VI.
Il signor Luciano e la signora
Matilde si vedevano quasi tutti i giorni, in quella piccola società d'amici che
le veglie o le escursioni pei dintorni riunivano quotidianamente. La signora fu
indisposta due o tre giorni, e non si fece vedere. Allorché s'incontrarono la
prima volta parve così mutata a Luciano che ei le domandò premurosamente della
salute; il contegno di lei, le sue risposte, furono così imbarazzate, che il
giovane ne fu imbarazzato egli pure, senza saper perché.
Evidentemente ella lo evitava.
Era sempre allegra, spiritosa ed amabile con tutti, ma con lui era cambiata. -
Anche il marito avea cambiato maniere - senza che nulla fosse avvenuto, senza
che una parola fosse stata detta, senza che Luciano stesso sapesse ancora
perché ei fosse così turbato, perché l'imbarazzo di lei rendesse imbarazzato
anche lui, e perché si fosse accorto del cambiamento del signor Giordano. Una
bella sera di luna piena tutta la comitiva era uscita a passeggiare, e Luciano
offrì risolutamente il braccio alla signora Matilde; ella esitò alquanto, ma
non osò rifiutare; camminavano lentamente, in silenzio, mentre gli altri
ciarlavano e ridevano; ad un tratto ella gli strinse il braccio, e gli disse
con un soffio di voce: - Vedete! -
Il signor Giordano era lì presso,
dando il braccio alla signora Olani. La mano che stringeva il braccio di
Luciano era convulsa e tremante, la voce avea una vibrazione insolita.
Quando il signor Giordano ebbe
lasciata al cancello della villa la signora Olani, sembrò lasciare anche una
maschera che si fosse imposta sino a quel momento, e mostrossi soprappensieri,
taciturno e accigliato.
- Ho paura!... ho paura di lui!...
- mormorò Matilde sottovoce.
Luciano premette quel braccio
delicato che s'appoggiava leggermente al suo, e che gli rispose tremante e gli
si abbandonò confidente e innamorato, a lui che non avrebbe potuto proteggerla
neppure dando tutto il sangue delle sue vene. Si volsero uno sguardo, uno
sguardo solo, lucente nella penombra - quello della donna smarrito - e
chinarono gli occhi. Sull'uscio della casa si lasciarono. Ei non osò stringerle
la mano.
Ella partì, né seppe giammai
quali notti ardenti di visioni egli avesse passato, quali febbri l'avessero
roso accanto a lei, mentre sembrava così calmo e indifferente, quante volte
fosse stato a divorarla, non visto, cogli occhi, e quel che si fosse passato
dentro di lui allorché sorridendo dovette dirle addio dinanzi a tutti, e quando
la vide passare, rincantucciata nell'angolo della carrozza, colle guance
pallide e gli occhi fissi nel vuoto, e qual nodo d'amarezza gli avesse affogato
il cuore allorché rivide chiusa quella finestra dove l'avea vista tante volte.
L'indovinò? indovinò egli stesso quel che avesse sofferto ella pure? Quando
s'incontrarono di nuovo, dopo lungo tempo, parvero non conoscersi, non vedersi,
impallidirono e non si salutarono.
Finalmente s'incontrarono
un'altra volta - al ballo, in chiesa, al teatro, auspice Dio o la fatalità; ei
le disse: - Come potrei vedervi? - Ella impallidì, si fece di bracia, chinò gli
occhi, glieli fissò ardenti nei suoi, e rispose: - Domani -.
E il domani si videro - un'ora
dopo ella avea l'anima ebbra di estasi, i polsi tremanti di febbre, e gli occhi
pieni di lagrime. - Perché m'avete raccontato quella storia? - ripeteva
balbettando come in sogno.
Era pentimento, rimprovero, o
presentimento?
Alcuni mesi dopo, in autunno, la
medesima compagnia d'amici s'era riunita ad Aci Castello. I due che s'amavano
avevano saputo nascondere la loro febbre, o il marito avea saputo dissimulare
la sua collera, o la signora Olani era stata più assorbente. Si vedevano come
prima, si riunivano come prima, erano allegri, o sembravano, come prima. -
Qualche fuggitivo rossore di più sulle gote, e qualche lampo negli occhi -
null'altro! Si facevano le solite scampagnate, i soliti ballonzoli, si andava
in barca o a cavallo sugli asini, e si progettò anche il solito pranzo sulla
vecchia torre del castello. La signora Matilde mise in mezzo tutti gli
ostacoli; il marito la guardò in un certo modo, e le domandò la ragione
dell'insolita ripugnanza...
Andò anche lei.
Il pranzo fu allegro come quello
dell'anno precedente. Si mangiò sull'erba, si ballò sull'erba, e si buttarono
sull'erba le bottiglie dopo che ne furono fatti saltare i turaccioli. Si ciarlò
del castello, di memorie storiche, dei Normanni e dei Saraceni, della pesca
delle acciughe e dei secoli cavallereschi, e tornarono in campo le vecchie
leggende, e si raccontò di nuovo a pezzi e a bocconi la storia che Luciano avea
raccontato la prima volta in quel luogo medesimo, e che alcuni nuovi venuti
ascoltavano con avidità, digerendo tranquillamente, ed assaggiando il buon
moscato di Siracusa.
Luciano e la signora Matilde
stavano zitti da lungo tempo, ed evitavano di guardarsi.
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