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Giovanni Verga Rose caduche IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena I. Il cavalier Falconi dalla destra. La contessa Baglini dal fondo; Adele andandole incontro.
CONTESSA. Giungo tardi! ADELE. Grazie, contessa, di esser venuta, ancorché tardi. CONTESSA (avanzandosi e salutando in aria motteggiatrice il Falconi). Cavaliere!… Che fortuna! Ma io v'incontro sempre sui miei passi! FALCONI (con galanteria). Non è colpa vostra, madama, giacché da otto giorni procurate sempre di rivolgere altrove i vostri passi. CONTESSA. E perché dovrei essere in collera con voi? Avreste qualche colpa sulla coscienza? (ironica e con accento significativo). (ad Adele) Ma questa è una festa, non un semplice the danzante! Una festa incantevole! Quanti bei fiori! Che bijou di salotto! Madama, il suo è un soggiorno da fate! ADELE (con grazia). In questo momento lo credo anch'io giacché le fate son venute a trovarmi. FALCONI. Si può dire che vi si hanno dato rendez-vous. CONTESSA (ironica). Badate, cavaliere! Le mie amiche dicono che l'adulazione mi ha guastata. ADELE. In compenso però i suoi amici vorranno provarle il contrario. CONTESSA. Dio mio, è naturale! Resta poi a vedere chi abbia ragione dei due. FALCONI. Gli amici di sicuro, poiché sono di sesso diverso. CONTESSA. Non è una buona ragione neanche quella. Gli amici non saranno invidiosi, ma potrebbero essere bugiardi (sorridendo ma con significazione al Falconi). FALCONI. Non apro più bocca. Mi accorgo che non ne indovino una. ADELE. Sarebbe incredula, contessa? CONTESSA. Sì e no! Da otto giorni in qua, per esempio, credo meno agli omaggi che alle tacite e misteriose adorazioni… di cui avrei riso… È bizzarra! (con significazione) Ho visto un miracolo! L'amore più cieco, più ardente che nasconde gelosamente le minime sue manifestazioni. Il delirio della passione che si maschera d'indifferenza. Ho visto un giovane che corre dietro al suo sogno, al suo ideale da Milano a Firenze e da Firenze a Livorno senza cercare di farsi conoscere, senza chiederle un’occhiata o una parola… Un amore da pazzo, sì, perché noi non abbiamo altra parola per dinotare questa sublime aberrazione dell'anima che si pasce delle sue febbri, dei suoi sogni, e dei suoi palpiti, che passa le notti sotto le finestre della donna amata per vedere soltanto l'ombra di lei passare dietro le cortine… Ma da una settimana in qua sarei tentata di credere piuttosto all'amore di un uomo che mi amasse in tal istrana guisa che non a quello di un galante che mi assediasse con mille proteste prese al formulario della galanteria (al Falconi con sorriso sarcastico, mentre vuol sembrare leggero). Per carità non badate alla mia supposizione, ché non mi conosco tali meriti da permettermi una simile ambizione! ADELE. È strano. CONTESSA. Sì, è strano, come tutto ciò che è poesia. Ma qualche volta bisogna credere alla poesia se non altro perché non è prosa… Ci credo anch'io!… e non sono delle fortunate! ADELE. Ah! la poesia! (con sorriso d'incredulità) CONTESSA. Ah! i poeti! ADELE (collo stesso ingenuo e spensierato sorriso). Credo d'indovinare… CONTESSA. Voglio essere discreta! ADELE. E l'ideale, il sogno, la dea incognita? (c.s.). CONTESSA (con sardonica aria di discrezione). Ah! davvero, voglio essere discreta! ADELE (c.s.). Per un sogno! FALCONI. Una pazzia addirittura! CONTESSA (c.s.). Eh! sogni di sonnamboli che possono avere le loro conseguenze. ADELE (ridendo). Ah! CONTESSA. Non crede ai sonnamboli, madama? (c.s.). ADELE. Non bisogna mai creder nulla sulla parola: né i falsi entusiasmi, né le tacite e misteriose adorazioni. CONTESSA (con doppio senso). Quello che dite potrebbe essere una crudeltà… ADELE (vivamente e con dignità), Per chi? CONTESSA (c.s.). Per nessuno e per tutti. Una bella signora fa senza saperlo la felicità o la disperazione di cento sconosciuti. con un sorriso o una parola che per essa non hanno alcuno indirizzo né alcun secondo fine. ADELE (con grazia). Contessa, a sua volta ella adopera la più pericolosa delle adulazioni: quella che è più delicata. CONTESSA (con grazia ed un sorriso significativo). Non ho che una scusa, madama: io non le ho fatto mai il torto di dubitare neppure un istante della sua penetrazione. ADELE (seccamente e con dignità). Le assicuro che non ho nulla penetrato… come non mi pare che ci sia nulla da penetrare. (con grazia) Del resto ella non mi ha detto il nome dei sonnamboli… ed io non mi curo di conoscerlo. CONTESSA (c.s.). Perdoni, signora… Ma capirà benissimo che in argomenti così delicati la discrezione è un dovere… (come per cambiare discorso, con altro tono, ma, con raddoppiamento di sarcasmo) Ma il signor Giliotti?… È un pezzo che non lo vedo! Verrà alla sua festa? ADELE (con dignità). Perché mi fa questa domanda, contessa? CONTESSA. Il signor Giliotti è poeta e di codesto sonnambolismo potrebbe dircene forse qualche cosa. ADELE. Ah!… Il signor Giliotti ha dimenticato di lasciarmi la sua carta da visita… e non conoscendo il suo indirizzo non ho potuto avere la fortuna d'invitarlo (con dignità). CONTESSA. Oooh!