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P. Marcello Zago, OMI
Probl. e prosp. comuni a tutti gli ist. di vita cons. nella m. ad gentes

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1.PROBLEMATICHE COMUNI DELLA VITA CONSACRATA IN MISSIONE

I cambiamenti socio culturali ed ecclesiali rimangono importanti per la missione, come ci mostra Giovanni Paolo II nel capitolo IV della sua enciclica missionaria, Redemptoris Missio. È partendo da essi che l'attività missionaria può essere precisata e che appare con tutte le sue sfide e in tutta la sua urgenza.

1.1 In campo socio-economico-politico

I cambiamenti sono stati radicali per le persone e per la missione. In tutti i paesi si è passati dalla situazione coloniale alla indipendenza. L'autorità politica è passata dagli stranieri ai locali, che formano la nuova classe politica. L'unità statale centrale ha avuto difficoltà a raggiungere la base e non sempre ha superato tendenze etnocentriche. Spesso la situazione economica delle masse è peggiorata. Così progressivamente si è passati dall'incanto della indipendenza alla disillusione dei sistemi, spesso difficilmente cambiabili.

L'economia è passata dalla sussistenza tradizionale al mercato con un impoverimento progressivo. All'indipendenza la maggioranza viveva ancora di una economia familiare. Il mercato che esige produzioni monoculturali dà profitti a una classe limitata, impoverendo i più. La gestione economica diventa difficile per la scarsità delle risorse disponibili e per il loro accaparramento da parte delle autorità. Poco a poco si è passati dall'isolamento economico legato alle metropoli ex colonizzatrici al mercato globale, senza adeguata distribuzione alle masse.

I cambiamenti socio politici hanno esigito cambiamento di mentalità e di modi di fare da parte dei missionari, di cui un certo numero è rientrato nel paese di origine. Per esempio quasi la metà dei Belgi è rientrata dal Congo dopo le sommosse degli anni sessanta. La situazione precaria della gente ha coinvolto maggiormente i missionari nello sviluppo sociale.

1.2 in campo culturale

Sul piano culturale influiscono molteplici fattori: la scolarizzazione, i nuovi mezzi di comunicazione, l'unità statale, le migrazioni interne ed esterne, la tensione tra stato e etnia , tra cultura locale e mondiale.

La politica independentista unitaria dà addito alle rivendicazioni etniche. Gli stati impongono sistemi scolastici e amministrativi unici, non rispettando le identità etniche. Questo causa non solo tensioni, ma anche guerre e genocidi, come avviene in diversi paesi di tutti i continenti. Anche le religioni mondiali non riescono a contrastare le tendenza alle guerre etniche e talvolta ne sono complici.

L'istruzione scolastica ha fatto progressi ovunque, ma spesso si passa dalla scolarizzazione alla disoccupazione. Giovani educati in un sistema spesso poco adattato ai bisogni locali si trovano senza lavoro. Anche questo fatto facilita un fenomeno diffuso: i giovani non si integrano più alla cultura globale del gruppo. Si passa così da culture tradizionali compatte a culture divise.

Le migrazioni all'interno e all'esterno del paese comportano cambiamenti. Il passaggio dalla campagna alla città mescola i gruppi etnici e le tradizioni locali. Si formano relazioni e modi nuovi di pensiero e di comportamento. Nasce una nuova cultura e le culture tradizionali sono profondamente mutate e scosse. Grazie anche ai mezzi di comunicazione si passa dal locale al villaggio globale con forme di cultura standardizzate settoriali, che rompono l'equilibrio culturale tradizionale.

1.3 in campo religioso

Il cambiamento profondo si nota anche in campo religioso. Le religioni tradizionali etniche o internazionali si organizzano. Si passa da una appartenenza religiosa tranquilla a un revival delle religioni. Le religioni diventano coscienti del loro valore e della loro forza, anche in rapporto alla cultura e alla politica, tanto locale che internazionale. C'è una ripresa delle forme di animismo anche presso i cristiani, che in questo si sentono incoraggiati dai movimenti di autenticità, di nazionalismo culturale, di bisogno di inculturazione, senza il dovuto discernimento.

