IV.
Il barone fu insolitamente sobrio
a cena quella sera. Donna Isabella andò a coricarsi senza dire una parola,
senza fare un'osservazione, ma pallida e seria. Don Garzia, quando si fu
accertato che il Rosso e il Bruno erano già al loro posto, andò a letto e disse
alla moglie motteggiando:
- Stanotte vedremo se il diavolo
ci lascerà la coda -.
Donna Isabella non rispose, ma
don Garzia non russò e dormì di un occhio solo.
Mezzanotte era suonata da un
pezzo, il barone avea levato il capo ascoltando i dodici tocchi, poi s'era
voltato e rivoltato pel letto due o tre volte, avea sbadigliato, infine s'era
addormentato per davvero. Tutto era tranquillo, e taceva anche il vento; donna
Isabella, che era stata desta sino allora, cominciava ad assopirsi.
Ad un tratto un grido terribile
rimbombò per l'immenso corridoio; era un grido supremo di terrore, di delirio,
che non poteva riconoscersi a qual voce appartenesse, che non aveva nulla
d'umano; nello stesso tempo si udì un gran tramestìo, l'uscio e la finestra
della camera furono spalancati con impeto, quasi da un violento colpo di vento,
e al lume dubbio della lampada parve che una figura bianca in un baleno
attraversasse la camera e fuggisse dalla finestra.
La baronessa, agghiacciata dal
terrore fra le coltri, vide il marito slanciarsi dietro il fantasma colla spada
in pugno, e saltare dalla finestra sul ballatoio. Egli correva come un
forsennato, seguito da Bruno, inseguendo il fantasma che fuggiva come un
uccello, sull'orlo del parapetto rovinato; entrambi, coi capelli irti sul capo,
videro al certo, non fu illusione, la bianca figura arrampicarsi leggermente
pei sassi che sporgevano ancora dalla cortina, al posto dov'era stata la scala,
e sparire nel buio.
- Per la Madonna dell'Ognina! -
esclamò il barone dopo alcuni istanti di stupore, - lo toccherò colla mia
spada, o che si prenda l'anima mia, s'è il Diavolo in carne ed ossa! -
Don Garzia non credeva né a Dio
né al Diavolo, sebbene li rispettasse entrambi; ma senza saper perché si
ricordò delle parole dettegli da donna Isabella la mattina, e fremette.
Donna Isabella non gli avea fatto
la più semplice domanda, o si spaventasse a farla, o la credesse inutile. Il
barone del resto era di tale umore da non permetterne talune. L'indomani però
dissegli risolutamente che non intendeva dormire più oltre in quella camera.
- Aspettate ancora stanotte, -
rispose il marito, - farò buona guardia io stesso, e se domani non riderete delle
vostre paure, vi lascerò padrona di far quel che meglio vorrete -.
Ella non osò aggiunger verbo,
soltanto qualche momento dopo gli domandò:
- Di che malattia è morta la
vostra prima moglie, messere? -
Ei la guardò bieco, e rispose:
- Di mal caduco, madonna.
- Io non avrò cotesto male, vi
prometto! - disse ella con strano accento.
Don Garzia, insieme a tutti i
vizi del soldato di ventura e del gentiluomo-brigante, ne avea la sola virtù:
una bravura a tutta prova. Egli fece quel che non osava più fare Bruno, il
terribile Bruno, e per cui era mezzo morto anche il Rosso, giovanotto ardito se
mai ce ne fossero; e passò tre notti di seguito nel corridoio, senza batter
ciglio, senza muoversi più che non si muovesse il pilastro al quale stava
appoggiato, colla mano sull'elsa della spada e l'orecchio teso: il vento
sbatteva le imposte della finestra ch'era stata lasciata aperta per ordine suo,
i gufi svolazzavano sul ballatoio, i pipistrelli s'inseguivano stridendo per
l'andito; il lume della lampada riverberavasi pel vano dell'arco della sala
delle guardie e sembrava vacillante; ma del resto tutto era queto, e don Garzia
sarebbesi stancato di passar le notti in sentinella, come un uomo d'armi, se il
ricordo di quel che avea visto coi propri occhi non fosse stato ancora
profondamente impresso nella sua mente, e se una parola della moglie non gli
avesse messo in corpo una di quelle preoccupazioni che non lasciano più dormire
né lo spirito né il corpo, uno di quei dubbi che imperiosamente domandano uno
schiarimento; la sua coscienza dormiva ancora, ma le sue reminiscenze, talune
circostanze lasciate passare inosservate, si svegliavano ad un tratto, gli si
rizzavano dinanzi in forma di tal sospetto, che don Garzia, zotico, brutale,
dispotico signore, scettico e superstizioso ad un tempo, ma in fondo
sinceramente barone, vale a dire ossequioso al re, e alla Chiesa, che lo
facevano quello che egli era, se ne sentiva padroneggiato, e provava il bisogno
di scioglierlo colla persuasione, o colla spada.
