Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giovanni Verga Eros IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
-41-
Dopo alcuni giorni Alberti si presentò all'anticamera di sua cugina, e le fece recapitare il seguente biglietto: «Ho bisogno di vedervi e di parlarvi. So di avervi fatto un affronto mortale, e son venuto alla vostra porta affinché possiate farmi scacciare, se volete.» Il domestico ritornò dicendo: «Passi.» Egli entrò, un po' turbato, ma con passo fermo. Adele stava presso il camino, sebbene la primavera fosse di molto inoltrata, coi piedi posati su di uno sgabelletto. Era un po' pallida anch'essa, e come vide il cugino impallidì maggiormente. Alberto le strinse la mano e si assise di faccia a lei. «Adele» le disse con calma «ho quaranta anni, e trenta mila franchi di debiti. Volete esser mia moglie?» «No.» Sul volto di lui passò un fosco sorriso. «Ma se avessi una figliuola bella, ingenua, pura, con tutti i tesori del cuore e dello spirito, ve la darei in moglie.» Dapprima ei le lanciò uno sguardo di sorpresa; ma poscia, in un altro tono: «Disgraziatamente non l'avete!» «Lasciate quel cattivo sorriso che fa male a voi e a me!... Perché siete dunque venuto, Alberto?» Egli esitò alquanto. «Non lo so» disse alfine. «È la prima volta che non basto a me stesso.» Quelle parole sembrarono colpire la donna; gli lanciò uno sguardo rapidissimo, e si fece rossa. Poscia ripeté dolcemente: «Se avessi una figliuola ve la darei; ella vi metterebbe in cuore la sua fede, il suo affetto, i suoi santi entusiasmi, vi rinfrancherebbe lo spirito, vi farebbe rinascere.» «Non esitereste a dare la figliuola vostra... a me?» «No.» «Ora che sono così cambiato?» aggiunse con un sorriso ironico. «Appunto perché siete così!» Ei le fissò gli occhi negli occhi. «Perché non fate voi codesto?» «Io non ho più sedici anni, non ho più la fede... e fra di noi c'è un triste passato.» «Sia!» diss'egli. E si mise ad attizzare il fuoco. Rimasero silenziosi lungamente. Adele stendeva verso la fiamma le sue mani pallide e di tanto in tanto Alberto vi fissava uno sguardo distratto. «Cugina» disse dopo alcuni minuti «se fossi giovane e bello, e avessi pure i torti che ho verso di voi, mi amereste?» «Perché mi fate questa domanda, Alberto?» rispose Adele rizzandosi sulla poltrona. «Per sapere alfine in che stia codesto amore» mormorò lui sordamente. Adele ricadde all'indietro sulla spalliera della seggiola, e rimase alcun tempo senza aggiunger motto. «Quanto avete dovuto soffrire!» esclamò poscia. «Io ho goduto della vita» rispose egli. Lei gli volse uno sguardo fra attonito e dolente. Il cugino teneva la fronte fra le mani, parlava con amara e tranquilla convinzione, ma evitava di incontrare gli occhi di lei. «Ho letto chiaro nella natura umana come in uno specchio: la maggior parte dei nostri dolori ce li fabbrichiamo da per noi: avveleniamo la festa della nostra giovinezza esagerando e complicando i piaceri dell'amore sino a farne risultare dei dolori, e intorbidiamo la serenità della nostra vecchiaia coi fantasmi di un'altra vita che nessuno conosce. Ecco il risultato della nostra civiltà. Ho visto dei selvaggi scotennarsi per la donna o per il ventre, ma fra di loro non ci sono né suicidi, né spleen. Tutta la scienza della vita sta nel semplificare le umane passioni, e nel ridurle alle proporzioni naturali. - Ho regolato su questa verità la mia condotta... Ecco come non ho più sofferto.» «Oh!» diss'ella con immenso sgomento. «Oh!» «Siete stata più felice di me, cugina?» domandò Alberto con ironico sorriso. Adele, pallida, come trasognata, gli rivolse un'occhiata paurosa: «No! voi non credete a ciò che dite!» «È vero!» rispose Alberto con voce sorda, chinando il capo «e per la prima volta!... Mi avete fatto dubitare anche di cotesto, voi! M'avete fatto un gran male!» «Ammogliatevi!» gli disse Adele, osando stringere finalmente la mano fredda di lui. «La famiglia vi salverebbe... So quel che vuol dire essere soli al mondo! Se potessi, col sacrificio della mia vita, mettervi qualcosa in cuore, vi giuro che lo farei.» Ei la guardò in modo singolare, a lungo, senza aprir bocca. «Cugina mia!» disse dopo una lunga esitazione «io non ho quasi conosciuto mio padre; mia madre non ebbe nemmeno il tempo di abbracciarmi prima di morire; una volta fui sorpreso da un marito che avrebbe avuto il diritto e il dovere di uccidermi come un cane... Sapete cosa mi disse quell'uomo? «che mi risparmiava perché ero figlio della marchesa Alberti!...»» Adele si celò il viso fra le mani. «Addio!» diss'egli alfine «Ve ne andate?» «Sì.» «Cosa farete?» «Quel che ho fatto.» «Non avete nessuno scopo?» «Non vi pare uno scopo il viver come meglio si può?» «Non siete nemmeno ambizioso?» «Cosa potrebbe ricompensarmi della pena che mi darei per esserlo?» «Che ci avete dunque dinanzi a voi, nel vostro avvenire?» «Nulla.» A quella parola ella trasalì, e si alzò risolutamente. «Alberto se acconsentissi ad esser vostra moglie, credereste che vi amo davvero?» Ei rimase stupefatto. «Se ci credete» ripigliò Adele stendendogli la mano. «Stringetela son vostra.»
|
Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |