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Giovanni Verga
Rose caduche

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  • ATTO SECONDO.
    • Scena XIV. Il domestico, annunziando; indi Alberto.
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Scena XIV. Il domestico, annunziando; indi Alberto.

 

DOMESTICO. Il signor Alberto Giliotti.

FALCONI (sardonico). Ah!… ecco il momento di prendere il mio cappello!…

ADELE (con dignità). Non ho più nulla a dirle, cavaliere! (al domestico) Accompagnate il signore e fate entrare. (Falconi via dal fondo).

ALBERTO (entra senza salutare il cavaliere). Signora, il mio amico mi ha detto che ella desiderava…

ADELE (fa segno ad Alberto di mettersi a sedere, e siede anche lei agitatissima di faccia a lui. Pausa). Signore… io non avrei osato… Mi perdonerà se… Non saprei io stessa… Sono così turbata!… Ella è un cuore onesto… Devo chiederle un gran servigio e forse una riparazione.

ALBERTO. A me, signora?

ADELE. So che dovrà battersi col cavalier Falconi.

ALBERTO. Ebbene?

ADELE. E so perché si batte!

ALBERTO. Ah!

ADELE. C'è di mezzo l'onore di una donna che soltanto voi due sapete ch'è innocente; ma il mondo dirà che fra due uomini che si battono per una donna ce n'è sempre uno che si batte perché ne ha il diritto. Ora domando a lei che sa come il cavaliere non abbia questo diritto: L'ha ella forse?

ALBERTO. No!

ADELE. In tal caso bisogna ch'ella rinunzi a questo duello, come vi ha rinunziato il cavaliere per la sua parte.

ALBERTO. E il mio onore?… Io non mi faccio giudice di quello del cavaliere.

ADELE. Ma io penso all'onore di una povera donna che diverrà la favola del mondo!

ALBERTO. I nostri secondi hanno avuto incarico di stabilire come causa del duello un diverbio d'argomento politico.

ADELE. Chi ci crederà?

ALBERTO. Madama… io invoco la sua stessa testimonianza… Crede che io sia un onest'uomo? Crede che io darei tutto il mio sangue per affogare ogni calunnia possibile? Ebbene!… Bisogna che io mi batta con quell'uomo!

ADELE. Perché?

ALBERTO. Non lo so!… L'odio! Lo detesto! Bisogna che io l'uccida o ch'egli mi ammazzi!

ADELE. Ahimè! È uno schermidore di prima forza!

ALBERTO. Che m'importa! Se potrò comunicare il mio odio alla mia spada troverò la via del suo cuore!

ADELE. Vi ucciderà!

ALBERTO. Che m'importa! Io l'odio!

ADELE (commossa). E se questo sangue fosse un rimorso per quella donna causa innocente del delitto?

ALBERTO. Un rimorso!! (esitando) Tanto meglio! È un ricordo che vale la vita di un uomo!

ADELE (c.s.). Ebbene no! Io non voglio! Io non voglio! Oh, signore, ascoltatemi, per tutto quello che avete di più sacro! Rinunziate a questo duello… e partite!

ALBERTO. Partire!… e perché?

ADELE. Perché… Bisogna dirvi tutto!… Perché voi mi fate un gran male!… Oh, no!… è la mia sciagurata posizione!… è la mia sventura!… è la viltà del mondo!… Sì, il mondo ch'è sciocco e maligno, il mondo che si pasce di pettegolezzi e di scandali ha raccolto con cura gelosa cento particolari che passerebbero inosservati se non fossero preziosi per la sua malignità!… (animandosi grado a grado con amara ironia). Stasera… un'amica… fra un sorriso e una stretta di mano mi parlava di un uomo… che passa le notti sotto le mie finestre… Ebbene, il mondo sorriderà nel ripetere la notizia… come sorrideva la mia amica!… Soltanto non si curerà di nascondere i denti con cui lacera tutto quello che c'è di più delicato nella donna… e aggiungerà che se quest'uomo ha seguita questa donna da Milano a Firenze non sarà senza una ragione… anzi c'è tutto a scommettere che egli non perda il suo tempo!…

ALBERTO (con impeto). Il mondo è vile!

