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Giovanni Verga Rose caduche IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena V. Giulietta, quindi la contessa Baglini e la signora Merelli.
GIULIETTA. La signora Merelli e la contessa Baglini. CONTESSA. Cattiva! cattiva! signora cattiva! (ad Adele) È proprio il caso di dire: Ci volle un temporale! SIG.RA MERELLI (con ironia e doppio senso ipocrita). Madama, le domandiamo perdono se costretti dalla pioggia… E la prego di credere che senza questa ragione non avremmo osato… essere indiscreti… ADELE (con dignità). Nessuna indiscrezione, madama! SIG.RA MERELLI (c.s.) Chiamiamola importunità!… Sappiamo che non riceve nessuno… e… ADELE (c.s.). Gli amici sì! E son lieta di riceverla in casa mia. SIG.RA MERELLI (a Lucrezia con significazione). Ah! tu qui? LUCREZIA. Fra il vostro antipatico divertimento e il piacere di rivedere un'amica… che non si degnava di farsi viva, non ho esitato. CONTESSA. Come va? Sempre bella! Sempre adorabile!… Non la si vede più… è un vero ritiro… Ma però non si ha il diritto di essere egoisti a questo segno! Non è vero, signora Merelli? SIG.RA MERELLI (con ipocrita reticenza). Ma… secondo le circostanze!… ADELE. Il mio egoismo è così innocuo… CONTESSA. I suoi amici non la pensano così! Egoismo di felicità presente o egoismo di dolci memorie; qualche cosa ci deve essere per vivere così ritirata… Noi ce ne intendiamo!… noi che abbiamo avuto la nostra luna di miele… Ch'è passata. SIG.RA MERELLI. Pur troppo! ADELE (sforzandosi a sembrare gaia). Ma non si direbbe nemmeno… alla sua aria… O c'è un crepuscolo di luna tramontata che somigli molto ad un'aurora. CONTESSA. Crepuscoli! crepuscoli!… Eh! bisogna contentarsi di questi, tanto per non dare il gusto di vederci afflitte a quei nostri che hanno messo lo spegnitoio su quello straccio di luna. Oh! gli uomini! SIG.RA MERELLI. Birboni! birboni e poi birboni! Non c'è da fidarsi nemmeno di… A momenti la dicevo proprio grossa! LUCREZIA. Via! Via non li maltrattiamo tanto!… o almeno facciamo delle eccezioni. SIG.RA MERELLI. A tuo beneficio? LUCREZIA. Ebbene! sì! a mio beneficio!… Io so di chi fidarmi. SIG.RA MERELLI. Se non è, te l'auguro… Ma sarà un miracolo. CONTESSA. Non è un miracolo ma è una rarità: specie marito-filosofo, e per giunta avvocato; la legalità a braccetto dell'amore e della flemma, stavo per dire indifferenza, filosofica. Ma, mia cara, le rarità hanno il difetto di essere rare… e noi non siamo state fortunate. ADELE. La fortuna è cieca: ecco perché s'è sbagliata (con grazia alla contessa). CONTESSA. Ahimè! non ho neanche questa scusa… Non avrei avuto lo spirito di ravvisarla; mi fosse anche passata sotto gli occhi… (con doppio senso ironico) e non mi sono curata di lei! Colpa della società in cui viviamo. Siamo così capricciose, così leggere, così vane noi donne del nostro mondo! Non ci seduce che ciò che brilla… senza pensare che può anche essere orpello; e allorché ci diamo vinte bisogna che la reputazione d'irresistibile del vittorioso don Giovanni ci salvi dall'onta della sconfitta. Noi giochiamo ad un giuoco pericoloso; ecco perché ci tagliamo le mani con le stesse nostre armi. Don Giovanni si renderebbe ridicolo se divenisse un marito modello, e la prima ballerina ha il diritto di distrarlo. SIG.RA MERELLI (vivamente). Come! Come! Ah! vorrei vedere! Il diritto!… il diritto di distrarlo!… Ma io vorrei che il mio signor marito si provasse a metterlo avanti cotesto diritto! CONTESSA. Oh, madonna… io non ho parlato del commendatore… quello lì è un uomo serio… un futuro senatore… e barone. SIG.RA MERELLI. Eh! so io!… so io di che è capace il signor senatore in erba… adesso che ne ha molti da spendere… e certe sguaiate corrono dietro i portafogli vigenti… E dovrei con i miei denari!… Ma io… sarei capace di fare un eccesso!… CONTESSA. Ma, cara mia, sarebbe fare troppo onore a certa classe di donne!… Noi non abbiamo il diritto di essere gelose che delle baronesse in un… (come riprendendosi ad Adele) Ah! perdono… madama! ADELE (con dignità, sorridendo). Fortunatamente, signora, se non ho l'onore di essere una baronessa non ho neanche l'occasione di essere gelosa. CONTESSA. Oh! Fortunata lei!… Ma se le somigliassi non lo sarei nemmeno io! SIG.RA MERELLI. Grazioso quel diritto! Io non sono di manica così larga, io! Il meglio mi sembra né baronesse né ballerine. CONTESSA. Chi dice di no? Ma il meglio è nemico del bene. Che farci? SIG.RA MERELLI. Eh! so ben io! Sono un agnellino, sono una colomba, ma su questo particolare divento una tigre! CONTESSA. Peggio! Una donna in collera è così brutta!… E noi abbiamo bisogno di piacere! LUCREZIA. Il meglio si è di lasciare stare i Don Giovanni nei romanzi. CONTESSA. Ma come? Dacché i signori hanno messo i romanzi in pratica!… e ci rappresentano anche la loro parte, la parte peggiore, in fede mia! Giacché, bisogna convenirne, signore mie, i nostri Don Giovanni della buona società saranno fatui, saranno volubili, ci faranno arrabbiare di gelosia, ma noi li paghiamo di rimando colla stessa moneta… li castighiamo colle stesse debolezze… li rendiamo innamorati, gelosi, disperati… Essi ci adulano, ci corteggiano, strisciano ai nostri piedi, son capaci di un'infedeltà ma non di un abbandono. Ma quei signori poeti! (marcatamente) cuori di bolle di sapone, immaginazioni epilettiche, noiosi e annoiati!… che ci amano dall'alto, ci stimano meno dei loro versi, ci accarezzano per fare il solletico alla loro musa, ci parlano senza ascoltarci e ci chiudono la bocca con un bacio quando vogliamo mischiare qualche parola ai loro vaneggiamenti!… Oh, io non vorrei saperne!… Me li vedessi ai piedi esalarmi lo spirito in versi endecasillabi… Poiché essi sono pericolosi, quei signori!… Hanno le attrattive di ciò ch'è strano… e noi siamo così leggiere! Il loro fascino sta appunto nell'esaltare la nostra immaginazione… Noi arriviamo a crederli semidei… e questi semidei cristophle ci voltano le spalle e si avvolgono maestosamente, nelle loro nuvole di fisime!… Non è vero tutto ciò signora? (alla Landi). ADELE (con dignità). Contessa, mi permetterà di trovare la sua domanda alquanto strana. CONTESSA (affettando ingenuità). Mio Dio! Me ne appello a lei perché è artista, e deve conoscere i poeti e avere in petto un po' del loro cuore… Ma sarà sempre cuore di donna e farà la nostra causa. ADELE (con dignità e sorridendo con lieve ironia). Ella ne ha parlato con tanta conoscenza che deve averli studiati assai meglio di me! CONTESSA (ironica), Sì, un poco. Ma da lontano e per curiosità. ADELE (c.s.). Sarà dunque quistione d'ottica. I semidei stanno così in alto! CONTESSA (piano alla Merelli). Insolente! LUCREZIA. Avvocati vogliono essere, avvocati! e non don Giovanni, né poeti! CONTESSA. Oh, se i don Giovanni a lungo andare non divenissero uggiosi! SIG.RA MERELLI. Oppure se certi altri di mia conoscenza fossero meno scapestrati! CONTESSA. Del resto, mie care, in confidenza possiamo dirlo: noi non abbiamo il diritto di sparlarne tanto di cotesti signori uomini… dacché non ci curiamo più di loro. LUCREZIA. Oh! signora!… CONTESSA. Mia cara Lucrezia non parlo per le spose la cui luna di miele dura degli anni. Quanto a me ne ho abbastanza della mia!… e per farla risorgere non muoverei un dito.
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