Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Pietro Bembo Gli Asolani IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
-9-
Detta questa canzone, volea Lavinello a' suoi ragionamenti ritornare, ma la Reina, che del suo dire di tre canzoni nate ad un corpo non s'era dimenticata, essendonele questa piaciuta, volle che egli eziandio alle altre due passasse, onde egli la seconda in questa guisa incominciando seguitò, e disse:
Se ne la prima vogha mi rinvesca L'anima desiosa, e pur un poco Per levarmi da lei l'ale non stende, Meraviglia non è, di sì dolc'esca Movono le faville e nasce il foco, Ch'a ragionar di voi, donna, m'accende. Voi sete dentro, e ciò che fuor risplende Esser altro non pò che vostro raggio; Ma perch'io poi non haggio In ritrarlo ad altrui le rime accorte. Ben ha da voi radice Tutto quel che per me se ne ridice. Ma le parole son debili e corte; Ne 'nvaghirei mille cortesi amanti. Però che da quel dì, ch'io feci imprima Seggio a voi nel mio cor, altro che gioia Tutto questo mio viver non è stato; E se per lunghe prove il ver s'estima, Quantunque ch'io mi viva o ch'io mi moia, Non spero d'esser mai se non beato, Sì fermo è 'l piè del mio felice stato. E certo sotto 'l cerchio de la luna E un ben, quanto 'l mio, non si ritrova; Ché s'altri è lieto alquanto, Immantenente poi l'assale il pianto; Ma io non ho dolor che mi rimova vostra mercé, Madonna, e mia ventura. E se duro destin a ferir viemmi Con più forza talor, di là non passa Da la spoglia, ond'io vo caduco e frale; Ché 'l piacer, di che Amor armato tiemmi, Sostiene il colpo e gir oltra no 'l lassa, Là 've sedete voi, che 'l fate tale. Però s'io vivo a tempo, che mortale Fora ad altrui, non è per proprio ingegno: Ad ogni stral de le sventure humane; E perch'io sia di mia natura infermo, Sotto 'l caso di me poco rimane. Le tante guise poi del mio gioire? Che spesso un giro sol de gli occhi vostri, Una sol voce in allentar lo spirto Mi lassa in mezzo 'l cor tanta dolcezza, Che no 'l porian contar lingue né inchiostri; Né così 'l verde serva lauro o mirto, Com'ei le forme d'ogni sua vaghezza; E ho sì l'alma a questo cibo avezza, Ch'a lei piacer non pò, né la desvia Cosa che voi non sia O col vostro penser non s'accompagne, E quando il giorno breve Copre le rive e le piagge di neve, E quando 'l lungo infiamma le campagne, E quando i rami poi tornan minori. Gigli, caltha, viole, acantho e rose E rubini e zafiri e perle e oro Scopro, s'io miro nel bel vostro volto. Dolce armonia de le più care cose Sento per l'aere andar e dolce coro Di spiriti celesti, s'io v'ascolto. Tutto quel che diletta, inseme accolto E posto col piacer, che mi trastulla Se di voi penso, è nulla. Né giurerei ch'Amor tanto s'avanzi Quanto per voi, mio prezioso incarco; E or me 'l par veder, ch'a voi dinanzi Tanto son io, quanto m'è questa amica. Né tu per gir, canzon, ad altro albergo, Del mio ti partirai, Se quanto rozza sei conoscerai.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |