Era quasi scorso il mese di settembre,
quando ogni giorno più si faceva serio il male del mio direttore; i suoi
parenti pensarono di mandarlo fuori per sempre, giacché i medici erano di
parere che l’aria di Roma non si confacesse al suo temperamento. Eccomi dunque
necessitata di stabilirmi sotto la direzione del lodato padre; benché il
suddetto chiaramente conoscesse essere la volontà di Dio il dirigere la povera
anima mia, ciò nonostante ne volle il sentimento di un padre gesuita.
A questo oggetto mi mandò dal suddetto, il padre gesuita, esaminato che
ebbe il mio spirito, mi assicurò esser questa la volontà di Dio, sicché con
somma consolazione del mio cuore il mese di ottobre del 1807 mi stabilii sotto
l’obbedienza del lodato padre, e perché restasse pienamente informato e della
mia coscienza e del mio spirito, feci la confessione generale, con vero
sperimento di contrizione; feci la rinnovazione dei voti, ma questi non erano
perpetui, ma solo da rinnovarsi di tempo in tempo, ad arbitrio del direttore pro tempore.
Erano circa tre anni che avevo rinnovato i voti di castità, di povertà, di
obbedienza, da rinnovarsi di tempo in tempo a beneplacito del direttore, feci
dunque questi voti per tre mesi, secondo il solito, con l’approvazione del
lodato padre, ebbi particolare ispirazione di aggiungere ai tre voti un
proposito di esercitarmi nella virtù della santa umiltà, con molta facilità ne
riportai dal medesimo la licenza. Ecco il mio spirito pienamente soddisfatto
per essere diretto dal lodato padre, viepiù il Signore si compiaceva di vedermi
ai piedi di questo suo ministro; andavo di carriera serrata verso l’amato suo
bene.
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