Le religioni si organizzano e si sostengono su campo mondiale e acquistano coraggio missionario non solo nei loro territori tradizionali ma anche nel mondo. Si passa così dalla autonomia locale al coordinamento e al mutuo sostegno internazionale e dalla pratica personale alla coscienza politica della religione. Non solo l'Islam, ma anche l'Induismo, il Buddismo e perfino le religioni tradizionali si muovono in questa direzione. Questo revival comporta ovunque l'accentuarsi del pluralismo religioso, che è accresciuto dal proselitismo delle comunità cristiane di tipo carismatico sia internazionale di sapore americano sia autoctono.

I cambiamenti culturali e religiosi hanno scosso le sicurezze delle metodologie passate dei missionari. Le lotte etniche accompagnate dai genocidi sono diventate interrogativi sulla reale conversione dei cristiani. Il discernimento sul ritorno all'ecumenismo è stato interpretato diversamente certe volte con uno spartiacque tra locali e stranieri.

1.4 in campo ecclesiale

Si passa dallo statuto di missione alla Chiesa locale. Cresce il clero locale diocesano. I vescovi locali si moltiplicano e prendono la responsabilità nelle diocesi. Giuridicamente con l'erezione delle diocesi gli Istituti missionari non sono più responsabili del territorio ma continuano il loro servizio in base ad accordi bilaterali. Cessa il mandato ma le convenzioni spesso non avvengono. I religiosi stranieri diventano minoranza.

Gli aiuti economici che arrivavano dal canale missionario inaridiscono nello stagno locale. Gli aiuti, che venivano prevalentemente dalle famiglie e dai benefattori dei singoli missionari, cessano o si riducono notevolmente con il diminuire dei missionari esteri occidentali. Crescono gli aiuti degli organismi missionari nazionali (v.gr. missio), che sovvenzionano progetti particolari, ma non sostengono le spese ordinarie della missione. Per questo tante diocesi si dibattono in ristrettezze economiche, anche per l'aumentare del personale apostolico. Le comunità locali non possono o non sono educate al sostentamento dei pastori, che talvolta hanno stili di vita troppo diversi dal comune della gente. Gli Istituti sono guardati talvolta con sospetto, come se non volessero condividere i beni economici con le diocesi.

Le nuove leve apostoliche uscite dai seminari locali hanno in certi paesi disilluso i missionari per il loro stile di vita e per la mancanza di spirito apostolico. La formazione è apparsa progressivamente come una delle grandi sfide.

Sul piano dell'attività missionaria diretta dai nuovi pastori si notano alcune tendenze determinate da molteplici fattori, quali le nuove sfide, i nuovi operatori, la crescita delle comunità cristiane. Le sfide causano preoccupazione e problemi se non sono affrontate con lucidità e coraggio. Semplificando si può notare:

Nell'insieme le Chiese locali sono cresciute per il numero di vocazioni sacerdotali e religiose, per una programmazione della pastorale, per un volto maggiormente locale, e in certi casi per iniziative missionarie.

1.5 sul piano della vita consacrata in missione

Dei cambiamenti profondi si sono verificati in rapporto alla vita consacrata impegnata nell'opera globale della missione, con l'eccezione per gli Istituti di vita contemplativa. Si possono richiamare almeno una decina di aree problematiche.

