-6-
Don Luca il sagrestano andava
spegnendo ad una ad una le candele dell'altar maggiore, con un ciuffetto d'erbe
legato in cima alla canna, tenendo d'occhio nel tempo istesso una banda di
monelli che irrompevano di tratto in tratto nella chiesa quasi deserta in
quell'ora calda, inseguiti a male parole dal sagrestano. Donna Bianca Trao,
inginocchiata dinanzi al confessionario, chinava il capo umile; abbandonavasi
in un accasciamento desolato; biascicando delle parole sommesse che
somigliavano a dei sospiri. Dal confessionario rispondeva pacatamente una voce
che insinuavasi come una carezza, a lenire le angosce, a calmare gli scrupoli,
a perdonare gli errori, a schiudere vagamente nell'avvenire, nell'ignoto, come
una vita nuova, un nuovo azzurro. Il sole di sesta scappava dalle cortine, in
alto, e faceva rifiorire le piaghe di sant'Agata, all'altar maggiore, quasi due
grosse rose in mezzo al petto. Allora la penitente risollevavasi ansiosa,
raggiante di consolazione, aggrappandosi avidamente alla sponda
dell'inginocchiatoio, con un accento più fervido, appoggiando la fronte sulle
mani in croce per lasciarsi penetrare da quella dolcezza. Veniva un ronzìo di
mosche sonnolenti, un odor d'incenso e di cera strutta, un torpore greve e come
una stanchezza dal luogo e dall'ora. Una vecchia aspettava accoccolata sui
gradini dell'altare, simile a una mantellina bisunta posata su di un fagotto di
lavandaia, e quando destavasi borbottando, don Luca le dava sulla voce:
- Bella creanza! Non vedete che
c'è una signora prima di voi al confessionario?... quelle non sono le quattro
chiacchiere che avete da portarci voi al tribunale della penitenza!... discorsi
di famiglia, cara voi!... affari importanti!
Nell'ombra del confessionario
biancheggiò una mano che faceva il segno della croce, e donna Bianca si alzò
infine, barcollando, chiusa nel manto sino ai piedi, col viso raggiante di una
dolce serenità. Don Luca, vedendo che la vecchia non si risolveva ad andarsene,
toccò la mantellina colla canna.
- Ehi? ehi? zia Filomena?... È
tardi oggi, è tardi. Sta per suonare mezzogiorno, e il confessore deve
andarsene a desinare.
La vecchia levò il capo
istupidito, e si fece ripetere due o tre volte la stessa cosa, testarda,
imbambolata. - Sicuro, sto per chiudere la chiesa. Potete andarvene, madre mia.
Oggi?... neppure!... ci ha la trebbia al Passo di Cava padre Angelino. Giorni
di lavoro, cara mia! - Bel bello riescì a mandarla via, borbottando, trascinando
le ciabatte. Poi, mentre il prete infilava l'uscio della sagrestia, don Luca
dovette anche dar la caccia a quei monelli, rovesciando banchi e sedie, facendo
atto di tirare l'incensiere: - Fuori! fuori! Andate a giuocare in piazza! -
Nello stesso tempo passava e ripassava vicino a donna Bianca che si era
inginocchiata a pregare dinanzi alla cappella del Sacramento, sfolgorante d'oro
e di colori lucenti da accecare, tossendo, spurgandosi, fermandosi a soffiarsi
il naso, brontolando:
- Neppure in chiesa!... non si
può raccogliersi a far le orazioni!...
Donna Bianca si alzò in piedi,
segnandosi, colle labbra ancora piene di avemarie. Il sagrestano le rivolse la
parola direttamente, mentr'essa avviavasi per uscire:
- Siete contenta, vossignoria? Un
sant'uomo quel padre Angelino! Confessa bene, eh? V'ha lasciata contenta?
Ella accennò di sì col capo, col
sorriso breve, rallentando il passo per cortesia.
- Un bravo uomo! un uomo di
giudizio! Quello sì che ve lo può dare un buon consiglio... meglio di vostro fratello
don Ferdinando... ed anche di don Diego, sì!...
Guardò intorno cogli occhi di
gatto avvezzi a vederci al buio nella chiesa e su per la scala del campanile, e
aggiunse sottovoce, cambiando tono, in aria di gran mistero:
- Sapete che risposta gli hanno
dato a don Gesualdo Motta? Aveva mandato a fare la domanda formale di
matrimonio, ieri dopo pranzo, col canonico Lupi...
