Fui dunque dal divino Spirito condotta per
mezzo del suddetto battello alla suddetta isola. Il divino Spirito mi favorì
della sua grazia, sotto simbolo di vento amenissimo, di aura di paradiso, per
mezzo di interna dolcezza mi condusse dolcemente, soavemente sospingendo il mio
battello con somma leggiadria. Facendomi provare gli effetti mirabili della sua
divina carità, si fece padrone del mio cuore, e l’anima mia restò vittima
dell’amore. E sperimentai nell’anima e nel cuore un deliquio poco meno che
mortale; per l’esuberanza dei buoni effetti che mi cagionò, questo distinto
favore, mi tenne per molte ore alienata dai sensi, e per dieci o dodici giorni
restai poco e niente presente a me stessa. Questi favori mi facevano oggetto di
scherno e di burla dei miei parenti, ma l’anima mia era incapace di ogni
apprensione, ma contenta se ne stava in se stessa, godendo l’amato suo bene;
non curando, non amando cosa alcuna della terra, godeva veramente un paradiso
di delizie.
L’amorosissimo Dio mi fece intendere che queste grazie, questi favori che
si degnava compartire alla povera anima mia, non si degnava accordare a tutte
le anime che lui ama, neppure dopo lunghissime penitenze ed esercizi delle più
sode virtù facendomi così conoscere quale e quanta debba essere la mia
gratitudine, la mia corrispondenza.
A questa cognizione l’anima mia si umiliava profondamente e con abbondanti
lacrime, piena di stupore, andavo ripetendo fuori di me stessa: «Quid est homo quod memor es eius?... Mio
Dio, mio Signore, e chi mai sono io, che tanto mi amate? Sia benedetto il
vostro amore, sia benedetto il vostro ss. Nome, sia benedetta la vostra
infinita bontà e misericordia!».
In mezzo a queste espressioni, godevo una dolcezza di spirito molto
particolare che mi tenne, come già dissi, per ben dodici giorni sopita, poco,
quasi niente presente a me stessa. Questo supimento nasceva dalle interne
illustrazioni che il divino Spirito si degnava compartirmi. Dimorai dunque per
lo spazio di circa tre mesi in questa isola. Bene spesso ero invitata
dall’eterno Dio al Sacro Monte, dove mi favoriva con grazie molto particolari, ora
conducendomi in una parte, ora dall’altra del vastissimo Monte. Ora mi faceva
ascendere sopra le amene colline; facendomi gustare i buoni effetti della
particolare sua carità, come al suo luogo dirò, mi dava a vedere il Monte
Santo, la terra di promissione, la santa Città, il regio palazzo del sommo Re.
Ora mi conduceva nei preziosi giardini, facendomi sperimentare i buoni effetti
della sua grazia: non avevo veramente che desiderare.
Restai dunque per qualche tempo in questa isola, ma bene spesso ero
chiamata da iddio al santo Monte: m’invitava per mezzo di certi tocchi interni,
per mezzo dei quali l’anima si solleva e iddio si degnava favorirla della sua
particolare grazia, conducendomi ora nei preziosi giardini, ora sopra le amene
colline, dove mi dava a vedere cose molto belle e misteriose.
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