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Giovanni Verga Rose caduche IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena I. Alberto dalla destra, Adele dalla sinistra.
ALBERTO. M'avete fatto chiamare? ADELE. Sì. Ho visto aprire le vostre finestre che ancora non era giorno, e desideravo vedervi prima che foste uscito. ALBERTO. Che! Levata a quell'ora!… Ma voi ammalerete, Adele!… Quale pazzia? ADELE (con grazia un po' amara). Non me la rimproverate, Alberto!… Perché c'è stato un tempo quando di tali pazzie ne abbiamo fatto insieme!… (cambiando discorso con uno sforzo penoso, ma con grazia). Ma voi non mi avete dato il buongiorno, signore! ALBERTO (badandola in fronte ma con freddezza). Ecco! ADELE. Non sedete un momento? Avete fretta? ALBERTO (freddo e pensieroso). Oh… no… ADELE. Abuso del vostro tempo? ALBERTO (c.s.). Oh… tutt'altro!… Voi lo sapete. ADELE (con grazia e passione). Sono forse esigente!… Bisogna perdonarmi… Che volete… mi avete avvezzata così male!… (ravviandogli i capelli). Come siete diventato, Alberto!… Voi trascurate orribilmente i vostri capelli… i vostri vestiti… ADELE. Sì, proprio!… Non vi si riconosce più!… Non pensate che alla caccia… e andar fuori… a divertirvi… ALBERTO (come uomo mortalmente annoiato) Se sapeste come mi diverto, Adele! ADELE (con segreta amarezza). Vi annoiate? ALBERTO (c.s.). Oh!… assai!… (riprendendosi). All'infuori di quando sono presso di voi. ADELE (vivamente e con grazia). Chi vi manda via signore? ALBERTO (imbarazzato). Ah, temo di annoiare anche voi. ADELE (con amarezza mal repressa). Oh! quanti timori!… (rimettendosi, con grazia). Ma sapete, signore, che io son gelosa dei divertimenti che vi procurate senza di me!… Oh, dico per ischerzo, sai!… Che hai fatto ieri? (prendendogli le mani). ALBERTO (freddo). Una visita al podere di uno dei nostri amici. ADELE. Dopo le due. ADELE (con grazia). Ero lì ad aspettare. ALBERTO (con mal dissimulato dispetto). Un'altra bambinata! ADELE (con amarezza). Ah!… bambinata! ALBERTO (c.s.). Perché darvi la noia di aspettarmi? ADELE (c.s.). Ma io non mi annoio aspettandovi, signore! ALBERTO (c.s.). Questo è un modo indiretto di rimproverarmi la mia tardanza… e un uomo di cuore… ADELE (con amarezza). Ah!… giacché voi avete cuore!… vi ricorderete che io non vi ho mai detto una sola parola… (riprendendosi e con affetto). Ho avuto torto… ma non sai… Non è mia colpa… La notte, prima che oda rinchiudere il cancello… prima che oda il tuo passo nel viale… mi sembra che mi manchi qualche cosa… e non posso dormire… (con grazia affettuosa). ALBERTO. Permettetemi di dirvelo, mia cara, questa è un'affezione che somiglia alla tirannia… ADELE. Oh!!! ALBERTO (rimettendosi e stringendole la mano). Perdonatemi, Adele!… Sapete che qualche volta sono così fuori di me!… Ho tanti pensieri, tanti fastidi pel capo!… ADELE. Perché non confidarmeli? ALBERTO. Che potreste farci? ADELE. Un tempo vi era di conforto soltanto il confidarmeli! ALBERTO. Ma lo so io stesso?… tante esigenze della vita!… Bisogna pure ricordarsi che al di fuori di questa casa c'è un mondo con altre leggi ed altre esigenze!… ADELE. Io son più fortunata di voi, giacché il mio mondo finisce al cancello del giardino; è tutto qui! ALBERTO. Però converrete, amica mia… che anche un paradiso a lungo andare… e lo star sempre in campagna… stanca orribilmente!… ALBERTO (imbarazzato)… Di star in villa… sì. ADELE. Dicevate di volerci passare la vita! ADELE. Ah!… ALBERTO. Che avete?… ADELE. Nulla!… E quando volete partire? ALBERTO. Ma quando vorrete. Sapete bene che non ho altra volontà che la vostra. ADELE. Che faremo? Dove andremo? ALBERTO. Non lo so… Dove vanno tutti… Faremo quello che fanno gli altri… Purché si cambi! ADELE. Ah! ALBERTO. Mio Dio! perdonatemi, Adele! Sono orribilmente noioso oggi!