Bianca arrossì senza levare il
capo. Il sagrestano che la guardava negli occhi bassi, seguendola passo passo,
riprese più forte:
- Gli hanno detto di no... tale e
quale come ve lo dico adesso... Il canonico è rimasto di sale!... Nessuno si
sarebbe aspettato quella risposta, non è vero?... il canonico donna Marianna,
anche la baronessa vostra zia, tutti che ci avevano posto un grande impegno!...
Si sarebbe mosso quel Cristo ch'è di legno, vedete! Nessuno l'avrebbe creduto
così duro, quel don Diego vostro fratello! un signore umile e buono che pareva
di potersi confessare con lui!... Non parlo di don Ferdinando, ch'è peggio di
un ragazzo, poveretto!...
Egli era riuscito a fermare donna
Bianca, piantandosele dinanzi, cogli occhi lucenti, il viso acceso, abbassando
ancora la voce nel farle una confidenza decisiva:
- Don Gesualdo sembra
impazzito!... Dice che non può mandarla giù! che ne farà una malattia, com'è
vero Iddio!... Sono andato a trovarlo alla Canziria... faceva trebbiare il
grano... - Don Gesualdo, ch'è questa la maniera di prendersela?... Ci lascerete
la pelle, vossignoria!... - Lasciatemi stare, caro don Luca, che so io!... dacché
il canonico mi portò quella bella risposta!... - Sembra davvero malato di
cent'anni!... La barba lunga... Non dorme e non mangia più...
In quel momento si udì uno
scalpiccìo di gente di chiesa. Don Luca alzò la voce di botto, quasi parlasse a
un sordo:
- Oggi padre Angelino ci ha la
trebbia al Passo di Cava. Se avete qualche altro peccato da confessarvi, c'è
l'arciprete Bugno sfaccendato... buono anche quello! un servo di Dio...
Però vedendo il canonico Lupi che
s'avanzava verso di loro, inchinandosi a ogni altare, colla destra stillante
d'acqua benedetta, il nicchio pendente dall'altra mano:
- Benedicite, signor canonico!
Come va da queste parti?...
Il canonico, invece di
rispondergli, si rivolse a donna Bianca con un sorriso sciocco sul muso aguzzo
di furetto color di filiggine.
- Facciamo del bene, donna
Bianca! Raccomandiamoci al Signore! Vi ho vista entrare in chiesa, mentre
andavo qui vicino, da don Gesualdo Motta, e ho detto: Ecco donna Bianca che fa
la sua visita alle Quarant'ore, e dà il buon esempio a me, indegno sacerdote...
- Giusto... qui c'è il signor
canonico!... Se avete qualche altro peccato da dirgli, donna Bianca...
- Io non posso, mi dispiace!
Monsignore non mi ha data la confessione, perché sa che me ne manca il tempo...
- Indi aggiunse con un certo risolino, lisciandosi il mento duro di barba. -
Poi i vostri fratelli non vorrebbero...
Donna Bianca, rossa come se
avesse avuto sul viso tutto il riflesso della cortina che velava l'altare del
Crocifisso, finse di non capire. Il canonico ripigliò, mutando registro:
- Ci ho tante faccende gravi
sulle spalle... mie e d'altrui... Andavo appunto da don Gesualdo per
commissione di vostra zia. Sapete il grosso affare che hanno insieme, colla
baronessa? -Donna Bianca fece segno di no.
- Un affare grosso... Si tratta
di pigliare in affitto le terre di tutti i comuni della Contea!... Don Gesualdo
ha il cuore più grande di questa chiesa!... e i conquibus anche!... Assai!
assai, donna Bianca! Assai più di quel che si crede... Uno che si farà ricco
come Creso, con quella testa fine che ha!
Don Luca si lasciò scappare di
bocca, mentre andava spogliandosi degli abiti ecclesiastici, col viso dentro la
cotta, le braccia in aria, la voce soffocata:
- Bisogna vedere quel che ha
raccolto alla Canziria, bisogna vedere!
- Ah, ah! venite di lassù?
- Sissignore, - rispose il
sagrestano, cavando fuori il viso rosso e imbarazzato. - Così, per fare quattro
passi... Ci vado ogni anno per la limosina della chiesa... Don Gesualdo è
devoto di sant'Agata!
- Un cuor d'oro! - interruppe il
canonico. - Generoso, caritatevole!... Peccato che...
E si diede della mano sulla
bocca.
- Quello che stavo dicendo a
donna Bianca!... - confermò don Luca, ripreso animo, cogli occhietti di nuovo
petulanti.
