Nel vedermi così risoluta, divenne più
fiero di un cane arrabbiato; mi si avventò addosso per uccidermi. La madre,
allo strepito delle sue minacce, accorse per darmi aiuto, ma il mio spirito
intrepido senza titolare invece di fuggire, mi inginocchiai avanti di lui, e
pregando la madre, che lo riteneva, che avesse lasciato sfogare il suo sdegno
contro di me. In questo tempo offrii al mio Dio tutto il mio sangue, per
dimostrargli il mio amore, provando nel mio cuore gli affetti più vivi della
sua carità, stavo tutta ansiosa aspettando il colpo, per dare al mio buon Dio
un attestato dell’amor mio; ma quando speravo di trovarmi immersa nel proprio
sangue, mi avvidi che era al suddetto mancata la forza di colpire il mio cuore,
che con santo ardire stava aspettando il dolce momento di offrire il mio
sangue. Ma il suddetto fu da forza superiore impossibilitato di mettere in
esecuzione il suo disegno, confessando che forza superiore arrestò il suo
braccio, ma pieno di timore, pallido nel volto, si adagiò sopra una sedia,
perché gli era ad un tratto mancata la forza. Nel vedersi privo di forza, prese
il partito di chiedermi perdono, confessando il grave torto che mi aveva fatto,
ma questo proposito non fu durevole neppure un quarto d’ora, perché appena Dio
gli restituì la primiera forza, che tornò di bel nuovo ad insultarmi, e preso
dalla disperazione se ne partì, dicendo che per mia cagione si sarebbe da sé
data la morte.
La madre, sentendo la espressione del figlio, vedendolo partire molto
infuriato, si rivolse contro di me, facendomi dei rimproveri, per non aver
condisceso alle sue voglie, ma il mio spirito era incapace di ogni apprensione,
perché si trovava tutto immerso in Dio, godendo una mirabile unione con lui,
che, sebbene in quei momenti mi avessero fatto in mille pezzi, non ero capace
di risentimento.
Passai tutto il mese di agosto in questa fiera persecuzione; diversi erano
i progetti che in questa occasione mi facevano i miei parenti: parte di loro mi
consigliavano di ritirarmi in un monastero, mia madre voleva che fossi tornata
in casa sua, il mio direttore mi consigliava di sciogliere il matrimonio,
mostrandomi le forti ragioni che mi assistevano, in mezzo a tutti queste
disparità di pareri, il mio spirito riposava dolcemente nelle braccia del mio
Signore, tenendo per certo che l’affare sarebbe andato secondo la sua
santissima volontà, di niente avevo paura, ai miei parenti recava molto
meraviglia come io avessi tanto spirito di star sola di notte in camera con un
uomo tanto imbestialito, senza paura di restar morta per le sue mani, ma questo
spirito non a me, ma a Dio si doveva attribuire, che si degnava di trionfare
della mia miseria, mentre parte della notte la passavo in ginocchio, occupata
in alta contemplazione, e quando la necessità del corpo mi obbligava a prendere
un poco di riposo, ero in quel tempo favorita da un raggio di luce, che mi
circondava da ogni intorno e mi rendeva sicura il riposo.
Nella santa Comunione poi il Signore si degnava favorirmi in modo speciale,
in questo tempo più volte fui visitata dal Signore, che sotto la forma di vago
fanciullo, mi appariva consolandomi con farmi provare i dolci effetti della sua
carità; sicché in mezzo alla tribolazione godevo nel mio cuore un paradiso di
delizie e di dolcezza.
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