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Giovanni Verga
Rose caduche

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  • ATTO TERZO.
    • Scena VII. Alberto, Paolo, il commendatore Gaudenti, il cavalier Falconi e detti.
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Scena VII. Alberto, Paolo, il commendatore Gaudenti, il cavalier Falconi e detti.

 

CONTESSA. Oh! Oh! Signori!… eccovi qui!… come è andata? Che cera scontentasant'Uberto non è stato propizio.

FALCONI. Al contrario! Ci procura una sì bella fortuna!… (inchinandosi ad Adele con galanteria), che saremmo assai ingrati se ci lamentassimo.

ADELE (alla contessa). Il cavaliere è più galante che mai! Gliene faccio i miei complimenti

CONTESSA. Non li merito davvero… e non vorrei assumerne la responsabilità.

FALCONI (alla contessa). Ah! mia cara! Come il matrimonio vi ha reso caustica! (volgendosi ad Adele) Spero almeno che madama sia più indulgente di voi… son davvero feliceringrazio la fortuna che mi ha procurato il piacere… l'onore… di presentarle i miei umili omaggi.

ADELE (ironica). Signore!…

CONTESSA. Oh! Signor Giliotti!…. che viso scuro!… dev'essere assai contrariato della cattiva riuscita della caccia!… (con malizia).

ALBERTO. No, contessa… Non sono più cacciatore degli altri.

PAOLO. Eppure vai a caccia più spesso degli altri!

LUCREZIA. Tutti i giorni! E il mio signor marito s'ingegna d'imitarlo!

CONTESSA (con ironia e doppio senso). Eh! peggio! Ardore di novizio… o uomo annoiato che ha bisogno di distrarsi (sogguardando Adele con malizia).

ADELE (reprimendo un sospiro). Ah!

ALBERTO (sforzandosi di sembrare allegro, con galanteria, ma imbarazzato). Ma, contessa, io avrei torto a cercare altre distrazioni, quando sono in così bella compagnia!

CONTESSA (c.s.). Grazie!… e per tutti! (prendendo Adele per la mano e Lucrezia per l'altra) Adesso siamo sicuri che quei gentili cavalieri non ci lasceranno più sole!… e anche lei, signor poeta, ci farà il sacrificio di Sant'Uberto, tanto più che gli ha procurato l'occasione di rivedere la nostra eccellente amica che si nascondevacattiva!

ALBERTO (imbarazzatissimo). Oh!… contessa.

CONTESSA (passando accanto alla Merelli, sottovoce). L'ha visto com'è imbarazzato! Non sa che dire!

SIG.RA MERELLI (c.s.) Eh! via, fingiamo di non saper nulla! Come me la godo a metterli in imbarazzo tutt'e due!… Quella superba che crede tutti gli uomini debbano andare pazzi per lei!

GAUDENTI. Però Sant'Uberto non mi coglie più! Bel divertimento, in fede mia! Un diavolo d'acquazzone! Romperci il collo correndo di su e di giù inutilmente! una magnifica colazione perduta e doverci contentare in cambio di una frittata di uova, in una cattiva osteria ove ci affumicarono come salami sotto il pretesto di far asciugare i nostri vestiti!… Ne ho abbastanza di Sant'Uherto, in parola d'onore!

SIG.RA MERELLI. Ci ho gusto! Ci ho proprio gusto! Se mi aveste dato retta avreste avuto la vostra buona colazione, le vostre brave pantofole accanto al fuoco

GAUDENTI. Al diavolo le vostre pantofole! Se vi dessi retta dovrei passarci la vita in quelle maledette pantofole!

SIG.RA MERELLI. Eh! sappiamo come vorreste passarla la vostra vita! (piano)… a fare il rompicollo, a fare lo scapestrato, il donnaiuolo!… E queste cacce non sono altro che un pretesto per correr dietro alle contadineVergognatevi.

GAUDENTI (piano). Ma cara, vi avverto che quando ho fatto una cattiva colazione di uova… non sono molto paziente!…

SIG.RA MERELLI (c.s.). Ah! Signore!… e perché vi mostrate così paziente… allora!… Se avessi potuto prevedere!…

GAUDENTI (c.s.).Ah! Se avessi previsto anch'io!…

ADELE. Commendatore, la sua sposa era così inquieta per lei che bisogna esserle grato della premura

GAUDENTI. Eh! Le conosco codeste premure!… purtroppo!

SIG.RA MERELLI (piano a Lucrezia). Se non fossimo qui vorrei fare una scena!

LUCREZIA (indicando Paolo). Ecco invece un signore che di tali premure non ne ha per la sua signora moglie!… Non mi ha neppure domandato dove mi cogliesse il temporale!

PAOLO. Perdonami, mia cara. Ti avevo lasciato in compagnia di madama e della contessa e vedi bene non avrei potuto essere inquieto.

