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Giovanni Verga I nuovi tartufi IntraText CT - Lettura del testo |
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SCENA III
Vittorina e detta; indi Codini.
Vittorina. C'è un signore che domanda di vederla. Giulia. Chi è? Vittorina. Il solito. Ha detto «il vecchio». Giulia. Ah! lui!... Che noia! Fallo entrare. (Vittorina esce). Ferdinando. (dal fondo) Come va? come va, mia cara contessa? Sempre bella! sempre adorabile! Giulia. Sempre galante, signor Codini! malgrado che si annunzii per vecchio. Ferdinando. (con galanteria) Vicino a lei si è sempre giovani. Giulia. Davvero? Quel caro dottore!... Ferdinando. E lei, signora, fa ancora molti invidiosi? Giulia. Io? Me ne rincresce; poiché non ne ebbi mai l'intenzione. Ferdinando. Le parlo sul serio: io, per esempio, che ho invidiato sempre quel marchesino di S. Giocondo. Giorgio che comincia ad essere invidioso di Carlo Montalti, di quel caro ragazzo! Giulia. Ah! ah! Il suo protetto!... Ferdinando. Non lo dica tanto forte. L'ho prevenuta che se ho a cuore che sia felice e contento, per quanto potrà esserlo, quel bravo giovanotto, dall'altro lato desidero ch'egli non sappia le premure ch'io ne prendo... fino al punto d'ignorare completamente le mie visite... Giulia. Stia pur tranquillo. Dacché Carlo mi fu presentato dal marchesino non si è mai parlato di lei. Ferdinando. Non trova giusto il mio desiderio? Alla mia età se si può avere a cuore la felicità di un giovanotto che si ama, se si può far le viste di chiudere un occhio sulle sue scappatelle, non si può poi dimostrare apertamente che le si approvano!... Giulia. Ella dice egregiamente; ma per quanto vorrei contentarla devo confessarle però che con Carlo ci guasteremo, un giorno o l'altro. Ferdinando. Cattiva! Le basterà il cuore di mettere alla disperazione quel caro ragazzo? Giulia. (con cinismo) Se davvero lo mettessi alla disperazione dovrebbe trovare il mezzo di... Ferdinando. Eh!... non dice male... Anzi direi che... con un padre straricco come il suo... se non si è stupidi avari... Giulia. Ecco che anche lei mi dà ragione! Ferdinando. Non posso fare a meno di convenire che... Ma... Giulia. Per esempio ancora non son pagate due noterelle di poco conto 4400 o 4450 lire! Ferdinando. Una miseria! Ma le dico... Giulia. E aggiunga che non avendogli potuto cavar denari ho messo in pratica il mezzo che mi suggerì il marchesino di S. Giocondo e che credetti davvero infallibile. Ferdinando. (da sé) Ci siamo! (forte) Quale? Giulia. Di far ricapitare, come per isbaglio, la lettera al padre, nel bel mezzo di una società che si teneva in casa Montalti, affinché il vecchio non avesse potuto esimersi di farsi pelare chetamente per evitare pettegolezzi e scandali. Giorgio soggiungeva un poscritto che, in ogni caso, ci sarebbe stato un filantropo cui sta tanto a cuore ch'io non la rompa con Carlo da pagare pel giovanotto. Ferdinando. (da sé con dispetto) Imprudente! (forte) Un filantropo? Giulia. Sì. Non lo indovinate? Ferdinando. No, davvero. Giulia. Molto modesto! Ferdinando. Sarei curioso di leggere quel poscritto. Giulia. È semplicissimo, lo so a memoria: «In ogni caso siate sicura, mia cara Giulia, che, purché questo scandalo accada, vi è chi paga per tutti: il Codini che voi dovete conoscere». Ferdinando. (da sé dispettoso) Maladetto! (forte) Non so come il marchesino di S. Giocondo, che non ho l'onore di conoscere intimamente... Giulia. S'ella mi fu presentato da lui! Ferdinando. Sì; lo pregai di rendermi questo servigio onde procurarmi il mezzo di poter intercedere per quel ragazzo che vorrei veder sempre felice; ma questo non prova ch'io dovessi esser amico del medesimo. Sono di quelle cortesie che si ricambiano fra amici di mezz'ora quelle! Giulia. E non vuol permettermi ch'io lo chiami filantropo!... Ferdinando. Che vuole? Quando non sì può più godere la vita si ha qualche piacere nel vederla godere agli altri! Giulia. (sorridendo) Oh! ma davvero, signor Codini, sono gusti quelli che non attestano molto favorevolmente della sua virtù da giovanotto!... Ferdinando. Eh!... eh!... mia