Il giorno 17 marzo 1814 la povera Giovanna
Felice così racconta di sé. Ero afflittissima per avere mancato alla carità del
prossimo con parole, mi ero confessata di questa mancanza, e piena di
confusione e di dolore, chiedevo perdono al mio Dio. Mi accostai al sacro
altare per fare la santa Comunione, viepiù si aumentava la contrizione del mio
povero cuore, questa mi cagionò pena e dolore. Eccomi dunque vittima del
dolore, restai per qualche tempo priva di sensi; e il mio spirito, sopraffatto
da interna quiete, tutto abbandonato nella misericordia di Dio, mi sono apparsi
i santi angeli e mi hanno condotto alla presenza del mio Signore.
In questo luogo si è fatta maggiore la pena mia, mentre da sacri veli era
coperto il mio bene, e non mie ra permesso di poterlo mirare, tanto è stata la
pena, tanto il dolore, tanti sono stati gli affetti del cuore, tante le
preghiere, che il pietoso suo Cuore si è mosso a compassione. Per ordine suo
medesimo si sono spalancati i sacri veli, e ho potuto così adorare il sacro
Cuore del mio caro Gesù, che cirocondato da immensa luce, attorniato da
preziosi raggi, faceva pompa dell’infinito suo amore. Si è degnato percuotere
la povera anima mia con i preziosi suoi raggi, e questa si è sollevata perfino
a lambire il prezioso liquore che tramandava dal suo amorosissimo Cuore.
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