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Giovanni Verga I nuovi tartufi IntraText CT - Lettura del testo |
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SCENA III
Maria, Emilia, abbagliata con caricatura provinciale, e detti.
Maria. (a Giorgio) Guardatemi negli occhi, signorino. Giorgio. (baciandole la mano) Non oso farlo, Maria, son troppo belli i vostri. Emilia. (a Ferdinando) Carissimo dottore! (a Giorgio) Illustrissimo signor marchesino! Giorgio. (baciandole la mano) Oggi è il giorno natalizio della Maria. Vorrà permettermi, egregia signora, che le presenti, insieme a questi poveri fiori, le mie felicitazioni più sincere? (dando i fiori a Maria). Maria. Oh, come son belli!... Grazie, Giorgio! Ferdinando. (piano ad Emilia) Che raro esempio di moralità in mezzo alla corruzione della gioventù del giorno, eh? Egli non ha nemmeno l'ardire di fare un complimento alla fidanzata senza il vostro materno permesso. (forte) Anch'io ho pensato alla signorina; però se il mio dono è meno vistoso è molto più interessante e proficuo. Signorina, eccovi il «Vero Mese Mariano» (le presenta il libro) Raccolta di poesie ed orazioni in onore della Beata Vergine di cui portate il nome. Emilia. Sempre il nostro pio e degno dottore, amico impareggiabile (siedono). Giorgio. Sebbene il mio dono sia alquanto mondano, pure non vi è dimenticata la solenne ricorrenza che rammenta. Vi prego, Maria, di leggere quel che vi è ricamato sul nastro. Maria. (legge) «Te festeggiando inneggio con questa occasione Alla divina Vergine. Che combinazione!» Ferdinando. Bello!... ammirabile!... stupendo!... Emilia. Benissimo, signor marchesino... degno amico di questo caro dottore. Giorgio. (modestamente) Oh! signora!... Si dice quel che si ha in cuore... la Religione... Maria. (chiamando) Giorgio. Giorgio. Che volete? (andando a lei). Maria. (sottovoce) Non avete trovato altro che questi stupidi versi per farmi un complimento? Giorgio. (come sopra) Sapete che il miglior complimento che possa farvi è quello di amarvi come v'amo, e di rimanere estatico dinanzi a voi come rimango in questo momento. Maria. Adulatore! Giorgio. Non mi credete? Maria. (guardandosi allo specchio con civetteria e sorridendo) No! Giorgio. (additando lo specchio) Ecco lì un adulatore più entusiasta di me. Maria. (sorridendo come sopra) Come mi trovate stasera? (acconciandosi allo specchio). Giorgio. Come sempre: adorabile! Ferdinando. (ad Emilia additando i giovani) Giovinezza! Emilia. Età felice! Ferdinando. Età critica in cui è un favore privilegiato dal Cielo quando si possono incontrare cuori ingenui e costumi esemplari come quelli dei nostri ragazzi. Emilia. Io la devo a voi questa fortuna, caro dottore. Ferdinando. Oh... egregia amica... Emilia. Voi non solo ci avete fatto il favore di accompagnarci qui e di sostenerci e guidarci nella difficile scelta delle nostre conoscenze e attraverso i pericoli di una grande città, ma ci avete proprio fatto un vero regalo procurandoci la conoscenza dell'illustrissimo signor marchesino di S. Giocondo. E non devo ai vostri sforzi, alla vostra profonda amicizia per noi questo matrimonio fra il marchese e la mia cara Maria? Ferdinando. Io sono fortunatissimo, mia degna signora, potendo rendervi servigio.. e mi basta la soddisfazione della coscienza di aver fatto entrare nella vostra pia e devota famiglia un giovane come il signor marchesino, che per moralità di costumi e devozione preclara è degno di accompagnarsi a quel tesoro ch'è la cara Maria, per render gloria a Dio e vivere sotto la sua Santa Custodia. Emilia. Così sia, così sia, mio caro dottore! Quei due giovani sembrano fatti l'uno per l'altra. Ferdinando. Ed il signor Montalti che ne dice di questo matrimonio? Emilia. Contentone! contentone anche lui!
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