LUCREZIA. Ma io avevo cambiato idea e non ero andata con quelle signore.

PAOLO (sorridendo). In tal caso non avrei potuto essere inquieto per quel che ignoravo.

LUCREZIA. Già! Non si è avvocati per nulla! Trova risposta a tutto, lei!

CONTESSA. La signora Lucrezia è stata assai meglio di noi, ed ha fatto miglior caccia… (ad Adele con adulazione ironica). La migliore e la più bella delle amiche! E pensare che siamo passate cento volte dinanzi a questo villino che ce la nascondeva senza sospettare altra cosa se non che fosse un nido d'amore!… (con doppio senso). Eppure se avessimo avuto un po' più di immaginativa avremmo dovuto sospettarlo… ché il nido era degno di lei! (ad Adele con accento lusinghiero ma con malizia) La colpa è tutta sua, signor Giliotti!

ALBERTO. Mia?

CONTESSA. Sì; ella poeta avrebbe dovuto indovinarlo prima di noi!

ALBERTO (imbarazzatissimo). Ma io, contessa

ADELE (reprimendo un sospiro pel contegno di Alberto). Ah!… (alla contessa con un sorriso forzato) Il signor Giliotti avrà voluto rispettare il mistero dell'incognito.

CONTESSA (con malizia). Ah! Signor Poeta!… Non ci sono che le donne per togliere d'imbarazzo, così alla lesta, gli uomini di spirito!

ALBERTO (ad Adele imbarazzatissimo). Grazie, madama

CONTESSA (piano alla Merelli). Come mi diverto!

SIG.RA MERELLI (c.s.). È un'immoralità!

PAOLO. Vuol dire che quel cervellino di mia moglie ha avuto il torto di non badarci a questo mistero! E tocca a me fargliene le scuse.

CONTESSA. E ha fatto bene!

ADELE (con forzata allegria). E ha fatto bene, perché il mistero non esisteva… che come immagine poetica.

CONTESSA (ad Alberto, scherzando ma con malizia). Questo è un modo di farle la corte; signor poeta!

LUCREZIA. Ed ho fatto bene, perché così eccoci riuniti tutti amici e amiche!

FALCONI. Si torna ai bei tempi di Livorno!

LUCREZIA. Oh! i tempi felici! Quando il cavaliere scriveva dei proverbi!

CONTESSA. E non ne faceva!

FALCONI. Oh, quanto a farne domando perdono che ne facciamo un po' tutti… almeno di quelli colle spine!

SIG.RA MERELLI. Certi proverbi sembrano una predizione: «Le rose cascano e le spine rimangono»… e che spine!

GAUDENTI. Rovi addirittura!

LUCREZIA. Cioè ne facciamo tutti?… Tutti poi no!

FALCONI. Intendo dire tutti quelli cui, cadute le rose non sono rimaste che le spine.

CONTESSA (ad Adele). Ecco la galanteria del cavaliere mio marito Non avevo dunque torto a lasciargliene tutto il merito!

FALCONI. Ma s'intende benissimo che parlando di spine io non alludo a quelle del nostro matrimonio… non voglio parlare delle vostre… insomma è chiaro come la luce del sole che voi, mia bella, mi avete provato il rovescio del proverbio, cioè che le rose rimangono, e quelle che se ne vanno sono le spine… se mai ce ne furono.

CONTESSA (salutandolo con caricatura), Tutto merito suo cavaliere! Ecco una galanteria pungente.

ADELE. Com'è severa, contessa!

CONTESSA Chiamiamola dunque senza sale. Via via, perdonatemi, amico mio. Voi sapete che non ci sono grandi uomini pel cameriere, né uomini di spirito per la moglie… Del resto bisogna ammettere che il verme sia proprio nelle rose… se ne vediamo tante avvizzite, e quelle che sembravano più belle!… Di chi la colpa? Certe illusioni bisogna guardarle ad una certa distanza (piano al cavaliere come facendosi vento col ventaglio). Ecco perché quando ci siamo visti davvicino ci abbiamo perduto tutt'e due.

FALCONI (piano con affettata galanteria). Io! Io solo!… Ve lo giuro!

CONTESSA (c.s.). Quanto a me non posso disdirvi. Ma rassegnatevi… Il nostro capriccio non fu mai una tempesta del cuore. (forte) E anche gli uragani voi avete visto come finiscono! (additando il tempo che si è rasserenato, ma con malizia alludendo ad Adele e Alberto e accennandoli anche).

PAOLO. Col far più bello il sereno.

LUCREZIA. Io preferisco il sereno senza l'uragano.

SIG.RA MERELLI. Ed io preferisco l'uragano a certe acque chete!…

GAUDENTI. Ed io preferisco la frittata di stamattina tutti i giorni anzicché certi temporali che mandano i bocconi per traverso!

ADELE. Oh, signori, preferiamo il sereno ch'è bello!

