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Giovanni Verga
Eros

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Alberti sarebbe volentieri rimasto a Belmonte tutto l'inverno, ed anche tutto l'anno, Quella vita calma e serena, circoscritta in un orizzonte limitato, confacevasi alla stanchezza dell'animo suo, e al bisogno che provava di rinascere in quell'amore così nuovo, senza che altre immagini del passato potessero venire a turbare il suo pensiero ed a mettere in pericolo quell'intimità che gli faceva tanto bene. Ma Adele temeva di stancare l'ombrosa e mobilissima fantasia del marito mostrandosi a lui sempre dentro la stessa cornice, e sotto il medesimo aspetto. - Nel più puro amor di donna, e forse anche in quello dell'uomo, c'è sempre un po' di civetteria. - La moglie voleva legare a sé più strettamente, indissolubilmente il marito, giovandosi di tutti i vantaggi che il mondo dà ad una bella donna, facendoglisi vedere più ricercata, se non più bella. Alla donna sorrideva forse il pensiero di mettere ai piedi dell'uomo amato la sua eleganza di gran signora, ed anche, perché no? i suoi trionfi di mondana. Alberti, temendo di mostrarsi egoista non fece alcuna osservazione, e ad inverno già inoltrato tornarono a Firenze.

La marchesa Alberti era leggiadra, la sua felicità irradiava come un'aureola seduttrice su di lei. Ella prese con perfetta disinvoltura il primo posto nei saloni fiorentini. Alberti era stato un uomo elegante, adesso era un marito perfetto. Accompagnava qualche volta la moglie nelle prime visite, tanto da non dar nell'occhio, e dal canto suo ricominciò a fare press'a poco la vita che facevano tutti i suoi amici. Si faceva vedere un momento nei saloni che frequentava la moglie, o andava a trovarla nel suo palco per presentarle qualche amico. Sua moglie era sempre assediata da una folla di cortigiani - egli avrebbe trovato assai strano che fosse stato altrimenti, poiché così facevano tutti, così aveva fatto egli stesso - ma intanto ne soffriva segretamente, e doveva fare sforzi penosi per dissimulare le unghie d'acciaio che gli laceravano il cuore e gli facevano balenare in viso la collera, o sulle labbra il sarcasmo. Piuttosto che tradirsi si sarebbe ucciso; ma senza essere precisamente geloso, senza aver perduto una briciola della illimitata fiducia che riponeva nella moglie, provava un gran dispetto vedendola corteggiata. Sapeva che corteggiare vuol dire insidiare, eppure sarebbe stato quasi ridicolo che sua moglie non lo fosse, ed egli era costretto a stringer la mano a quei suoi buoni amici che cercavano di rubargli il suo tesoro, e soffriva tutte le punizioni di quella logica mondana in nome della quale aveva fatto soffrire egli pure. Ne soffriva più degli altri perché era più orgoglioso e più corrotto, più diffidente e più innamorato.

Marito e moglie non erano più sempre insieme come a Belmonte. Avevano adesso cento occupazioni diverse che li allontanavano inesorabilmente per delle ore parecchie, e subivano senza avvedersene la tirannia della società in cui vivevano. Adele, che amava sempre a cuore aperto, era felicissima di deporre ai piedi di quel sarcastico ed altero signor marito le corone che riportava la sua vanità di donna, e vedendolo sorridere non sospettava nemmeno quanto egli soffrisse senza che un sol muscolo della sua fisonomia si contraesse; lo vedeva sempre gentile ed amoroso; lo vedeva disinvolto e di buon umore fra i suoi amici; lo vedeva elegante, corteggiato ed invidiato; non scorgeva una nube sulla sua fronte, e lo credeva felice.

Essi s'incontravano sovente all'ora della colazione, e quasi sempre a pranzo. Dinanzi ai domestici si trattavano col calma ed affettuosa dimestichezza; l'etichetta coniugale non costava loro il menomo sacrificio, perché entrambi erano perfettamente ben educati. A volte stavano a discorrere prendendo il caffè sino all'ora che la moglie andava ad abbigliarsi per la sera ed il marito andava a fumare il suo sigaro al Circolo. Egli l'accompagnava sino alla soglia delle sue stanze, e si lasciavano con una stretta di mano. Spesso la sera accadeva ad Alberto di aspettare. Adele seduto accanto al fuoco col capo fra le mani. Lo specchio del camino non diceva a lei quali nubi fossero passate su quella fronte. Udendo il fruscio della sua veste e vedendola entrare bella e radiosa, facevasi trovare sorridente egli pure, si alzava e andava a toccare le mani e le labbra che ella gli porgeva. Allora sedevano accanto al fuoco narrandosi i casi insignificanti del dì, e le storielle piccanti o ridicole della sera. Alcune volte il marito gettava uno sguardo distratto o imbarazzato sulle sue belle spalle nude che arrossivano, ed ella chinava gli occhi senza vedere che anche lui li teneva fitti sul tappeto - e non sereni come i suoi.

«Come sei bella!» le diceva talvolta Alberto con una certa risolutezza.

Ella sorrideva.

«Quanti te l'avranno detto stasera!»

Ella faceva una graziosa spallata.

«Vorrei essere giovane e bello come te!...» soggiungeva Alberto con un sorriso dl cui stentava a dissimulare la tristezza.

«Perché?» domandava Adele un po' inquieta.

Egli tardava a rispondere.

«Vuoi che ritorniamo a Belmonte?»

«Sei felice almeno, Adele mia?»

«Tanto!» e lo abbracciava per dirgli che lo era per lui. «E tu?»

«Io... sì! sì!»

Alcune volte Alberti era più triste del solito, però senza motivo. Saettava alla sfuggita sulla moglie, quasi inavvedutamente, uno sguardo scrutatore; impallidiva o arrossiva senza vederlo se per caso Adele sembrava più melanconica, o più allegra, o più pensosa del consueto. Non osava rivolgerle la più lontana domanda; indispettivasi contro sé stesso, e le chiedeva tacitamente perdono di non so quali sospetti baciandola con effusione. Pensava spesso a Belmonte con melanconica dolcezza, e si rimproverava il suo egoismo. Il suo triste passato gli si rizzava dinanzi come il fantasma della pena del taglione.

 




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