ADELE (con dignità). Lo so!… Ma il mondo è forte della sua viltà, si nasconde dietro quella nebbia che si chiama voce pubblica ed ha una logica terribile!

ALBERTO (dopo aver esitato). Ebbene… gli si dica che quest'uomo è pazzo… gli si dica che è un poeta!… Il mondo si vendicherà col ridicolo della maldicenza che gli sfugge.

ADELE (stendendogli la mano). Signore!… Ella mi ha fatto un gran male senza saperlo… ma nello stesso tempo mi ha dato prova della sua lealtà!… Signore! Io sono una povera orfana. Da bambina ho provato tutti i mali di questo triste isolamento… Ho molto sofferto, ho pianto molto!… Non ho avuto altro conforto, altro amore che questa arte che forma il mio orgoglio ma è per me un altro motivo di debolezza. Son sola, sono artista, l'ultimo imbecille si crede in diritto d'insultarmi col suo oro!… Ecco quello che sono, signore! Sono stimata meno di una donna e la mia riputazione dev'essere al di sopra di quella di una duchessa!… Oh, signore!… è ben triste! non è vero?… ma è così!… Dica a quell'uomo che sia generoso… che parta… che abbandoni Livorno… Ci sarà una donna che lo ringrazierà da lontano… se ciò gli costerà qualche sacrificio!

ALBERTO (alzandosi bruscamente, ma risoluto). Partirà, signora!… Addio!

ADELE (lo segue collo sguardo, esitante, commossa). Signore!

ALBERTO (volgendosi, anch'egli assai commosso). Che volete dippiù, signora?

ADELE. Voglio che mi perdoniate le parole di poco fa… e che ci lasciamo amici!…

ALBERTO. Se c'è qualcuno che ha bisogno di esser perdonato son io!… Non ho che una parola di giustificazione: son poeta… son matto!… Ho qui nel petto questa lebbra che ci rode e ci rende miserando spettacolo al vulgo degli scioperati!… Se vi ho fatto del male accusatene questa follia che ha la stranezza di adorare alla sua maniera e di bruciare l'incenso alla sua divinità senza curarsi del mondo!… Accusatene questa febbre che mi arde le vene, questa larva che mi abbacina gli occhi, questo delirio che sconvolge la mia ragione! Accusatene voi, il giorno in cui vi vidi, questo istante in cui vi sto dinanzi! Accusatene i miei occhi che vi vedono, la vostra voce che mi parla, il mio cuore che divora la vostra bellezza da tutti i sensi del mio corpo! (amaramente) È un'infermità! una terribile infermità!… Bisogna guarirne e partire.

ADELE (commossa, esitante), Quando partirete?

ALBERTO. Domani, col primo treno.

ADELE (c.s.). Dove andrete?…

ALBERTO. Non lo so.

ADELE (con crescente commozione). Ci rivedremo?

ALBERTO. Forse.

ADELE (c.s.). Saremo amici?

ALBERTO. No.

ADELE. Perché?

ALBERTO. Non potrei che odiarvi se non posso amarvi. Addio!

ADELE (come fuori di sé, quand'egli è sulla soglia). Signore… Non mi lasciate così, signore! (pausa - indi avvicinandosi lentamente ad Alberto colle lagrime agli occhi). Siete cattivo, signore!… Vi ho domandato il vostro perdono… e voi mi lasciate in collera!…

ALBERTO. Io!… Dio mio!

ADELE. Ma se il mondo avesse torto?… Se il mondo fosse troppo meschino per giudicarci e condannarci?… e allora perché tanti dolorosi sacrifici di cuore?…

ALBERTO (commosso). Ah! voi dubitate di questo famoso giudizio del mondo?!…

ADELE (con incantevole abbandono). Adesso… sì!…

ALBERTO (con entusiasmo). E credete che ci sia una felicità al di sopra della sua condanna?!…

ADELE (dandogli le mani con abbandono). Ho bisogno di crederci!





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