CONTESSA. Ma suol durare tanto poco!

LUCREZIA. Oh! no!

SIG.RA MERELLI. È vero!

GAUDENTI. Pur troppo!

ADELE (con un sospiro). Forse!…

CONTESSA. Felice lei che ne dubita! Ma noi!… Non ha sentito che si parlava di spine?… Sarà una fatalità; rassegniamoci! Perché dura così poco? Chi lo sa?… Stanchezza forse, caducità, impoverimento di cuore… Quanto dura?… Delle volte la durata di un sogno! Quando tramonta? Chi può conoscerlo?… Un sorriso freddo, una parola distratta, un gesto stentato… una mancanza di delicatezza… È sogno e sfuma del pari. Ah! Le grandi riflessioni morali che potrebbero farsi sulla durata di certe felicità!… Non andate in collera, Lucrezia, la vostra è eccezionale

PAOLO. Perché è la vera legittima.

CONTESSA (ironica). Oh! il codice!

PAOLO. Eppure bisogna crederci… a quello della famiglia almeno!

CONTESSA (comicamente ma con significazione). Ma lei ci vuol mettere fuori della legge?…

PAOLO (ironico ma con malizia). Ma non ho parlato del codice che condanna alla galera!

ADELE (con gaiezza forzata ma profonda amarezza). Oh, non ci crediamo, signore mie! Non crediamo a quel che ha detto la contessa! È uno spiritoso pessimismo, ma fa male al cuore! Meglio ingenui che scettici!… credere al cuore, a qualche cosa di vero, di profondo, di santo, che non si consuma, che non avvizzisce, che non muore!

CONTESSA. Pure è nato! Le rose cascano! La caducità è una legge!

ADELE. No, non può essere! (con entusiasmo). Quando si guardano le stelle, quando si respira l'aria del mattino, quando si è felici si deve sentire la presenza di qualche cosa che non può essere caduca, che non può morire!… Ebbene, c'è anche qualche cosa di più ineffabile di un'alba, di più sublime di una notte stellata, di più inebriante della felicità, qualche cosa che non può avere la durata di un delirio… o di una rosa!…

CONTESSA. Poesia! Sublime poesia!… (volgendosi ad Alberto) Eppure un poeta innamorato… delle stelle, dell'alba e della campagna potrebbe dirci quanto durerà la sua nuova passione… per la caccia!… Ah! Il mio scetticismo è inguaribile, madama! Io non credo alla durata del sereno!

ADELE (con tinta d'amarezza e d'ironia). Procuriamo piuttosto che il mondo non ce l'invidi!

LUCREZIA. Non me ne curo!

SIG.RA MERELLI. Io sì! È quasi una iettatura!

CONTESSA (con sarcasmo). È invidia e qualche volta un omaggio… forse un'adulazione!…

ADELE (con sarcasmo). Mi congratulo con lei che non l'ha visto nella sua più turpe manifestazione: quando avvelena, perseguita, calunnia ed accarezza!… quando morde sorridendo e soffoca in un abbraccio!

CONTESSA (con sarcasmo). Oh, la calunnia poi!… Anzitutto io non credo alla calunnia che nel «Barbiere di Siviglia»… e son certa che nulla s'inventi nell'assolutamente falso. Ci potrà essere esagerazione, ma non si dica calunnia! Non si dia appicco all'esagerazione… ecco tutto! (con raddoppiamento di sarcasmo). Si faccia un po' quello che fanno gli altri e soprattutto si rispettino le apparenze… Ecco il segreto!

ADELE (quasi fuori di sé dall'amarezza e dal dispetto, vivamente). Segreto da gesuiti! No! No! Mille volte! Calunniati sì, ma ipocriti no! (suona). Vogliamo prendere il caffè sulla terrazza? Di possiamo scendere in giardino. Il tempo si è fatto bello! (a Giulietta) Fateci servire il caffè sulla terrazza. (Giulietta apre le invetriate e via).

LUCREZIA (correndo al balcone). Che bella giornata!

CONTESSA (piano alla Merelli avviandosi). L'ho punta sul più vivo e il veleno le schizza dagli occhi.

SIG.RA MERELLI (piano). Oh! Che scandalo! Che immoralità! (forte al commendatore) Caro lei! Ha sentito che si va in giardino?

GAUDENTI. Ho sentito. Si accomodi.

LUCREZIA (dalla terrazza a Paolo). E così? Ci lasciano andar sole! Che cavalieri!

PAOLO (prendendo il braccio del Gaudenti). Andiamo, via Commendatore. Bisogna compatirla quella povera donna!

GAUDENTI (seguendolo). Nessuno però ha compassione di me!… Ma un giorno o l'altro faccio uno sproposito! Parola d'onore che faccio uno sproposito! (via).

(Le invetriate della terrazza si rinchiudono).

 

 




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