… (ironica). ADELE. Perché tanta sorpresa? CONTESSA. Il signor Giliotti è così perfetto gentiluomo!… e quest'oblio degli usi sociali… tanto straordinario!… ADELE. Che vuole?… Una dimenticanza è tanto facile e scusabile… in questi tempi di bagni e di divertimenti… Tant'è bisogna rassegnarsi: il signor Giliotti non potrà spiegarle la sua teoria del sonnambolismo. CONTESSA. Meglio così. Simili malattie del cuore vanno curate col sistema omeopatico. FALCONI. Quando non si curano all'ospedale dei matti. CONTESSA (con ironia). Sapete il proverbio, cavaliere: Tutti i matti non sono all'ospedale!… Ma, a proposito di matti, sciorinateci il vostro resoconto galante della giornata. FALCONI. È poverissimo… all'infuori di un meschino duello, di una sfida corsa l'altra sera al Ricasoli. Il termometro dell'highe-life segna il bel tempo stabile, ch'è quanto dire la noia a 20 gradi Reamur. ADELE. Ma mi pare che sia abbastanza!… e anche troppo! Un duello!… Vuol dire una riputazione compromessa, forse, e del sangue sparso! FALCONI (con fatuità). Oh, nulla! Proprio nulla! Una bazzecola! CONTESSA. Infatti si parla di uno scandalo, e quel che più mi rincresce, avvenuto nel mio giardino, il dì che ebbi il piacere di riunire alcuni amici in casa mia, a Montenero… Non so bene… Si diceva di un colloquio interrotto… di una sorpresa… di una signora orribilmente compromessa… Ma Dio! come si diventa maligni a questo mondo!… E tutto ciò con tale insistenza e tali particolari che avrei dovuto crederci anch'io… (guardando con significazione il Falconi) se non avessi avuto delle prove in contrario. FALCONI. Oh, contessa, è naturalissimo. Il vostro giardino è il boschetto di Armida, e così, per dare al quadro il colore locale ci avranno ricamate su le ninfe… coi relativi tête-a-tête. CONTESSA. Ecco, madama, il solo poeta di cui io debba contentarmi! ADELE. E probabilmente la conseguenza di tutto questo sarà una persona disonorata ed un'altra uccisa!… Conveniamone, signori, che per un cicaleccio di buona società è una cattiva azione. CONTESSA (con ironico doppio senso). Oh, madama! Quei signori quasi quasi ci direbbero che nella menzogna più assurda c'è sempre qualche cosa di vero, e che la calunnia perché si attacchi bisogna che trovi un appicco… Del resto la società dei bagni si annoia; non è vero, cavaliere? Il termometro dell’highe-life segna lo sbadiglio, e un cavaliere che si rispetti, che conosca appena appena il suo mestiere deve avere sulla punta delle dita la cronaca degli scandali. E la vostra, cavaliere? FALCONI. Nemmeno il più meschino scandalo. Il termometro vuole avere ragione per forza. CONTESSA (con ironia). Chissà! Mettetelo all'ombra di un viale coperto… o dietro i vetri di una serra… e forse avrà torto. FALCONI. Potrebbe esser guasto e mentire. CONTESSA. No, no: quel povero strumento non ha abbastanza spirito per dire una bugia: anzi spesso vien confermato dagli sforzi che si fanno per ismentirlo… Che so io… una lettera… delle scuse che nessuno si sognava di chiedere e che valgono la confessione di un tono… (il cavaliere fa un movimento). E allora io do ragione al termometro. Confessate mio caro, che è un utilissimo strumento, e se si potesse consultare sempre (con accento significativo ma senza esagerazione) chissà se non servirebbe a prevenire certe infermità ridicole e pericolose… (ridendo con leggerezza). E il medico non avrebbe bisogno di tastare il polso. FALCONI (imbarazzato ma cercando di rimettersi). Io mi curo all'indiana, senza il medico. CONTESSA (c.s.). In tutti i casi? FALCONI. Sì, perché spesso non occorre che una cavata di sangue! ADELE. Oh! eccoci allo spettro rosso di voi altri signori uomini! CONTESSA (c.s.). Quando non è lo spettro bianco! FALCONI (in aria spavalda che vuol fingersi modesta). Signore mie, protesto!… Ho il dovere di protestare… in questo momento specialmente… Io prendo troppo sul serio il duello per lasciar supporre… che si possa servirsene come di spauracchio… di fantasma… ADELE. Ho detto spettro rosso come avrei potuto dire spettro bianco, e non mi disdico. È uno spettro ch'è ridicolo quand'è bianco, ma è brutale quando è rosso. FALCONI. Domando mille perdoni, ma io trovo invece che il duello è la salsa della vita, il piccante delle buone avventure. Senza il duello non ci sarebbero più belle creanze. Tolgasi il duello e non rimarranno più che le legnate da paltronieri… Infine, francamente… io non sento la vita che allorquando la gioco sulla punta della spada. CONTESSA (sorridendo con ironia). Anche quando sapete di aver cattivo giuoco? FALCONI (con enfasi da gradasso). Non so se avrò cattivo giuoco; ma so che giocherò del mio meglio! CONTESSA. Avrò è un tempo definito! C'è del serio adunque sotto questo cattivo scherzo? ADELE. Signore, io avrei amato meglio ignorare una disgrazia che non posso impedire. FALCONI (c.s.). Oh, non è nulla! Non ci pensi!… Proprio una bagatella!… CONTESSA. Vi battete? FALCONI (c.s.). Non l'ho detto. CONTESSA. Avrei dovuto indovinarlo. Ecco che il termometro ha ragione!… All'ombra però.
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