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Giovanni Verga I nuovi tartufi IntraText CT - Lettura del testo |
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ATTO TERZO
Salottino in casa della Contessa di Roccabruna. A destra uno specchio; un po' indietro un divano. A sinistra un tavolino con l'occorrente per scrivere. Poltroncine, ecc.
SCENA I
Giulia su di una poltroncina di faccia allo specchio, sbadigliando; Carlo appoggiato alla spalliera.
Giulia. Che noia, Dio mio! Carlo. Non siete molto obbligante stasera con me! Giulia. Al contrario. Amereste meglio che m'infingessi con voi... che amo? Carlo. M'amate, dite! Giulia. Me lo domandate? Carlo. Come vi amo io? Giulia. Vediamo: come mi amate voi? Carlo. Al delirio, alla pazzia!... Come un uomo che si sentirebbe capace di far miracoli o delitti per quest'amore!... M'amate così voi, Giulia? Giulia. Dippiù ancora, se fosse possibile. Fatemi un cigaretto. Carlo. (stizzoso) Siete spietata! Giulia. (stringendosi nelle spalle) Dio mio! come siete provinciale e ragazzo, Carlo! Carlo. Perché mi dite questo? Giulia. Perché voi vedete ancora l'amore dal suo lato noioso, direi insopportabile: dal lato dei giuramenti, delle lagrime e delle gelosie... (ridendo) In fede mia che ciò è ben singolare dopo la vita che vi ho fatto fare da due mesi. Lassù, su quel tavolino, troverete il tabacco ed i foglietti. Carlo. Giulia! Giulia. (battendo i piedi con impazienza) Il mio cigaretto dunque! Carlo. (va di malumore al tavolino e fa il cigaretto) Ecco. Giulia. (guardandosi a fumare allo specchio) Che noia! Come son brutta stasera!... Che cera!... Che ve ne pare, Carlo? Carlo. (guardandola nello specchio al di sopra della sua testa) Dico che siete ben capricciosa e ben difficile! Giulia. (sorridendo) Davvero? o me lo dite per galanteria? Carlo. Sapete che vi amo troppo, per poter fare il galante con voi. Giulia. Se mi amate tanto, come va che non mi avete recato la broche che vi ho domandato? Carlo. Voi? Giulia. Sì ieri. Carlo. Perdonatemi, ma ieri non m'avete detto nulla. Giulia. Vi scrissi, però. Carlo. Ah! la lettera che leggeva ieri mio padre!... Giulia. Tò! l'ha capitata vostro padre quella lettera? Carlo. Giacché l'aveva in mano... Giulia. (fingendosi sorpresa) Come va?! Del resto non importa... L'interessante è che Bigatti e madama Adele sieno pagati. E così? Non rispondete?... Sareste davvero rovinato, come mi si voleva far credere? Carlo. Rovinato no, poiché non potendo disporre del mio... Giulia. Ma non avete un soldo, che vale lo stesso?!... Carlo. Giulia. Giulia. Una meschina broche di 1500 lire!... Carlo. Domani avrete la broche. Giulia. Non parlo mica per averla; ma mi sorprende come con tutto l'amore estraordinario che mi giurate, non siate in grado di darmene maggiori prove. Carlo. È segno che sono impossibilitato a darvele... Poiché sapete che per voi!... Giulia. Eh! via!... ed alla vostra età, con un padre ricco, forse che si è mai imbarazzati per trovar denaro?! Carlo. Come fare? Giulia. Me lo domandate? Vi supponevo maggior dose di spirito! Carlo. (vivamente) Vi ho detto che domani avrete la broche... ed anche il braccialetto... Volete altro? Giulia. Ah no! non li voglio! Non voglio parere di aver parlato per quelle bazzecole, mentre ho detto questo per darvi un buon consiglio da amica di mondo (con un sorriso significativo). Carlo. Troverò un mezzo per farveli accettare. Giulia. (sorridendo) Quale? Carlo. Vi addormenterò coi baci e quando vi risveglierete ve li troverete addosso!... Giulia. Discolo!... (sbadigliando) E così? che facciamo stasera? non andiamo alla Pergola? Carlo. Perché non avvisarmi onde fissare un palchetto? Giulia. Ve l'avevo scritto ed è andato perduto in mano di babbo Prospero. Siamo ancora a tempo, mi pare. Guardate che ora fa. Carlo. Le otto e mezzo fra poco. Giulia. Va benissimo: un'ora per vestirmi e ritornare voi colla chiave del palchetto e la carrozza, mezz'ora per andare... Carlo. Vorrei che foste un po' più avara del tempo che potete accordarmi! Giulia. (con ironia) Non avete denari per la carrozza o pel palchetto forse?! Carlo. (vivamente) Giulia!... che cuore avete dunque?! Giulia. (ridendo) Come siete buono a domandarmelo! Non dimenticate, passando dalla fioraia, di recarmi il mio solito mazzo. Carlo. È così che mi amate?!... Giulia. Spicciatevi, ché non saremmo più a tempo. Avremo tutto l'agio di parlarne poi al teatro. (Carlo fa un gesto di collera e va via).
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