- Basta! basta! Ciascuno dispone
a suo modo in casa sua! Ora vi lascio pei fatti vostri. Tanti saluti a don
Diego e a don Ferdinando!
Donna Bianca imbarazzata voleva
andarsene anche lei; ma ma il sagrestano la trattenne:
- Un momento! Cosa devo dire a
padre Angelino, se volete mettervi in grazia di Dio prima della festa di san
Giovanni Battista...
Il canonico insisteva anche lui:
- No, no, restate, donna Bianca, fate gli affari vostri. - Poscia, appena egli
lasciò ricadere la portiera, uscendo, don Luca ammiccò: - E così? che devo dire
a don Gesualdo, se mai lo vedo... per caso?..
Essa sembrava esitante. Seguitava
ad avviarsi verso la porta della chiesa, passo passo, tenendo gli occhi bassi,
come infastidita dall'insistenza del sagrestano.
- Giacché i miei fratelli hanno
detto di no...
- Una sciocchezza hanno detto!
Avrei voluto condurli per mano alla Canziria, e fargli vedere se non vale tutti
i vostri ritratti affumicati!... Scusatemi, donna Bianca!... parlo
nell'interesse di vossignoria... I vostri fratelli tengono al fumo perché sono
vecchi... hanno i piedi nella fossa, loro!... Ma voi che siete giovine, come
rimanete? Non si rovina così una sorella!... Un marito simile non ve lo manda
neppure san Giuseppe padre della provvidenza!... Sono pazzi a dir di no i
vostri fratelli!... pazzi da legare!... Le terre della Contea se le piglierà
tutte lui, don Gesualdo!... e poi le mani in pasta da per tutto. Non si mura un
sasso che non ci abbia il suo guadagno lui... Domeneddio in terra! Ponti,
mulini, fabbriche, strade carreggiabili!... il mondo sottosopra mette quel
diavolo! Fra poco si andrà in carrozza sino a Militello, prima Dio e don
Gesualdo Motta!... Sua moglie andrà in carrozza dalla mattina alla sera!...
camminerà sull'oro colato, come è vero Dio! Anche padre Angelino vi avrà
consigliato la stessa cosa che vi dico io... Non ho udito nulla, per non
violare il suggello della confessione, ma padre Angelino è un uomo di
giudizio... vi avrà consigliato di prendere un buon marito... di mettervi in
grazia di Dio.
Donna Bianca lo guardò
sbigottita, col mento aguzzo dei Trao che sembrava convulso. Indi alzò verso il
crocifisso gli occhi umidi di lagrime, colle labbra pallide serrate in una
piega dolorosa. Con quelle labbra senza sangue rispose infine sottovoce:
- I miei fratelli sono padroni...
tocca a loro decidere...
Don Luca a corto d'argomenti
rimase un istante quasi sbalordito, piantandosi dinanzi a lei per non lasciarla
scappare, soffocato da tante buone ragioni che aveva in gola, balbettando,
annaspando, grattandosi rabbiosamente il capo, con gli occhietti scintillanti
che andavano come frugandola tutta da capo a piedi per trovare il punto debole,
scuotendole dinanzi le mani giunte, minaccioso e supplichevole. Alla fine
proruppe:
- Ma è giustizia, santo Dio? è
giustizia far tribolare in tal modo un galantuomo che vi vuol tanto bene?...
Dare un calcio alla fortuna?... Scusatemi, donna Bianca! io parlo nel vostro
interesse... Dovete pensarci voi! Non siete più sotto tutela, alla fin fine!...
Mi scaldo il sangue per voi... perché sono buon servo della vostra famiglia...
una gran casata!... peccato che non sia più quella di prima!... Ora che avreste
il mezzo di far risorgere il nome dei Trao!... Questo si chiama dare un calcio
alla fortuna!... si chiama essere ingrati colla divina Provvidenza.
Essa seguitava ad andare verso la
porta, irresoluta, a capo chino. Don Luca alle calcagna di lei, accalorandosi,
toccando tutti i tasti, mutando tono a ogni registro: - E certe giornate, donna
Bianca!... certe giornate che spuntano a casa vostra!...
Basta, scusatemi, io ne parlo
perché ci bazzico sempre ad aiutarvi, insieme a mia moglie... E quando i vostri
parenti si dimenticano che siete al mondo!... certe giornate d'inverno come
vuol Dio!... Basta! Potreste esser la regina del paese, invece! pensateci bene.
Don Gesualdo spiccherebbe di lassù il sole e la luna per farvi piacere!... Non
ci vede più dagli occhi!... Sembra un pazzo addirittura.