… Perdonatemi! è perché sono orribilmente annoiato! ADELE. Di me?… ALBERTO. Oh, no! ADELE. Ebbene! Facciamo i nostri castelli in aria per quest'inverno onde distrarvi (prendendogli le mani con grazia ed affetto; vedendolo che osserva l'orologio, con amarezza). Che ore sono? ALBERTO. Le otto. ADELE. Il vostro appuntamento è per le otto? ALBERTO. Sì. ALBERTO. Sì. ADELE. Sarete in molti? ALBERTO. Non molti; i nostri vicini di villeggiatura soltanto: Paolo, il commendatore Gaudenti, e il cavalier Falconi. ADELE. Ah!… anche il cavaliere? ALBERTO. Che volete, il cavaliere è fatto di quella gomma elastica di uomo di buona società che si adatta a tutte le situazioni più scabrose ed è impenetrabile a tutte le ingiurie. La prima volta che ci siamo incontrati il cavaliere mi ha steso la mano come se nulla fosse stato. Non c'è verso di schiaffeggiare un uomo che vi disarma col sorriso. ALBERTO. Verranno anch'esse a raggiungerci laggiù, presso la crocevia che è il nostro ritrovo di caccia… (imbarazzato). Non vi ho pregato di venirci anche voi perché so che sarebbe stato inutile… Vivete così ritirata!… ADELE (reprimendo un sospiro). Infatti… ALBERTO (dopo una pausa imbarazzante, esitante e commosso). Se ho avuto torto perdonatemi! ADELE. No, no mio buon Alberto!… Voi non avete torto… anzi vi son grata della delicatezza con cui cercate di risparmiarmi tutte le umiliazioni che colpiscono la mia posizione… Questa posizione io la conosco; l'ho accettata con tutte le prove e le amarezze che l'accompagnano… (stendendogli le mani) e non me ne pento! ALBERTO (baciandole la mano). Grazie, Adele! ADELE (vivamente, mettendogli le mani sulla bocca). Oh, no!… Non mi dire questo, per carità!… Tu non sai quanto male mi faccia! ALBERTO. Che?… ADELE (come lasciandosi trasportare). Oh, lasciami rammentare il tempo quando tu non mi ringraziavi dei sacrifici che ti facevo!… quando il tuo amore era sì ardente che era egoista, e mi chiedeva inesorabilmente il mio onore, la mia riputazione, la mia vergogna!… ed io ero felice di darti tutto perché così non mi rimaneva più che il tuo amore!… Oh, perdonami, Alberto!… Ti sei fatto triste!… Non badare a me, sai!… Son fanciullaggini!… Divertiti alla caccia… non pensare che ho pianto… Oh! ti giuro che sono allegra… Vedi? sorrido!… Divertiti… Poi, quando sarai tornato, lì, accanto al fuoco, mi narrerai com'è andata la caccia. (con sforzo penoso e sorridendo fra le lagrime) Ben inteso che mi tacerete se avete fatto il galante con quelle signore! ALBERTO (crucciato internamente come da un rimorso). Oh, Adele!… ADELE. È così!… fanciullo che siete! Un cattivo scherzo di nervi di donnicciuola vi rende melanconico!… E sì che dovreste rimproverarmi perché non sono ragionevole!… Via, ecco, vi prometto di esser buona. Che mi porterete voi in premio? Non vi chiedo molto, sapete… Un fiore, un filo d'erba che avrete portato all'occhiello del vostro vestito tutta la giornata per mia memoria… ALBERTO. Così poco!… ADELE. Oh, mio Dio! E vi par poco!… (con dolore). Come siete diventato, Alberto!… ALBERTO. Perché mi dite questo, Adele? ADELE. Perché il cuore non vi ha detto che io indovinerò dove andrete a raccogliere quel fiore per me. ALBERTO. Ma dapertutto dove ne troverò dei più belli! ADELE (con tristezza). Speravo che aveste pensato semplicemente a quella siepe fiorita, laggiù, presso il mulino, che ci riparò colla sua ombra tante volte e dalla quale voi coglievate quei gentili fiorellini che mettevate colle vostre mani fra i miei capelli. ALBERTO. Ebbene, se ciò vi fa piacere io ci anderò. ADELE (con amarezza). È inutile giacché il cuore non ve l'ha suggerito! ALBERTO. Ma che!… Voi piangete, Adele!… Per un capriccio! ADELE. Un capriccio!… Oh, perdonatemi! Come son cattiva oggi!
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