TONIO (rientra nella pagoda).
PAOLO. Contessa, ho l'onore di presentarvi il
signor Alberto Giliotti, uno dei miei amici più intimi ed uno dei vostri più
caldi ammiratori.
CONTESSA. Ho sentito parlare del signor Giliotti
con tanto favore che mi fate un vero regalo! Io spero che il signore vorrà
presto sostituire alla sua ammirazione, cui non ho alcun titolo, un'amicizia
che procurerò di meritarmi.
ALBERTO (inchinandosi). Madama!
SIG.RA MERELLI (piano al commendatore). Per un poeta è
molto laconico.
CONTESSA. Oggi avremo qui in villa qualche amico.
Faremo un po' di tutto: della musica, della maldicenza, e delle contradanze.
So che ella è poeta distinto. Nella mia qualità di padrona di casa
reclamo da lei un favore per i miei invitati… Pochi versi…
ALBERTO. Mi rincresce doverla disingannare,
contessa; ma io non sono stato mai poeta… a meno che non si voglia abusare di
codesto titolo affibbiandolo al primo venuto.
CONTESSA. Per un primo venuto ella è molto fortunata,
giacché il suo nome non m'era ignoto!
ALBERTO. Ho peccato contro le Muse, è vero, ma ne
ho fatto penitenza leggendo il mio nome sui cartelloni dei librai… (sorridendo)
Non vorrà essermi indulgente per un errore giovanile?…
CONTESSA. Troppa severità!
ALBERTO. No, contessa, ho fatto semplicemente
delle esperienze, e siccome le ho pagate assai care ne ho dedotto dei principi
inalterabili… (sorridendo). Così credo che in poesia bisogna andar cauti… come…
come in amore per esempio.
FALCONI. Per timore dello scandalo, probabilmente?
(in aria di motteggio).
ALBERTO (con freddezza sarcastica). No, signore,
per timore del ridicolo.
FALCONI (spavaldo). Per bacco! il ridicolo lo si
para con una stoccata!
ALBERTO (c.s.). Non vorrei però stare
continuamente in guardia… se non altro per non far ridere della mia spada.
FALCONI (vivamente). Signore!
CONTESSA (presentando il cavaliere ad Alberto). Il
cavalier Falconi.
FALCONI (salutando). Signore!… Son lieto…
CONTESSA. Ma, signor Giliotti, i suoi principi sono
troppo rigorosi… (sorridendo) per la poesia almeno.
ALBERTO. Non è colpa mia, contessa. Son puritano
per convinzione. Ho visto ridere dei poeti e degli innamorati… ed ho finito col
ridere anch'io.
CONTESSA. Degli innamorati o dei poeti?
ALBERTO. Qualche volta anche di quelli che
ridevano.
GAUDENTI. Bravo! Questa è vera filosofia!
FALCONI. Adagio colla filosofia, commendatore! e
soprattutto al momento di mettersi a tavola.
CONTESSA (sottovoce ad Avellini). Il vostro amico
è innamorato!
PAOLO (sottovoce). Alla follia.
CONTESSA (c.s.). Sapete che son curiosa!
PAOLO (c.s.). Che è quanto dire: siate indiscreto! Ama
perdutamente la signorina Landi, la celebre artista.
CONTESSA (c.s. e con lieve tinta di dispetto), Ah!…
Ed è riamato?
PAOLO (c.s.). Non è neanche conosciuto.
CONTESSA (c.s.). È un matto adunque… giacché non è
più un ragazzo?
PAOLO (c.s.). No, è un poeta.
CONTESSA. Signori, intanto vi prego di considerarvi
come in casa vostra. Nei viali c'è ombra; sui tavolini ci son sigari, carte da
giuoco e giornali; in quel padiglione c'è un pianoforte. Giocate, passeggiate,
fate della politica o della musica come meglio vi aggrada. Approfittiamo dei
privilegi della campagna. Libertà per tutti!
GAUDENTI. Io ne approfitterò per andare a fare un
giro nella sala da pranzo. Non potei darci che un'occhiata attraverso l'uscio,
mentre quella bella giovane della sua cameriera mi guidava da queste parti, ma,
non faccio per dire, ella ha una sala da pranzo che ci si passerebbero
venticinque ore del giorno!
SIG.RA MERELLI (volgendo un’occhiata imperiosa al
commendatore che non se ne avvede). Piuttosto desidero vedere la sua nuova
uccelliera; me ne sono state dette meraviglie!
CONTESSA. Vada pure a giudicare quelle modestissime
meraviglie… (prendendo per mano il Falconi che stava per offrire il braccio a
Lucrezia). Il cavaliere gliene farà gli onori.
FALCONI (piano e dispettoso). Ah! È così che
intendete la libertà!
CONTESSA (piano e sorridendo). È così che voi
intendete la devozione?
FALCONI (c.s.). Ma questa è schiavitù del
Kentucky!
CONTESSA (c.s.) Dove starebbe il vostro merito
altrimenti?
FALCONI (alla Merelli, offrendo il braccio con
mala grazia). Signora!…
SIG.RA MERELLI (prendendo dell'istessa guisa). Grazie!…
Ma, commendatore!… Mi sembra che anche voi desideravate vederla questa
benedetta uccelliera!… (sottovoce e con stizza) A meno che non preferiate farvi
indicare la sala da pranzo dalle belle cameriere!…
GAUDENTI (seguendola tutto confuso). È vero… è
verissimo… Faccio le mie scuse… Credevo che fosse ora… Ho avuto torto. (via).
|