Donna Bianca s'era fermata su due
piedi, a testa alta, con una fiamma improvvisa che parve buttarle in viso la
portiera sollevata in quel momento da qualcuno che entrava in chiesa. Comparve
una donna macilenta, colla gonnella in cenci sollevata dalla gravidanza sugli
stinchi sottili, sudicia e spettinata, come se non avesse fatto altro in vita sua
che portare avanti quel ventre - un viso di chioccia istupidita dal covare, con
due occhietti tondi su di una faccia a punta, gialla e incartapecorita, e un
fazzoletto lacero da malata, legato sotto il mento; nient'altro sulle spalle,
da persona ch'è di casa in casa del Buon Dio. Essa dalla soglia si mise a
gemere, quasi avesse le doglie:
- Don Luca?... che non lo suonate
mezzogiorno?... la pentola sta per bollire...
- Perché l'hai messa a bollire
così presto? Il sole è ancora qui, sul limitare... L'arciprete fa un casa del
diavolo per questa faccenda di suonare mezzogiorno prima dell'ora... Per
stavolta... giacché è fatta... eccoti la chiave del campanile...
Don Luca, tenendo ancora la cotta
sotto il braccio, litigava colla moglie, stecchito nella sottana bisunta
quant'era enorme il ventre della donna:
- Tu ci hai l'orologio lì, nella
pancia!... Pensi solo a mangiare!... Ci vuol la grazia di Dio!... I vicini sono
ancora tutti fuori... Ecco lì i ragazzi di Burgio!...
- Aspettano anche loro!... -
piagnucolò la moglie, sempre su quel tono. - Aspettano che suonate
mezzogiorno... - E se ne andò col ventre avanti.
- I nipoti di don Gesualdo! -
riprese il sagrestano ammiccando in modo significativo a donna Bianca nel
tornare indietro. - Stanno lì a farci la spia!... Li manda sua madre apposta
comare Speranza, per sapere tutto quello che facciamo! Tiene d'occhio la roba,
colei!... quasi fosse sua!... Ci ha fatto i suoi disegni sopra!... Quando
m'incontra ha l'aria di mangiarmi!...
Finse di precedere donna Bianca
per sollevare la portiera, onde trattenerla ancora un momento: - Lui fa proprio
compassione!... Una faccia da malato!... Mi parlò tutto il tempo di
vossignoria... Dice che forse il canonico Lupi non avrà saputo fare
l'imbasciata... che vorrebbe parlarvi... per vedere... per sentire...
Donna Bianca si fece di fuoco.
- È innamorato, che volete farci?
Innamorato come un pazzo. Dovreste tornare a parlargliene coi vostri fratelli.
Mandargli qualche buona parola... una risposta più da cristiani... Verrò io
stesso a prenderla, dopo mezzogiorno, quando don Diego e don Ferdinando sono in
letto... col pretesto dei fiori per la Madonna... Sì? Cosa mi dite?
Essa chinò il capo rapidamente,
nel passare sotto la cortina, ed uscì fuori. Don Luca credette di scorgere che
volesse frugarsi in tasca, e seguitò, correndole dietro:
- Che fate? No! Mi offendete!
Un'altra volta... più tardi... quando potrete... Ho pensato meglio di mandare
mia moglie, a prendere la risposta di vossignoria. Non vorrei che i vostri
fratelli, vedendomi bazzicare per casa, sospettassero che mi manda il
canonico...
Dopo vespro spicciò lesto lesto
il servizio della chiesa e corse alla Canziria: cinque miglia di salita,
pazienza, per amore di don Gesualdo che se lo meritava, in verità! - Sta per
cascare, don Gesualdo! Ancora essa non mi ha detto chiaro di sì, colla sua
bocca; ma si vede che tentenna, come la pera quand'è matura. Sono pratico di
queste cose, perché vedo tutti i giorni in chiesa delle donne che ricorrono al
tribunale della penitenza... prima e poi... M'ha fatto sudare una camicia!...
Ma ora vi dico che la pera è matura! Un'altra crollatina, e vi casca fra le
braccia; ve lo dico io! Dovreste correre al paese e scaldare il ferro mentre è
caldo.
Però don Gesualdo non fece una
gran festa all'imbasciata amorosa che gli capitava in quel momento: - Vedete,
don Luca, ci ho tutta la raccolta nell'aia... Sono in piedi da stanotte... Non
ho sempre il vento in tasca per trebbiare a comodo mio!...
