X.
La sera che non dovea più trovar
Corrado nel castello si avvicinava rapidamente, ed egli non si rammentava
nemmeno della terribile minaccia di quel signore che giammai non minacciava
invano. Era pazzo di amore; avrebbe pagato colla testa un quarto d'ora di
colloquio colla sua signora. Il barone prima di andare a dormire soleva fare
tutte le sere la visita del castello. Corrado contava su quel momento per avere
un'ultima spiegazione, o un ultimo addio dalla baronessa. Allorché tutto fu
buio, s'insinuò non visto nel ballatoio, e venne a riuscire dietro la finestra
di donna Violante.
Don Garzia era seduto colle
spalle alla finestra, e stava cenando. La moglie eragli di faccia, col mento
sulla mano e gli occhi fissi, impietrati. Ad un tratto, fosse presentimento,
fosse fluido misterioso, fosse qualche lieve rumore fatto dal giovane
coll'appoggiare il viso ai vetri, ella trasalì, alzò il capo vivamente, e i
suoi sguardi s'incontrarono con quelli del paggio a guisa di due correnti
elettriche.
- Cos'avete? - domandò il barone.
- Nulla - diss'ella, bianca e
impassibile come una statua.
Il barone si voltò verso la
finestra: - Che rumore e cotesto? -
Donna Violante chiamò la
cameriera; e le ordinò di chiudere bene; era fredda e rigida come una statua di
marmo. - Sarà il vento, - soggiunse, - o la finestra non è ben chiusa -.
Corrado ebbe appena il tempo di
rannicchiarsi rasente al muro. Il barone di tanto in tanto volgeva alla
sfuggita sulla moglie uno sguardo singolare, e, cosa più singolare, era sobrio!
- Non bevete un sorso? - domandò versandole del vino.
Ella non osò rifiutare, alzò
lentamente il bicchiere, e si udirono i suoi denti urtare due o tre volte
contro il vetro.
Poi rimase pensierosa, ma con
certa ansietà febbrile, gettando sguardi irrequieti qua e là.
- Bisogna che vi cerchi un altro
paggio, ora che Corrado è partito - disse il barone figgendole gli occhi in
viso.
Donna Violante non rispose, ma
levò gli occhi anche lei, e si guardarono. Il barone bevve un altro bicchier di
moscato, e si alzò per andare a far la ronda della sera.
Come fu sola la donna, si levò
anch'essa, quasi spinta da una molla, e si diede a passeggiar per la camera,
agitata e convulsa. Ogni volta che passava dinanzi alla finestra vi gettava
un'occhiata scintillante. Ad un tratto vi andò risolutamente, e l'aperse.
Essi si trovarono faccia a
faccia, e si guardarono in silenzio.
- Ma che fai qui? - domandò donna
Violante con accento febbrile!
- Son venuto a morire - rispose
il paggio con calma terribile.
- Ah! - esclamò ella con un
sorriso amaro. - Lo sai che t'ho fatto scacciar io?
- Voi!
- Io!
- Perché m'avete fatto scacciare?
- Perché non ho potuto far
scacciare me stessa, e perché non ho avuto il coraggio di uccidermi dopo di
essermi vendicata.
- Che vi ho fatto? - esclamò egli
colle lagrime nella voce.
- Che m'hai fatto?... - rispose
la donna fissandolo con occhi stralunati. - Che m'hai fatto?... Ebbene, cosa
vuoi ancora? cosa sei venuto a fare?
- Son venuto a dirvi che vi amo!
- diss'egli senza entusiamo e senza amarezza.
- Tu! - esclamò la baronessa
celandosi il viso fra le mani.
- Perdonatemelo, Madonna! -
aggiunse il paggio sorridendo tristamente - cotesto amore che vi offende lo
sconterò in un modo terribile.
- No! - diss'ella con voce
delirante. - Non voglio che tu muoia, non voglio più amarti, e non voglio
rivederti mai più!... no! no! vattene! -
Egli scosse il capo rassegnato. -
Andarmene? È tardi, il ponte levatoio è tirato, e il barone mi ha detto che
questa sera non avrebbe voluto trovarmi più qui. Bisognava che io arrischiassi
qualche cosa per vedervi un'ultima volta, così bella come vi ho sempre dinanzi
agli occhi, e che io paghi con qualcosa di prezioso il potervi dire la
terribile parola che vi ho detto.
- Ebbene! - rispose donna
Violante, pallida come lui, tremante come lui - anche io sconterò il mio
fallo... È giusto! -
In questo momento si udirono i
passi del barone che ritornava accompagnato da qualcuno.
- Sia! - esclamò convulsivamente
la baronessa. - Ti amo, son tua, sia! moriamo! -
E gli cinse le braccia al collo,
e gli attaccò alle labbra le labbra febbrili. Si udì la voce di don Garzia che
diceva al Bruno:
- Tu va sul ballatoio e sta a
guardia da quella parte -.
Corrado si strappò da
quell'amplesso di morte, con uno sforzo più grande di quel che ci sarebbe
voluto per precipitarsi dalla finestra di cui gli veniva chiuso lo scampo, e
stringendole la mano risolutamente:
- No! voi no! Ricordatevi di me,
Violante, e non temete per voi. Il povero paggio saprà morire come un
gentiluomo -.
E mentre si udivano già i passi
del barone dietro l'uscio, e Bruno che percorreva il ballatoio, si slanciò
nell'andito ch'era dietro l'alcova, e in fondo al quale spalancavasi il
trabocchetto.
Don Garzia entrò con passo
rapido, non guardò nemmen la moglie, la quale sembrava un cadavere, gittò
un'occhiata alla finestra chiusa, ed entrò nell'andito senza dire una parola.
Non si udì più nulla. Poco dopo
riapparve d'Arvelo, calmo e impenetrabile come al solito. - Tutto è tranquillo,
- disse. - Andiamo a dormire, Madonna -.
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