cara contessa!... Dicevo dunque che non so capacitarmi come il marchesino abbia potuto scrivere che io avrei pagato purché fosse accaduto lo scandalo... Quasicché io avessi avuto interesse che lo scandalo avvenisse in quella casa.. Ciò mi dispiace, e moltissimo! Giulia. Non è poi il caso di farne tanto conto. Giorgio avrà espresso male quello che voleva dire... Perché in fondo è lui che amerebbe veder compromesso il giovane Montalti presso la sua famiglia, e fargliene fare di sì grosse da costringere suo padre a metterlo alla porta. Ferdinando. (fingendosi sorpreso) Perché poi? Giulia. Come, non sa nulla? Ferdinando. Che vuole ch'io sappia? Giulia. Il marchesino sposa la sorella di Carlo; quindi se riesce a convincere il suocero che suo figlio lo rovinerà completamente fra pochi mesi, ne avrà in compenso tutte le ricchezze di Montalti sulla dote della moglie. Ferdinando. (da sé) Che imbecille di marchese! Confidare tutte queste cose! (forte) Ed ella non ne è gelosa? Giulia. (ridendo) Io?! Ah! per chi mi prende adunque, caro dottore? Ferdinando. Suppongo ch'ella avesse amato Giorgio tempo fa. Giulia. E l'amo ancora, con buona pace del suo protetto. Ferdinando. Ebbene? Giulia. (con cinismo) Ebbene! Giorgio è uno spiantato; sposa la Montalti per la dote ed ama me perché lo diverto. Ferdinando. È per secondare il marchesino adunque ch'ella fa fare mille pazzie al giovane Montalti? Giulia. Un poco; ed anche per lei. Ferdinando. Per me?!... Mi pare al contrario... Giulia. Sì; se lei, carissimo signor Codini, non mi avesse promesso di pagare i suoi debiti sottomano, io, con tutta la buona intenzione che ho di favorire Giorgio, non avrei creduto di possedere tanta forza d'animo da subire tutte le insulsaggini che Carlo mi sciorina per tre o quattro buone ore della giornata. Sono un buon diavolo di figliuola! Ecco che le parlo franca: il mio tempo non lo voglio perdere. Ferdinando. Cara contessa, le confesso rincrescermi oltremodo che nella lettera del marchesino si parli così leggermente di me, anche per errore. Le sarei tenutissimo s'ella volesse darmela per... Giulia. Oibò!... le pare? Ferdinando. Che importa a lei? Giulia. Una lettera di Giorgio... Oh, può sempre servire per le occasioni... chi sa? (da sé) Se mi accorgo di qualche cosa con quella sfacciatella di Norina!... Ferdinando. (da sé) Quell'imbecille di Giorgio si è compromesso. Buono ch'io abbia combinato le cose in modo da sembrare non agisca d'accordo con lui. (forte) Assolutamente? Giulia. Non ci pensi. È inutile. Ferdinando. (da sé) Ne parlerò a Giorgio. Bisogna che quella lettera sia distrutta! (forte) Non mi resta dunque che pregarla di una cosa, nell'interesse del mio protetto. Giulia. Dica pure. Ferdinando. Di non abbandonarlo mai (con galanteria) Si è tanto felice anche nella lusinga di essere amato da lei!... Che gli faccia fare pazzie non ci bado; poiché, anche ammesso il caso che suo padre lo cacci via di casa, sono abbastanza ricco del mio per indennizzarlo ad usura di quanto potrebbe perdere dal lato del suo patrimonio. Secondi adunque il marchesino, se le piace; io non mi oppongo, poiché so che questo non può renderlo infelice... anzi!... Ma s'ella ama Giorgio faccia almeno le viste di amare anche un pochino il mio ragazzo: ciò gli basterà. Gli faccia pur contrarre debiti, gli faccia attaccar baruffa con suo padre (ridendo con falsa ingenuità) veda quel che le concedo?!... Riesca pure a farlo mettere sulla strada!... Ma non gli chiuda mai la sua porta. Io pagherò tutti i suoi debiti, soddisferò tutti suoi capricci; ed un giorno o l'altro per giunta lo farò ricco. Giulia. All'interesse che prende di quel giovanotto si direbbe... Ferdinando. Zitta, maldicente!... Sicché contratto fatto? Giulia. (stendendogli la mano) E accettato. Lei pagherà il sagrifizio ch'io fo per Giorgio. Ferdinando. Purché il mio protetto sia felice. Addio. Giulia. Ci rivedremo? Ferdinando. Spesso. Mi darà notizie del giovanotto. Giulia. E le presenterò i conti ch'egli non potrà saldare. Ferdinando. Ben inteso.
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