L'aia era vasta quanto una
piazza. Dieci muli trottavano in giro, continuamente; e dietro i muli correvano
Nanni l'Orbo e Brasi Camauro, affondando nella pula sino ai ginocchi, ansanti,
vociando, cantando, urlando. Da un lato, in una nuvola bianca, una schiera di
contadini armati di forche, colle camice svolazzanti, sembrava che vangassero
nel grano; mentre lo zio Carmine, in cima alla bica, nero di sole, continuava a
far piovere altri covoni dall'alto. Delle tregge arrivavano ogni momento dai
seminati intorno, cariche d'altra messe; dei garzoni insaccavano il grano e lo
portavano nel magazzino, dove non cessava mai la nenia di Pirtuso che cantava
«e viva Maria!» ogni venti moggi. Tutt'intorno svolazzavano stormi di galline,
un nugolo di piccioni per aria; degli asinelli macilenti abboccavano affamati
nella paglia, coll'occhio spento; altre bestie da soma erano sparse qua e là; e
dei barili di vino passavano di mano in mano, quasi a spegnere un incendio. Don
Gesualdo sempre in moto, con un fascio di taglie in mano, segnando il frumento
insaccato, facendo una croce per ogni barile di vino, contando le tregge che
giungevano, sgridando Diodata, disputando col sensale, vociando agli uomini da
lontano, sudando, senza voce, colla faccia accesa, la camicia aperta, un
fazzoletto di cotone legato al collo, un cappellaccio di paglia in testa.
- Lo vedete, don Luca, se ho
tempo da perdere adesso!... Vino qua! Date da bere a don Luca!... Sì, sì,
verrò; ma quando potrò... Per ora non posso muovermi, cascasse il mondo!... Diodata!...
bada che il vento spinge la fiamma verso l'aia, santo e santissimo!... No, don
Luca! non sono in collera pel rifiuto dei suoi fratelli... Venite qua,
accostatevi, ch'è inutile far sapere alla gente i fatti nostri!... Ciascuno la
pensa a modo suo... Poi è lei che deve risolvere... Se lei dice di sì, io per
me non mi tiro indietro... Ma oggi non posso venire... e neppure domani... BÈ!
dopodomani!... Dopodomani devo venire anche per l'affare della gabella, e ne
discorreremo.
Don Luca suggerì pure di far
precedere due paroline scritte: - Ci abbiamo appunto mia moglie che par fatta
apposta per consegnarle sottomano a donna Bianca, senza destar sospetti. Una
bella letterina, con due o tre parole che fanno colpo sulle ragazze! Capite,
vossignoria? Ciolla ci ha la mano... Ne parlerei io stesso a Ciolla in
segretezza, senza stare a rompervi il capo, vossignoria; e vi fa fare una bella
figura. Con un bottiglione di vino poi ve lo chetate, il Ciolla.
Don Gesualdo non volle sapere di
lettera: - Non per risparmiare il vino; ma che storie mi andate contando? Se a
lei l'affare gli va, allora che bisogno c'è di tante chiacchiere.
- Basta! basta! - conchiuse don
Luca. - Dicevo per piantare meglio il chiodo. Ma voi siete il padrone.
Don Luca se ne tornò tutto
contento, con un agnello e una forma di cacio. Per prudenza mandò la moglie a
fare l'imbasciata, sotto un pretesto: - Circa a quel discorso che siete intesi
con mio marito, vossignoria, dice che il confessore verrà dopodomani a prendere
la risposta!... Il confessore domenica aspetta la risposta!... - Don Ferdinando
che aveva udito aprire il portone, comparve in quel momento come un fantasma.
- Il confessore!... - riprese a
dire la gnà Grazia senza che nessuno le domandasse nulla. - Donna Bianca voleva
confessarsi!... Oggi non può, il confessore... E domani neppure... Domenica
piuttosto, se gli fate sapere che siete pronta...
La poveraccia, sotto quegli occhi
stralunati di don Ferdinando, che pareva la frugassero tutta, sospettosi,
inquieti, si confondeva, balbettava, cercava le parole. Poscia, vedendo che
l'altro stava zitto e non si moveva, allampanato, tacque anch'essa, e si mise a
guardare in aria, a bocca aperta, colle mani sul ventre. Bianca, a tagliar
corto, la condusse nella dispensa, per darle una grembiata di fave. Don
Ferdinando, sempre dietro, cucito alle loro calcagna, taciturno, guardando in
ogni cantuccio, sospettoso. Si chinò anch'esso sul mucchietto di fave,
covandolo colla persona, misurandolo ad occhio, palpandolo colle mani. E dopo
che la sagrestana se ne fu andata, come un'anatra, reggendo il grembiule pieno
sul ventre enorme, si mise a brontolare:
- Troppe!... Ne hai date
troppe!... Stanno per terminare!...La zia non ne manda altre prima di
Natale!...