    Col cessare del mandato, gli Istituti passano dalla responsabilità totale a quella settoriale. Non sono più responsabili dell'insieme del territorio e dell'apostolato. I loro impegni dovrebbero essere precisati da convenzioni tra l'Istituto e il vescovo. Il passaggio è spesso difficile. In alcuni luoghi i missionari si sono sentiti emarginati. Secondo il mandato si distingueva tra vita religiosa e apostolato. In tale prospettiva per vita religiosa si intendevano le pratiche comunitarie soprattutto gli esercizi spirituali. Solo questi atti dipendevano dai superiori religiosi. L'apostolato esterno dipendeva solo dai vicari apostolici. Con il Concilio si incomincia a considerare la vita religiosa come un tutto. Si passa così dalla separazione tra vita religiosa e apostolato alla loro integrazione. Ciò è in conformità con la comprensione del carisma come integralità delle diverse dimensioni. La crescita del clero diocesano e la venuta di diversi Istituti nella stessa chiesa locale hanno favorito diverse altre tendenze. Gli Istituti sentono il bisogno di assumere le attività più consone ai propri carismi. Ci si rende conto che occorre passare da una vita religiosa indifferenziata nelle sue attività a una più attenta a contributi specifici al proprio carisma e complementari a quello degli altri. La realizzazione però è difficile anche per l'età e le abitudini dei membri religiosi. Per gli Istituti esclusivamente missionari la sfida sta nel trovare il momento opportuno per spostarsi altrove. Nelle Chiese locali si diversifica la presenza degli Istituti religiosi. I nuovi venuti scelgono più facilmente il tipo di apostolato, mentre le comunità già responsabili del territorio sembrano dover riempire i buchi. Gli Istituti, che erano impegnati in aree geografiche diverse e in modo separato si incontrano più facilmente. La copresenza ha favorito la collaborazione. Si passa così dall'autonomia di ogni Istituto alla collaborazione intercongregazionale. Si organizzano conferenze nazionali dei superiori maggiori e si fondano progressivamente degli istituti di formazione iniziale e continua. Questo aiuta le congregazioni locali o più piccole. Crescono il dialogo e la collaborazione tra Congregazioni maschili e femminili, e con gli organismi laicali. Cambia progressivamente la composizione delle comunità di vita consacrata. Per alcuni Istituti, il cui bacino vocazionale era ristretto a un paese o ai soli paesi occidentali, la crisi vocazionale ha inciso profondamente. Per gli Istituti internazionali il baricentro si è spostato in modo determinante verso il sud, dove risiedono in preponderanza le missioni ad gentes e dove i bisogni sono maggiori. Con il diminuire delle vocazioni in Europa e la crescita di quelle locali, si passa da comunità formate da membri prevalentemente stranieri a comunità di membri locali. Si impone la rifondazione o l'inculturazione di province di vita consacrata. Il che esige una riorganizzare della vita comunitaria, della comunione dei beni, della formazione iniziale e continua, dell'apostolato su basi nuove, che tengano conto dei nuovi membri locali. Anche il passaggio della leadership ai locali comporta aggiustamenti pastorali e personali. Quanto agli Istituti femminili si nota la crescita delle comunità locali diocesane, sprovviste di fondi e di strutture formative. Tra quelle internazionali emerge il desiderio di una dovuta partecipazione nella programmazione pastorale e nella vita della Chiesa. Il molti paesi c'è un malessere tra le religiose, perché sono spesso considerate forza di lavoro e uno stato subalterno. Non sono consultate nella pianificazione pastorale e il carisma non è rispettato. C'è stata una crisi di identità del consacrato missionario, favorita dai numerosi cambiamenti socio-religiosi, dai nuovi ruoli non sempre chiari, dalle nuove sfide e dalle nuove idee, dalle strutture e dai metodi delle diocesi emergenti. Certi fatti hanno scosso i missionari, che si sono interrogati sulla validità dei metodi pastorali. Il ritorno a forme di superstizioni e più ancora i genocidi in Africa centrale hanno scosso molti missionari, che si sono chiesti della validità della evangelizzazione effettua in tante società. I vescovi sono preoccupati di assicurare il servizio delle comunità cristiane. Talvolta manca una programmazione, nata da una visione oggettiva e coraggiosa della situazione. Le convenzioni tra diocesi e istituti sono difficili per le dimensioni pastorali e più ancora per quelle economiche, e per la mancanza di chiarezza.

1.6 Sul piano teologico

I cambiamenti teologici investono tutte le Chiese. I missionari li hanno recepiti in modo più celere e più profondo anche per i loro contatti internazionali e per i contraccolpi dei cambiamenti subiti.Il Concilio Vaticano II e i molteplici cambiamenti socio ecclesiali hanno mescolato la comprensione vigente della missione. Si scoprono nuove esigenze, quali il dialogo, l'inculturazione, lo sviluppo, senza riuscire sempre ad integrarle nel tutto. Si passa dal monolitismo missiologico a una crisi di comprensione fino a raggiungere progressivamente una integrazione teologica dei vari elementi della missione. Si possono quindi distinguere tre momenti: la sicurezza dei principi del preconcilio, l'incertezza e la confusione, una nuova progressiva sintesi. Questa terza fase non ha raggiunto tutti i gruppi e tutte le Chiese nello stesso grado.

Il riequilibrio teologico è stato favorito dal magistero e dalla formazione continua. Tra i vari elementi che sono stati al centro dei passaggi ricordati si può ricordare: il concetto della salvezza e il bisogno della Chiesa e del battesimo, le motivazioni e le finalità della missione, il concetto e la prassi delle Chiese locali, il passaggio dall'adattamento alla inculturazione, dallo scontro al dialogo con le religioni, l'impegno per lo sviluppo e per la giustizia, la spiritualità...




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