CONTESSA. Oh! Oh! Signori!… eccovi qui!… come è
andata? Che cera scontenta… sant'Uberto non è stato propizio.
FALCONI. Al contrario! Ci procura una sì bella
fortuna!… (inchinandosi ad Adele con galanteria), che saremmo assai ingrati se
ci lamentassimo.
ADELE (alla contessa). Il cavaliere è più galante che
mai! Gliene faccio i miei complimenti…
CONTESSA. Non li merito davvero… e non vorrei
assumerne la responsabilità.
FALCONI (alla contessa). Ah! mia cara! Come il
matrimonio vi ha reso caustica! (volgendosi ad Adele) Spero almeno che madama
sia più indulgente di voi… son davvero felice… ringrazio la fortuna che mi ha
procurato il piacere… l'onore… di presentarle i miei umili omaggi.
ADELE (ironica). Signore!…
CONTESSA. Oh! Signor Giliotti!…. che viso scuro!…
dev'essere assai contrariato della cattiva riuscita della caccia!… (con
malizia).
ALBERTO. No, contessa… Non sono più cacciatore
degli altri.
PAOLO. Eppure vai a caccia più spesso degli
altri!
LUCREZIA. Tutti i giorni! E il mio signor marito
s'ingegna d'imitarlo!
CONTESSA (con ironia e doppio senso). Eh! peggio!
Ardore di novizio… o uomo annoiato che ha bisogno di distrarsi (sogguardando
Adele con malizia).
ADELE (reprimendo un sospiro). Ah!
ALBERTO (sforzandosi di sembrare allegro, con
galanteria, ma imbarazzato). Ma, contessa, io avrei torto a cercare altre
distrazioni, quando sono in così bella compagnia!
CONTESSA (c.s.). Grazie!… e per tutti! (prendendo
Adele per la mano e Lucrezia per l'altra) Adesso siamo sicuri che quei gentili
cavalieri non ci lasceranno più sole!… e anche lei, signor poeta, ci farà il
sacrificio di Sant'Uberto, tanto più che gli ha procurato l'occasione di
rivedere la nostra eccellente amica che si nascondeva… cattiva!
ALBERTO (imbarazzatissimo). Oh!… contessa.
CONTESSA (passando accanto alla Merelli,
sottovoce). L'ha visto com'è imbarazzato! Non sa che dire!
SIG.RA MERELLI (c.s.) Eh! via, fingiamo di non saper
nulla! Come me la godo a metterli in imbarazzo tutt'e due!… Quella superba che
crede tutti gli uomini debbano andare pazzi per lei!
GAUDENTI. Però Sant'Uberto non mi coglie più! Bel
divertimento, in fede mia! Un diavolo d'acquazzone! Romperci il collo correndo di
su e di giù inutilmente! una magnifica colazione perduta e doverci contentare
in cambio di una frittata di uova, in una cattiva osteria ove ci affumicarono
come salami sotto il pretesto di far asciugare i nostri vestiti!… Ne ho
abbastanza di Sant'Uherto, in parola d'onore!
SIG.RA MERELLI. Ci ho gusto! Ci ho proprio gusto! Se mi
aveste dato retta avreste avuto la vostra buona colazione, le vostre brave
pantofole accanto al fuoco…
GAUDENTI. Al diavolo le vostre pantofole! Se vi
dessi retta dovrei passarci la vita in quelle maledette pantofole!
SIG.RA MERELLI. Eh! sappiamo come vorreste passarla la
vostra vita! (piano)… a fare il rompicollo, a fare lo scapestrato, il
donnaiuolo!… E queste cacce non sono altro che un pretesto per correr dietro
alle contadine… Vergognatevi.
GAUDENTI (piano). Ma cara, vi avverto che quando
ho fatto una cattiva colazione di uova… non sono molto paziente!…
SIG.RA MERELLI (c.s.). Ah! Signore!… e perché vi
mostrate così paziente… allora!… Se avessi potuto prevedere!…
GAUDENTI (c.s.).Ah! Se avessi previsto anch'io!…
ADELE. Commendatore, la sua sposa era così
inquieta per lei che bisogna esserle grato della premura…
GAUDENTI. Eh! Le conosco codeste premure!…
purtroppo!
SIG.RA MERELLI (piano a Lucrezia). Se non fossimo qui vorrei
fare una scena!
LUCREZIA (indicando Paolo). Ecco invece un signore
che di tali premure non ne ha per la sua signora moglie!… Non mi ha neppure
domandato dove mi cogliesse il temporale!
PAOLO. Perdonami, mia cara. Ti avevo lasciato in
compagnia di madama e della contessa e vedi bene non avrei potuto essere
inquieto.
LUCREZIA. Ma io avevo cambiato idea e non ero
andata con quelle signore.
PAOLO (sorridendo). In tal caso non avrei potuto essere
inquieto per quel che ignoravo.
LUCREZIA. Già! Non si è avvocati per nulla! Trova
risposta a tutto, lei!
CONTESSA. La signora Lucrezia è stata assai meglio
di noi, ed ha fatto miglior caccia… (ad Adele con adulazione ironica). La
migliore e la più bella delle amiche! E pensare che siamo passate cento volte
dinanzi a questo villino che ce la nascondeva senza sospettare altra cosa se
non che fosse un nido d'amore!… (con doppio senso). Eppure se avessimo avuto un
po' più di immaginativa avremmo dovuto sospettarlo… ché il nido era degno di
lei! (ad Adele con accento lusinghiero ma con malizia) La colpa è tutta sua,
signor Giliotti!
ALBERTO. Mia?
CONTESSA. Sì; ella poeta avrebbe dovuto indovinarlo
prima di noi!
ALBERTO (imbarazzatissimo). Ma io, contessa…
ADELE (reprimendo un sospiro pel contegno di Alberto).
Ah!… (alla contessa con un sorriso forzato) Il signor Giliotti avrà voluto
rispettare il mistero dell'incognito.
CONTESSA (con malizia). Ah! Signor Poeta!… Non ci sono che le donne per togliere
d'imbarazzo, così alla lesta, gli uomini di spirito!
ALBERTO (ad Adele imbarazzatissimo). Grazie,
madama…
CONTESSA (piano alla Merelli). Come mi diverto!
SIG.RA MERELLI (c.s.). È un'immoralità!
PAOLO. Vuol dire che quel cervellino di mia
moglie ha avuto il torto di non badarci a questo mistero! E tocca a me
fargliene le scuse.
CONTESSA. E ha fatto bene!
ADELE (con forzata allegria). E ha fatto bene, perché
il mistero non esisteva… che come immagine poetica.
CONTESSA (ad Alberto, scherzando ma con malizia).
Questo è un modo di farle la corte; signor poeta!
LUCREZIA. Ed ho fatto bene, perché così eccoci
riuniti tutti amici e amiche!
FALCONI. Si torna ai bei tempi di Livorno!
LUCREZIA. Oh! i tempi felici! Quando il cavaliere
scriveva dei proverbi!
CONTESSA. E non ne faceva!
FALCONI. Oh, quanto a farne domando perdono che ne
facciamo un po' tutti… almeno di quelli colle spine!
SIG.RA MERELLI. Certi proverbi sembrano una predizione:
«Le rose cascano e le spine rimangono»… e che spine!
GAUDENTI. Rovi addirittura!
LUCREZIA. Cioè ne facciamo tutti?… Tutti poi
no!
FALCONI. Intendo dire tutti quelli cui, cadute le
rose non sono rimaste che le spine.
CONTESSA (ad Adele). Ecco la galanteria del
cavaliere mio marito… Non avevo dunque torto a lasciargliene tutto il
merito!
FALCONI. Ma s'intende benissimo che parlando di spine
io non alludo a quelle del nostro matrimonio… non voglio parlare delle vostre…
insomma è chiaro come la luce del sole che voi, mia bella, mi avete provato il
rovescio del proverbio, cioè che le rose rimangono, e quelle che se ne vanno
sono le spine… se mai ce ne furono.
CONTESSA (salutandolo con caricatura), Tutto
merito suo cavaliere! Ecco una galanteria pungente.
ADELE. Com'è severa, contessa!
CONTESSA Chiamiamola dunque senza sale. Via via,
perdonatemi, amico mio. Voi sapete che non ci sono grandi uomini pel
cameriere, né uomini di spirito per la moglie… Del resto bisogna ammettere che
il verme sia proprio nelle rose… se ne vediamo tante avvizzite, e quelle che
sembravano più belle!… Di chi la colpa? Certe illusioni bisogna guardarle ad
una certa distanza (piano al cavaliere come facendosi vento col ventaglio).
Ecco perché quando ci siamo visti davvicino ci abbiamo perduto tutt'e due.
FALCONI (piano con affettata galanteria). Io! Io
solo!… Ve lo giuro!
CONTESSA (c.s.). Quanto a me non posso disdirvi. Ma
rassegnatevi… Il nostro capriccio non fu mai una tempesta del cuore. (forte) E
anche gli uragani voi avete visto come finiscono!
(additando il tempo che si è rasserenato, ma con malizia alludendo ad
Adele e Alberto e accennandoli anche).
PAOLO. Col far più bello il sereno.
LUCREZIA. Io preferisco il sereno senza l'uragano.
SIG.RA MERELLI. Ed io preferisco l'uragano a certe acque
chete!…
GAUDENTI. Ed io preferisco la frittata di
stamattina tutti i giorni anzicché certi temporali che mandano i bocconi per
traverso!
ADELE. Oh, signori, preferiamo il sereno ch'è
bello!
CONTESSA. Ma suol durare tanto poco!
