Il giorno 19 marzo 1814 così racconta di
sé la povera Giovanna Felice. La mattina del glorioso san Giuseppe, ebbi
occasione di parlare con una buonissima madre di famiglia, che per aver avuto
la funesta nova della morte di un figlio, che repentinamente era passato da
questa all’altra vita, mentre era fuori di Roma, era afflittissima, piangeva
dirottamente, per il timore che aveva della salute eterna di questo, mentre era
stato giovane di mondo. La sua giovanile età di anni 22 la tenevano in sommo
timore, come ancora la poca assistenza che aveva avuto sì nell’anima come nel
corpo.
Mi pregò caldamente che avessi pregato e fatto pregare, per sapere qualche
notizia di quest’anima, mentre lei non avrebbe cessato di piangere, per muovere
il Signore a pietà, fintanto che saputo non si fosse qualche notizia di queta
povera anima. L’afflizione di questa buona madre impengò il mio povero spirito
a pregare il Signore, affinché si fosse degnato di dare alla suddetta notizia
del figlio suo defunto.
Quando il mio spirito fu sopito da interno raccoglimento, mi apparve la
santa anima di Anna Maria, che portava con lei l’anima del giova defunto, tutto
circondato di fiamme. Piangendo dirottamente, tutto tremante, mi faceva
intendere che per puro miracolo, e per la valevole intercessione della suddetta
santa anima, si era salvato, che pivo era di suffragio ma sperava nella
intercessione di questa sua benefattrice, mentre la vita eterna a lei la
doveva, per averlo assistito in punto di morte, e lei stessa lo aveva condotto
davanti al divin giudice, e la misericordia gli ottenne. Mi fece intendere che
le sue lacrime denotavano la gratitudine del suo cuore verso l’infinita bontà
di Dio, e verso la sua protettrice Anna Maria, mentre senza alcun merito si era
salvato.
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