
educati. A volte stavano a discorrere prendendo il caffè sino all'ora che la
moglie andava ad abbigliarsi per la sera ed il marito andava a fumare il suo
sigaro al Circolo. Egli l'accompagnava sino alla soglia delle sue stanze, e si
lasciavano con una stretta di mano. Spesso la sera accadeva ad Alberto di
aspettare. Adele seduto accanto al fuoco col capo fra le mani. Lo specchio del
camino non diceva a lei quali nubi fossero passate su quella fronte. Udendo il
fruscio della sua veste e vedendola entrare bella e radiosa, facevasi trovare
sorridente egli pure, si alzava e andava a toccare le mani e le labbra che ella
gli porgeva. Allora sedevano accanto al fuoco narrandosi i casi insignificanti
del dì, e le storielle piccanti o ridicole della sera. Alcune volte il marito
gettava uno sguardo distratto o imbarazzato sulle sue belle spalle nude che
arrossivano, ed ella chinava gli occhi senza vedere che anche lui li teneva
fitti sul tappeto - e non sereni come i suoi.
«Come sei bella!» le diceva
talvolta Alberto con una certa risolutezza.
Ella sorrideva.
«Quanti te l'avranno detto stasera!»
Ella faceva una graziosa
spallata.
«Vorrei essere giovane e bello
come te!...» soggiungeva Alberto con un sorriso dl cui stentava a dissimulare
la tristezza.
«Perché?» domandava Adele un po'
inquieta.
Egli tardava a rispondere.
«Vuoi che ritorniamo a Belmonte?»
«Sei felice almeno, Adele mia?»
«Tanto!» e lo abbracciava per
dirgli che lo era per lui. «E tu?»
«Io... sì! sì!»
Alcune volte Alberti era più
triste del solito, però senza motivo. Saettava alla sfuggita sulla moglie,
quasi inavvedutamente, uno sguardo scrutatore; impallidiva o arrossiva senza
vederlo se per caso Adele sembrava più melanconica, o più allegra, o più
pensosa del consueto. Non osava rivolgerle la più lontana domanda;
indispettivasi contro sé stesso, e le chiedeva tacitamente perdono di non so
quali sospetti baciandola con effusione. Pensava spesso a Belmonte con
melanconica dolcezza, e si rimproverava il suo egoismo. Il suo triste passato
gli si rizzava dinanzi come il fantasma della pena del taglione.
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