LUCREZIA. Oh! no!
SIG.RA MERELLI. È vero!
GAUDENTI. Pur troppo!
ADELE (con un sospiro). Forse!…
CONTESSA. Felice lei che ne dubita! Ma noi!… Non
ha sentito che si parlava di spine?… Sarà una fatalità; rassegniamoci! Perché
dura così poco? Chi lo sa?… Stanchezza forse, caducità, impoverimento di cuore…
Quanto dura?… Delle volte la durata di un sogno! Quando tramonta? Chi può
conoscerlo?… Un sorriso freddo, una parola distratta, un gesto stentato… una
mancanza di delicatezza… È sogno e sfuma del pari. Ah! Le grandi riflessioni
morali che potrebbero farsi sulla durata di certe felicità!… Non andate in
collera, Lucrezia, la vostra è eccezionale…
PAOLO. Perché è la vera legittima.
CONTESSA (ironica). Oh! il codice!
PAOLO. Eppure bisogna crederci… a quello della
famiglia almeno!
CONTESSA (comicamente ma con significazione). Ma
lei ci vuol mettere fuori della legge?…
PAOLO (ironico ma con malizia). Ma non ho parlato del
codice che condanna alla galera!
ADELE (con gaiezza forzata ma profonda amarezza). Oh,
non ci crediamo, signore mie! Non crediamo a quel che ha detto la contessa! È
uno spiritoso pessimismo, ma fa male al cuore! Meglio ingenui che scettici!…
credere al cuore, a qualche cosa di vero, di profondo, di santo, che non si
consuma, che non avvizzisce, che non muore!
CONTESSA. Pure è nato! Le rose cascano! La
caducità è una legge!
ADELE. No, non può essere! (con entusiasmo).
Quando si guardano le stelle, quando si respira l'aria del mattino, quando si è
felici si deve sentire la presenza di qualche cosa che non può essere caduca,
che non può morire!… Ebbene, c'è anche qualche cosa di più ineffabile di
un'alba, di più sublime di una notte stellata, di più inebriante della
felicità, qualche cosa che non può avere la durata di un delirio… o di una
rosa!…
CONTESSA. Poesia! Sublime poesia!… (volgendosi ad
Alberto) Eppure un poeta innamorato… delle stelle, dell'alba e della campagna
potrebbe dirci quanto durerà la sua nuova passione… per la caccia!… Ah! Il mio
scetticismo è inguaribile, madama! Io non credo alla durata del sereno!
ADELE (con tinta d'amarezza e d'ironia). Procuriamo
piuttosto che il mondo non ce l'invidi!
LUCREZIA. Non me ne curo!
SIG.RA MERELLI. Io sì! È quasi una iettatura!
CONTESSA (con sarcasmo). È invidia e qualche volta
un omaggio… forse un'adulazione!…
ADELE (con sarcasmo). Mi congratulo con lei che non l'ha
visto nella sua più turpe manifestazione: quando avvelena, perseguita, calunnia
ed accarezza!… quando morde sorridendo e soffoca in un abbraccio!
CONTESSA (con sarcasmo). Oh, la calunnia poi!…
Anzitutto io non credo alla calunnia che nel «Barbiere di Siviglia»… e son
certa che nulla s'inventi nell'assolutamente falso. Ci potrà essere
esagerazione, ma non si dica calunnia! Non si dia appicco all'esagerazione…
ecco tutto! (con raddoppiamento di sarcasmo). Si faccia un po' quello che fanno
gli altri e soprattutto si rispettino le apparenze… Ecco il segreto!
ADELE (quasi fuori di sé dall'amarezza e dal dispetto,
vivamente). Segreto da gesuiti! No! No! Mille volte! Calunniati sì, ma ipocriti
no! (suona). Vogliamo prendere il caffè sulla terrazza? Di lì possiamo scendere
in giardino. Il tempo si è fatto bello! (a Giulietta) Fateci servire il caffè
sulla terrazza. (Giulietta apre le invetriate e via).
LUCREZIA (correndo al balcone). Che bella
giornata!
CONTESSA (piano alla Merelli avviandosi). L'ho
punta sul più vivo e il veleno le schizza dagli occhi.
SIG.RA MERELLI (piano). Oh! Che scandalo! Che
immoralità! (forte al commendatore) Caro lei! Ha sentito che si va in giardino?
GAUDENTI. Ho sentito. Si accomodi.
LUCREZIA (dalla terrazza a Paolo). E così? Ci
lasciano andar sole! Che cavalieri!
PAOLO (prendendo il braccio del Gaudenti). Andiamo, via
Commendatore. Bisogna compatirla quella povera donna!
GAUDENTI (seguendolo). Nessuno però ha compassione
di me!… Ma un giorno o l'altro faccio uno sproposito! Parola d'onore che faccio
uno sproposito! (via).
(Le invetriate della terrazza si
rinchiudono).
|