XII.
La storia avea divertito tutti,
anche quelli che la conoscevano diggià, e che la commentavano ai nuovi venuti
colla leggenda degli spiriti che avevano abitato il castello. La sera era
venuta, l'ora e il racconto aiutavano le vagabonde fantasticherie
dell'eccellente digestione. Luciano e la signora Matilde avevano impallidito qualche
volta durante quel racconto che conoscevano:
- Badate, - le sussurrò egli
sottovoce. - vostro marito vi osserva! -
Ella si fece rossa, poi
impallidì, guardò il mare che imbruniva, e s'avviò la prima. Scesero le scale
crollanti, e giunti al basso era quasi buio. La grossa tavola che faceva da
ponte levatoio sull'abisso spaventoso il quale spalancasi sotto la rocca, a
quell'ora era un passaggio pericoloso. I più prudenti si fermarono prima di
metterci piede, e proposero di mandare al villaggio per cercar dei lumi.
- Avete paura? - esclamò il
signor Giordano con un sorrisetto sardonico.
E si mise arditamente sullo
strettissimo ponte. Sua moglie lo seguì tranquilla e un po' pallida, Luciano le
tenne dietro e le strinse la mano.
In quel momento, a 150 metri sul
precipizio, accanto a quel marito di cui s'erano svegliati i sospetti, quella
stretta di mano, di furto, fra le tenebre avea qualcosa di sovrumano. L'altro
li vide forse nell'ombra, lo indovinò, avea calcolato su di ciò... Si volse
bruscamente e la chiamò per nome. Si udì un grido, un grido supremo, ella
vacillò, afferrandosi a quella mano che l'avea perduta per aiutarla, e cadde
con lui nell'abisso.
A Trezza si dice che nelle notti
di temporale si odano di nuovo dei gemiti, e si vedano dei fantasmi fra le
rovine del castello.
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