In questa calza vi porto un
argomento molto ristorativo e in questa sua composizione, ch'è buona a fare
ridere il pianto, c'è Messer Maco di Coe da Siena, studiante in libris, venuto
a Roma per acconciarsi per cardinale con qualche papa; che essendo in caso di
morte per il mal di mazzucco, suo padre fe' voto che, guarendo il detto Messer
Maco, lo acconcerìa per cardinale con un papa. Sendo essaudito, e sano e più
bello che mai il figliolo, l'ha mandato in Roma per adempire il voto fatto per
la salute sua e, preso maestro Andrea per pedagogo, gli fa credere che non è
possibile a mettersi per cardinale con il papa se prima non si diventa
cortigiano; e facilmente gli fa credere ch'un Gioan Manente da Reggio si fece
cortigiano ne le forme, e con questa solenne sciocchezza mena questo ineffabile
castrone a la stufa, dove gli dice esser le forme che fanno i più bei
cortigiani del mondo. E così, di pecora diventando un bue, pone il sigillo a
tutte le savie e salate parole di quel pazzo di maestro Andrea, e ‑ si
non ch'in Corte si veggono tutto il dì miracoli assai maggiori ‑ non
crede[res]te mai ch'un omo si conducessi a tanta castroneria. E mi pare molto
maggior cosa [de] il testamento che fece lo Elefante et era sì gran bestiaccia;
così a sentire ragionare maestro Pasquino che è di marmo; e faretevi anco fare
le stìmate avere visto un Accursio e un Serapica comandare al mondo, che uno
era stato fattore di Caradosso orefice, e l'altro canattiero. Or lasciamo ire
le filosofie morale. Omero fu litigato da sette cittade, e ognuna per suo l'ha
sempre voluto. A messer Maco interviene peggio, ché da più di trenta paesi è
refiutato; no 'l vuol niuno per amico né per parente. Milano lo renunzia per
minchione, Mantoa per babione, Venezia per coglione, e sin a Matelica. Ma, per
tagliare le lite, la causa è messa in ruota, e per grazia de li auditori arà
fin presto, come le altre cose. Sì che per oggi il faremo da Siena, domani chi 'l
vuole se 'l pigli.
Et anche piaceravi, credo, vedere
inamorato Parabolano da Napoli, uno altro Accursio, in Corte più per i capricci
della fortuna che per sua meriti, il qual tormentandosi per Laura, moglie di
messer Luzio Romano, e non volendo questo amor scoprire, un suo famiglio
ribaldo sentì che 'l padrone di lei si lamentava sognando e, avendo per tal
mezzo questo secreto, gli fa credere che Laura di lui sia inamorata e per via
de una ruffiana conclude il parentado, e il magnifico, goffo al possibile, si
ritrova con una fornaia più sucida che la manigoldarìa. E mentre che saranno in
essere queste cose, e che vederete rappresentare qualche particella dei costumi
cortigiani di donne et òmini, e che vederete doe comedie in una medesima scena
nascere e morire, non vi spaventate, perché monna Comedia Cortigiana, per
essere ella più contrafatta che la Chimera, più spiacevole che 'l fastidio, più
costumata che l'onestà, più suave che l'armonia, più gioconda che la letizia,
più iraconda che la còlera, più faceta che la buffonarìa, è, nel dir il vero,
molto più temeraria che la prosompzione. E se più di sei volte messer Maco o
altri uscissi in scena, non vi corrucciate, perché Roma è libera e le catene
che tengono i molini sul fiume non terrebbono questi pazzi stregoni..., volsi
dire 'istrioni'. Così abbiate pazienzia si alcun parla fuor di comedia, perché
se vive a una altra foggia qui che [a] Atene non si faceva; dipoi colui che ha
fatto la novella è omo di suo capo, né lo riformarìa il Vescovo di Chieti.
ISTR. PROL. E 'nfine tu sei omo
che ti governi con le bigonce ‑ disse messer Zanozzo Pandolfini - e per
mia fe' che sei un buon maestro da fare argomenti et è stato molto solutivo. Or
tiriamoci da parte e ascoltiamo come messer Maco si porta a diventare cortigiano!
Eccolo: ah, ah, ah! Oh, che
pecora, ah, ah, eh, oh!
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