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Pietro Bembo Gli Asolani IntraText CT - Lettura del testo |
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Se 'l pensier, che m'ingombra, Nel cor, così venisse in queste rime, E esse ultime van, ch'anderian prime; Io, che fra gli altri sono Quasi augello di selva oscuro humile, Poggiando per lo ciel, canoro e bianco, Di più famoso e onorato grido. Ma non eran le stelle, Primier entrai, disposte a tanto alzarme; Là, dove più non pote altro passarme, S'io voglio poi sfogarme, Lo cor nel cominciar de le parole; Sparve così, com'io strugger mi sento: Com'uom, che vive in dubbio di se stesso. Quel, ond'io vivo, or chi mi tene a freno? Chi mi dà poi lo stil pigro e terreno? Ben posson venir meno Che 'n sì lungo digiuno, Amor, mi dai, Certo non sarà mai: Sì fûr le tue saette acute e calde, Ove ne gli occhi suoi nascosto entrasti. Quanto sarebbe il meglio, Ch'i' avessi in ragionar di lei qualch'arte. E sì come di speglio Saglie talor e luce in altra parte, Così di queste carte Rilucesse ad altrui E perché poi si moia, Non ci togliesse il gir solinghi a volo Da l'uno a l'altro polo; Là dove or taccio a tuo danno, con cui Voce nel mondo ancor la fiamma mia. E forse avenirebbe, E mille alte querele acqueteresti; Quanti dolci pensier vivendo avesti!’. Altri: ‘Ben strinse questi Or, poi ch'a lui non piace, Ricogliete voi, piagge, i miei desiri Dolcezza e versi amor d'ogni pendice, Errò per voi secura in treccia e 'n gonna. Qualche mercede han teco, Faggio, del mio piacer compagna eterna, E mova da la tua virtute interna Sì che, s'altro mi sforza Dopo tante, che 'l vento ode e disperde. Non manchi a la tua pianta, e ne la scorza E sempre a l'ombra tua si legga o scriva. Già sai tu ben, sì come De le due chiare stelle i santi ardori, Spargendo di lontan soavi odori Spogliar del bosco intorno si vedea, E le fere seguir dietro e da canto, E gli augelletti inermi Sovra in su l'ali star attenti e fermi. Verdi, vaghi, fioriti e lieti campi, Quanto di lei vi piacque, E meco d'un incendio non avampi? Chi verrà mai, che stampi Che giunse quasi un sole a mezzo 'l die Sovra le notti mie: Lume, nel cui splendor mirando imparo E di salir al ciel scorgo 'l camino? D'onestà, di valor sì care forme? E so ch'Amor in voi sempre non dorme. Che 'l piè leggiadro impresse? Di quella bianca man, che tese il laccio, E del bel fianco e de le braccia istesse, Sì ch'io ne pero e non ne cheggio aita? E quindi l'alpe il dritto orrido corno, Deh or tra voi foss'io, O guardian di queste selve intorno: Là 've più fosse il ciel sereno e queto Ivi del lungo error m'appagherei, Di mille miei sospir farei vendetta. Tu non mi sai quetar, né io t'incolpo, Pur che tra queste frondi, Canzon mia, da la gente ti nascondi.
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