Era la quarta notte che don
Garzia attendeva; il mare era in tempesta, il tuono scuoteva il castello dalle
fondamenta, la grandine scrosciava impetuosamente sui vetri, e le banderuole
dei torrioni gemevano ad intervalli; di tanto in tanto un lampo solcava il buio
del corridoio per tutta la sua lunghezza, e sembrava gettarvi un'onda di
spettri; tutt'a un tratto il lume ch'era nella sala delle guardie si spense.
Don Garzia rimase al buio. Le
tenebre che lo avvolgevano sembravano stringerlo ed opprimerlo da tutte le
parti, soffocargli il respiro nel petto, la voce nella gola, e inchiodargli il
ferro nella guaina; improvvisamente quel soldataccio risoluto sentì un brivido
che gli penetrava tutte le ossa: fra le tenebre, in mezzo a tutti quei rumori
vari, confusi, ma che avevano un non so che di pauroso, parvegli udire un altro
rumore più vicino, più spaventoso, tale da far battere di febbre il polso di
quell'uomo; le tenebre furono squarciate da un lampo, e videsi di faccia,
ritta, immobile, quella figura bianca che aveva visto fuggire un'altra volta
dinanzi a lui, e d'allora in poi aveva inseguito lui nella coscienza o nel
pensiero, - ora la guardava con occhi lucenti e terribili. Tutto ciò non fu che
un istante, una visione; - coi capelli irti, vibrò una stoccata formidabile,
sentì l'elsa urtare contro qualche cosa, udì un grido di morte che gli
agghiacciò tutto il sangue nelle vene, e in un delirio di terrore gli fece
ritirare la spada e fare un salto indietro, atterrito, chiamando la sua gente
con quanta voce aveva in corpo.
Scorsero due o tre minuti
terribili, in cui non si udì più nulla; egli rimase in mezzo a quel buio,
vicino a quella cosa che la sua spada aveva toccato. Pel castello si udì
un gran tramestìo, si vide correre la gente, e sulle pareti cominciarono a
riflettersi le fiaccole dei valletti. Don Garzia si slanciò sull'uscio
gridando:
- Non entri nessuno all'infuori
del Bruno, se v'è cara la vita! -
Tutti s'erano fermati attoniti
vedendo il barone così pallido, coll'occhio stralunato e la spada in pugno,
ancora macchiata di sangue. Bruno entrò, e vide uno spettacolo orribile.
Vicino alla parete giaceva il
cadavere di donna Violante, vestita del suo accappatoio bianco, com'era fuggita
dal letto del marito la notte in cui s'era creduto che si fosse buttata in
mare. Il viso avea pallido come cera e dimagrato enormemente, i capelli
arruffati ed incolti, gli occhi spalancati, lucidi, fissi, spaventosi. La
ferita era stata mortale e non sanguinava quasi, solo alcune gocce di sangue
l'erano uscite dalla bocca e le rigavano il mento.
- Avevi ragione Bruno! - disse il
barone con voce sorda. - Non volevo crederci ai fantasmi; le credevo
sciocchezze di femminucce; ma adesso ci credo anch'io. Bisogna buttare in mare
questa forma della mia povera moglie che ha preso lo spirito maligno... e senza
che nessuno al castello e fuori ne sappia nulla, ché sarebbero capaci
d'inventarci su non so quale storia assurda... -
Bruno capiva e non ebbe bisogno
d'altre spiegazioni; però il suo signore non dimenticò di aggiungere sottovoce:
- Senti, vecchio mio, sai bene
che se la cosa si risapesse così come sembra essere avvenuta, io sarei stato
bigamo e peggio, e la tua testa sarebbe assai malferma sulle tue spalle, in
fede mia! -
In chiesa, ricorrendo
l'anniversario della morte di donna Violante, le furono resi dei pomposi e
costosi suffragi; però, non si sa come, cominciavasi a buccinare al castello e
fuori che la cosa fosse proprio avvenuta come sembrava, e come don
Garzia non voleva che sembrasse; e Bruno, il quale perciò cominciava a dubitare
che la sua testa non fosse ben ferma sulle sue spalle, un bel giorno a caccia
mise per distrazione una palla d'archibugio fra la prima e la seconda vertebra
del suo signore.
Donna Isabella, che avea una gran
paura del mal caduco, era andata a villeggiare presso la sua famiglia, e
siccome l'aria le faceva bene, non era più ritornata.
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