La sorella voleva andarsene; ma
lui seguitava a cercare, a frugare, a passare in rivista la roba della
dispensa: due salsicciotti magri appesi a un gran cerchio; una forma di cacio
bucata dai topi; delle pere infracidite su di un'asse; un orciolino d'olio
appeso dentro un recipiente che ne avrebbe contenuto venti cafisi; un sacco di
farina in fondo a una cassapanca grande quanto un granaio; il cestone di vimini
che aspettava ancora il grano della Rubiera.
Infine riprese:
- Ci vuol l'aiuto di Dio!...
Siamo tre bocche da sfamare, in casa!... Ti par poco? Ci vorrebbe anche un po'
di brodo per Diego... Non mi piace da qualche tempo!... Hai visto la faccia che
ha? Lo stesso viso della buon'anima, ti rammenti?... quando si mise a letto per
non alzarsi più! E il medico non viene neppure, perchè ha paura di non esser
pagato... dopo tanti denari che s'è mangiati nell'ultima malattia della
buon'anima!... La zia Rubiera s'è dimenticata che siamo al mondo... ed anche la
zia Sganci...
Così brontolando andava passo
passo dietro alla sorella, chinandosi a raccattar per terra le fave cadute dal
grembiule di Grazia. Poscia, come svegliandosi da un sogno, domandò:
- Tu perché non vai più dalla zia
Rubiera? Avrebbe mandato un paio di piccioni, sapendo che Diego non sta bene...
per fargli un po' di brodo...
Bianca divenne di brace in viso,
e chinò gli occhi. Don Ferdinando aspettò un momento la risposta a bocca
aperta, battendo le palpebre. Indi tornò nella dispensa a riporre le fave che
aveva raccolte da terra. Poco dopo essa se lo vide comparire dinanzi un'altra
volta, con quell'aria sbalordita.
- Se torna la sagrestana non gli
dar nulla, un'altra volta! Sanguisughe sono! Le fave stanno per terminare, hai
visto?... E un'altra cosa... Dovresti andare dalla zia Sganci per un po'
d'olio... in prestito... Diglielo bene che lo vuoi in prestito, perché noi non
siamo nati per chiedere la limosina... giacché la zia non ci ha pensato... Fra
poco saremo al buio... anche Diego che è malato... tutta la notte!...
E spalancava gli occhi,
accennando ancora colle mani e col capo, con un terrore vago sul viso attonito.
Da lontano si udiva di tanto in tanto la tosse che si mangiava don Diego,
attraverso agli usci, lungo il corridoio, implacabile e dolorosa, per tutta la
casa... Bianca sussultava ogni volta, col cuore che le scoppiava, chinandosi ad
ascoltare, o fuggiva come spaventata, tappandosi le orecchie.
- Non ci reggo, no! Non ci
reggo!...
Infine Dio le diede la forza di
ricomparire dinanzi a lui, quel giorno in cui don Ferdinando le aveva detto che
il fratello stava peggio, nella cameretta sudicia, sdraiato su quel lettuccio
che sembrava un canile. Don Diego non stava né peggio né meglio. Era lì,
aspettando quel che Dio mandava, come tutti i Trao, senza lagnarsi, senza
cercare di fuggire il suo destino, badando solo di non incomodare gli altri, e
tenersi per sé i suoi guai e le sue miserie. Volse il capo, vedendo entrare la
sorella, quasi un'ombra gli calasse sul viso incartapecorito. Poscia le accennò
colla mano di accostarsi al letto. - Sto meglio... sto meglio... povera
Bianca!... Tu come stai?... Perché non ti sei fatta vedere?... perché?...
Le accarezzava il capo con quella
mano scarna e sudicia di malato povero. Gli era rimasto sulle guance incavate e
sparse di peli grigi un calore di fiamma.
- Povera Bianca!... son sempre
tuo fratello, sai!... il tuo fratello che ti vuol tanto bene... povera
Bianca!...
- Don Ferdinando mi ha detto... -
balbettò essa timidamente. - Volete un po' di brodo?...
Il malato da prima fece segno di
no, guardando in aria, supino. Poi volse il capo, fissandola cogli occhi avidi
dal fondo delle orbite che sembravano vuote, filigginose. - Il brodo, dicevi?
