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Giovanni Verga
Rose caduche

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  • ATTO PRIMO.
    • Scena X. Alberto e Paolo.
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Scena X. Alberto e Paolo.

 

PAOLO. Ti dico ch'è malattia ridicolamalattia indegna di un uomo che si rispettimalattia leggiera come quella donna che n'è la causa.

ALBERTO. Ah! c'entra un poco quella donna?

PAOLO. È una civetta e nulla più! Ti lusinga con tutti i mezzi, ti fa ardere il cuore ed i sensi… e poi ti ride in faccia!

ALBERTO. Bisogna ridere con lei.

PAOLO. Lo faresti tu con l'Adele?

ALBERTO (vivamente). Che!

PAOLO. Anch'io amavo colei come tu ami la Landi!

ALBERTO. Non è vero!

PAOLO. Alberto!

ALBERTO. Non è vero! Poiché non mi vorrai far credere che tu sii l'ultimo degli uomini!

PAOLO. Alberto, perdio!

ALBERTO. Oh, non andare in collera. Quella donna ti ha riso in faccia e sei ancora qui!… e dici d'amarla!…

PAOLO. Hai ragione. Bisogna vendicarsi!… Bisogna…

ALBERTO. Non esagerare. Di che ti vendicheresti? Accendi un sigaro piuttosto e dalle la mano per andare a tavola. Fra un bicchiere e l'altro entrambi converrete di aver avuto torto prendendo sul serio un cattivo scherzo.

PAOLO. Poeta!

ALBERTO. Dimmi poeta acciò io non vi dica matti. Sì, matti, che vi formate un dolore di una cosa ridicola… e credete che il vostro cuore deliri quando siete ebbri di sciampagna… e parlando d'amore gettate un'occhiata allo specchio… e prendete in tutta buona fede il benessere di un'eccellente digestione per la febbre del cuore

PAOLO. Alberto, tu ridi di tutto!…

ALBERTO. Io rido delle cose ridicole, perché gli altri ridono di me, dei miei sogni e delle mie follie. Tu hai amato una donna che divideva a bricioli, fra te e dieci altri, il suo cuore, il suo sorriso, le sue promesse… Tu l'hai amata, un giorno, sei mesi, non hai ucciso nessuno di quelli che ti rubavano una parte di quel cuore, la tua parte di paradiso, non ti sei fatte saltare le cervella… e in un momento d'egoismo l'accusi di una colpa che hai accettato, che hai subito, che hai diviso anche tu… Chiami civetta colei che può dirti merlo!… Matto! matto! tre volte matto! Te lo dice chi è più matto di te… ed ha amato dei mesi, dei lunghi mesi una donna che non lo conosce, che non si cura di lui, che non sa ch'egli esiste, che l'ha seguita per ogni dove, a Milano, a Firenze, qui, che passa le notti sotto le sue finestre, che un suo sguardo gli mette il paradiso nel cuore e la sua voce la febbre nel sangue… Se tu sapessi quello che passa nel mio cuoreora che l'aspetto, che le sarò vicino, che le parlerò!… Senti… è qualcosa che mi fa paura!… Matto! Matto! più di te!… Oh, dammi retta, amico mio: prendi moglie e metti pancia; è il segreto della vita.

PAOLO. Sì, sposerò Lucrezia; non fosse altro per fare arrossire quella civetta sotto lo sguardo puro di una giovanetta… che amerò!

 

 




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