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Giovanni Verga
Rose caduche

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  • ATTO PRIMO.
    • Scena VI. Alberto Giliotti, Paolo Avellini, Tonio dal viale a sinistra e detti.
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Scena VI. Alberto Giliotti, Paolo Avellini, Tonio dal viale a sinistra e detti.

 

TONIO (rientra nella pagoda).

PAOLO. Contessa, ho l'onore di presentarvi il signor Alberto Giliotti, uno dei miei amici più intimi ed uno dei vostri più caldi ammiratori.

CONTESSA. Ho sentito parlare del signor Giliotti con tanto favore che mi fate un vero regalo! Io spero che il signore vorrà presto sostituire alla sua ammirazione, cui non ho alcun titolo, un'amicizia che procurerò di meritarmi.

ALBERTO (inchinandosi). Madama!

SIG.RA MERELLI (piano al commendatore). Per un poeta è molto laconico.

CONTESSA. Oggi avremo qui in villa qualche amico. Faremo un po' di tutto: della musica, della maldicenza, e delle contradanze. So che ella è poeta distinto. Nella mia qualità di padrona di casa reclamo da lei un favore per i miei invitati… Pochi versi…

ALBERTO. Mi rincresce doverla disingannare, contessa; ma io non sono stato mai poeta… a meno che non si voglia abusare di codesto titolo affibbiandolo al primo venuto.

CONTESSA. Per un primo venuto ella è molto fortunata, giacché il suo nome non m'era ignoto!

ALBERTO. Ho peccato contro le Muse, è vero, ma ne ho fatto penitenza leggendo il mio nome sui cartelloni dei librai… (sorridendo) Non vorrà essermi indulgente per un errore giovanile?…

CONTESSA. Troppa severità!

ALBERTO. No, contessa, ho fatto semplicemente delle esperienze, e siccome le ho pagate assai care ne ho dedotto dei principi inalterabili… (sorridendo). Così credo che in poesia bisogna andar cauti… come… come in amore per esempio.

FALCONI. Per timore dello scandalo, probabilmente? (in aria di motteggio).

ALBERTO (con freddezza sarcastica). No, signore, per timore del ridicolo.

FALCONI (spavaldo). Per bacco! il ridicolo lo si para con una stoccata!

ALBERTO (c.s.). Non vorrei però stare continuamente in guardia… se non altro per non far ridere della mia spada.

FALCONI (vivamente). Signore!

CONTESSA (presentando il cavaliere ad Alberto). Il cavalier Falconi.

FALCONI (salutando). Signore!… Son lieto…

CONTESSA. Ma, signor Giliotti, i suoi principi sono troppo rigorosi… (sorridendo) per la poesia almeno.

ALBERTO. Non è colpa mia, contessa. Son puritano per convinzione. Ho visto ridere dei poeti e degli innamorati… ed ho finito col ridere anch'io.

CONTESSA. Degli innamorati o dei poeti?

ALBERTO. Qualche volta anche di quelli che ridevano.

GAUDENTI. Bravo! Questa è vera filosofia!

FALCONI. Adagio colla filosofia, commendatore! e soprattutto al momento di mettersi a tavola.

CONTESSA (sottovoce ad Avellini). Il vostro amico è innamorato!

PAOLO (sottovoce). Alla follia.

CONTESSA (c.s.). Sapete che son curiosa!

PAOLO (c.s.). Che è quanto dire: siate indiscreto! Ama perdutamente la signorina Landi, la celebre artista.

CONTESSA (c.s. e con lieve tinta di dispetto), Ah!… Ed è riamato?

PAOLO (c.s.). Non è neanche conosciuto.

CONTESSA (c.s.). È un matto adunque… giacché non è più un ragazzo?

PAOLO (c.s.). No, è un poeta.

CONTESSA. Signori, intanto vi prego di considerarvi come in casa vostra. Nei viali c'è ombra; sui tavolini ci son sigari, carte da giuoco e giornali; in quel padiglione c'è un pianoforte. Giocate, passeggiate, fate della politica o della musica come meglio vi aggrada. Approfittiamo dei privilegi della campagna. Libertà per tutti!

GAUDENTI. Io ne approfitterò per andare a fare un giro nella sala da pranzo. Non potei darci che un'occhiata attraverso l'uscio, mentre quella bella giovane della sua cameriera mi guidava da queste parti, ma, non faccio per dire, ella ha una sala da pranzo che ci si passerebbero venticinque ore del giorno!

SIG.RA MERELLI (volgendo un’occhiata imperiosa al commendatore che non se ne avvede). Piuttosto desidero vedere la sua nuova uccelliera; me ne sono state dette meraviglie!

CONTESSA. Vada pure a giudicare quelle modestissime meraviglie… (prendendo per mano il Falconi che stava per offrire il braccio a Lucrezia). Il cavaliere gliene farà gli onori.

FALCONI (piano e dispettoso). Ah! È così che intendete la libertà!

CONTESSA (piano e sorridendo). È così che voi intendete la devozione?

FALCONI (c.s.). Ma questa è schiavitù del Kentucky!

CONTESSA (c.s.) Dove starebbe il vostro merito altrimenti?

FALCONI (alla Merelli, offrendo il braccio con mala grazia). Signora!…

SIG.RA MERELLI (prendendo dell'istessa guisa). Grazie!… Ma, commendatore!… Mi sembra che anche voi desideravate vederla questa benedetta uccelliera!… (sottovoce e con stizza) A meno che non preferiate farvi indicare la sala da pranzo dalle belle cameriere!…

GAUDENTI (seguendola tutto confuso). È vero… è verissimo… Faccio le mie scuse… Credevo che fosse ora… Ho avuto torto. (via).

 

 




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