C'è un po' di carne?...
- Manderò dalla zia... dalla zia
Sganci!... - s'affrettò ad aggiungere Bianca, con una vampa improvvisa sulle
guance. Sul volto del fratello era passata un'altra fiamma simile.
- No! no!... non ne voglio.
Neppure il medico voleva: - No,
no! Cosa mi fa il medico?... Tutte imposture!... per spillarci dei denari... Il
vero medico è lassù!... Quel che vorrà Dio... Del resto mi sento meglio...
Parve migliorare realmente, di lì
a qualche giorno: del buon brodo, un po' di vino vecchio che mandava la zia
Sganci, l'aiutarono ad alzarsi da letto, ancora sconquassato, col fiato ai
denti. Venne pure donna Marianna in persona a fargli visita, premurosa, con un
rimprovero amorevole sulla faccia buona: - Come? Siete in quello stato ed io
non ne so nulla? Siamo in mezzo ai turchi? Siamo parenti, sì o no? Sempre
misteri! Sempre ombrosi e selvatici, tutti voialtri Trao!... rincantucciati
come gli orsi in questa tana! Un bel mattino vi troveranno belli e morti
all'improvviso che sarà una vergogna per tutto il parentado!... Neppure di quel
negozio del matrimonio non me ne avete detto nulla!...
E sfilò quest'altro rosario:
Erano pazzi, o cos'erano, a rifiutare una domanda simile a quella?... Uno sulla
strada di farsi riccone come don Gesualdo Motta!... - Don Gesualdo! sissignori!
I pazzi lasciateli stare!... Vedete bene in quale stato vi hanno ridotto!... Un
cognato che potrebbe aiutarvi in tutti i modi... che vi toglierebbe da tante
angustie!... Ah!... ah!...
Donna Marianna guardava intorno
per la stanzaccia squallida, crollando il capo. Gli altri non fiatavano: Bianca
a capo chino; don Ferdinando aspettando che parlasse suo fratello, cogli occhi
di barbagianni fissi su di lui.
Don Diego da principio rimase
attonito, brontolando:
- Mastro-don Gesualdo!... Siamo
arrivati fin lì!... Mastro-don Gesualdo che vuol sposare una Trao!...
- Sicuro! Chi volete che la
sposi?... senza dote? Non è più una bambina neppure lei!... È un tradimento
bell'e buono!... Cosa farà, quando chiuderete gli occhi voi e vostro
fratello?... la serva, eh? La serva della zia Rubiera o di qualchedun altro?...
Don Diego si alzò da letto come
si trovava, in camiciuola di flanella, col fazzoletto in testa, le gambe
stecchite che gli tremavano a verga dentro le mutande logore: un ecceomo!
Andava errando per la stanza, stralunato, facendo gesti e discorsi incoerenti,
tossendo, tirando il fiato a stento, soffiandosi il naso, quasi suonasse una
tromba.
- Mastro-don Gesualdo!... Saremmo
arrivati a questo, che una Trao sposerebbe mastro-don Gesualdo! Tu
acconsentiresti, Bianca?... di'!... Tu diresti di sì?...
Bianca pallidissima, senza levare
gli occhi da terra, disse di sì col capo, lentamente.
Egli agitò in aria le braccia
tremanti, e non seppe più trovare una sola parola. Don Ferdinando non fiatava
neppur lui, atterrito che Don Diego non riuscisse a persuader Bianca.
- Cosa volete che dica? - esclamò
la zia. - Vi pare un bell'avvenire quello d'invecchiare come voialtri... fra
tante angustie?... Scusatemi, ne parlo perché siamo parenti... Fo quel che
posso anch'io per aiutarvi... ma non è una bella cosa infine neanche per
voialtri... Ed ora che vi si offre la fortuna, risponderle con un calcio...
Scusatemi, io la direi una porcheria!
Tutt'a un tratto don Diego si
mise a ridere, quasi colpito da un'ispirazione, ammiccando dell'occhio,
fregandosi le mani, con dei cenni del capo che volevano dire assai.
- Va bene! va bene!... Non è che
questo?... perché ora come ora siamo un po' angustiati?... Ti pesa, di'?... ti
pesa questa vita angustiata, povera Bianca?... Hai paura per l'avvenire?...
Si fregò il mento peloso colla
mano ischeletrita, seguitando ad ammiccare, cercando di rendere furbo il
sorriso pallido.
- Vieni qua... Non ti dico
altro!... Anche voi, zia!... Venite a vedere!...
S'arrampicò tutto tremante su di
una seggiola per aprire un armadietto ch'era nel muro, al di sopra della
finestra, e ne tirò fuori mucchi di scartafacci e di pergamene - le carte della
lite - quella che doveva essere la gran risorsa della famiglia, quando avessero
avuto i denari per far valere le loro ragioni contro il Re di Spagna: dei
volumi gialli, logori e polverosi, che lo facevano tossire a ogni voltar di
pagina. Sul letto era pure sciorinato un grand'albero genealogico, come un
lenzuolo: l'albero della famiglia che bagnava le radici nel sangue di un re
libertino, come portava il suo stemma - di rosso, con tre gigli d'oro, su
sbarra del medesimo, e il motto che glorificava il fallo della prima autrice:
Virtutem a sanguine traho.
S'era messi gli occhiali,
appoggiando i gomiti sulla sponda del lettuccio, bocconi, con gli occhi che si
accendevano in fondo alle orbite livide.
- Son seicent'anni d'interessi
che ci devono!... Una bella somma!... Uscirete d'ogni guaio una volta per
sempre!...
Bianca era cresciuta in mezzo a
simili discorsi che aiutavano a passare i giorni tristi. Aveva veduto sempre
quei libracci sparsi sulle tavole sgangherate e per le sedie zoppe. Così essa non
rispose. Suo fratello volse finalmente il capo verso di lei, con un sorriso
bonario e malinconico.
- Parlo per voialtri... per te e
per Ferdinando... Ne godrete voialtri almeno... Quanto a me... io sono
arrivato... Te'!... te' la chiave!... serbala tu!
La zia Sganci, a quei discorsi,
da prima scattò come una molla: - Caro nipote, mi sembrate un bambino! - Ma
subito si calmò, col sorriso indulgente di chi vuol far capire la ragione
proprio a un ragazzo.
- Va bene!... va benone!...
Intanto maritatela con lo sposo che vi si offre adesso, e poi, se diverrete
tanti Cresi, sarà anche meglio.
Don Diego rimase interdetto al
vedere che la sorella non prendeva la chiave, e tornò daccapo:
- Anche tu, Bianca?... Dici di sì
anche tu?...
Essa, accasciata sulla seggiola,
chinò il capo in silenzio.
- E va bene!... Giacché tu lo
vuoi... giacché non hai il coraggio di aspettare...
Donna Mariannina seguitava a
perorare la causa di don Gesualdo, dicendo ch'era un affare d'oro quel
matrimonio, una fortuna per tutti loro; congratulandosi con la nipote la quale
fissava fuori dalla finestra, cogli occhi lucenti di lagrime; rivolgendosi
financo a don Ferdinando che guardava tutti quanti ad uno ad uno, sbalordito;
battendo sulle spalle di don Diego il quale sembrava che non udisse, cogli
occhi inchiodati sulla sorella e un tremito per tutta la persona. A un certo
punto egli interruppe la zia, balbettando:
- Lasciatemi solo con Bianca...
Devo dirle due parole... Lasciateci soli...
Essa alzò gli occhi sbigottita,
faccia a faccia col fratello che sembrava un cadavere, dopo che la zia e don
Ferdinando furono usciti.
Il pover'uomo esitò ancora prima
di aggiungere quel che gli restava a dire, fissando la sorella con un dolore
più pungente e profondo. Poscia le afferrò le mani, agitando il capo, movendo
le labbra senza arrivare a profferir parola.
- Dimmi la verità, Bianca!...
Perché vuoi andartene dalla tua casa?... Perchè vuoi lasciare i tuoi
fratelli?... Lo so! lo so!... Per quell'altro!... Ti vergogni a stare con noi,
dopo la disgrazia che t'è capitata!...
Continuava ad accennare del capo,
con uno struggimento immenso nell'accento e nel viso, colle lagrime amare che
gli scendevano fra i peli ispidi e grigi della barba.
- Dio perdona... Ferdinando non
sa nulla!... Io... io... Bianca!... Come una figliuola ti voglio bene!... Mia
figlia sei... Bianca!...
Tacque sopraffatto da uno scoppio
di pianto.
Ella più morta che viva scosse il
capo lentamente e biascicò:
- No... no... Non è per questo...
Don Diego lasciò ricadere adagio
adagio le mani della sorella, quasi un abisso si scavasse fra di loro.
- Allora!... Fa quello che
vuoi... fa quello che vuoi...
E le volse le spalle, curvo,
senza aggiunger altro, strascicando le gambe.
|