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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

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  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 11 – LASCEREI I CIELI PER ABITARE LA BELLA ANIMA TUA
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11LASCEREI I CIELI PER ABITARE LA BELLA ANIMA TUA

 

Il primo aprile 1814, venerdì di passione, racconta la povera Giovanna Felice. Nell’accostarmi alla santa Comunione fui trasportata in una magnifica sala. Vidi nel mezzo di questa magnifica porta, improvvisamente si aprì la suddetta, dove vidi amena strada, delizioso soggiorno. Più volte per il passato sono stata condotta in questo medesimo luogo; mai però ero sortita fuori della porta di questo magnifico luogo, che non so giustamente nominare, questo si potrebbe chiamare magnifico atrio, nobile galleria, ovvero preziosa reggia, dove si degna il nostro buon Dio trattenersi con le anime sue amiche a parlare, dove si degna il nostro Signore di comunicare alle sue dilette le dottrine celesti, dove fa loro gustare la sua dolcezza.

Più volte, come dissi di sopra, sono stata condotta in questo luogo per il passato, dove la povera anima mia ha ricevuto molti favori, ne racconterò qualcuno dei molti. Più volte nella santa Comunione ero in questo luogo trasportata, vedevo aprire la suddetta porta e vedevo dall’alto di un monte scendere il mio Signore Gesù Cristo, sotto la forma di vago fanciullo, tutto circondato di preziosa luce, corteggiato dagli Angeli santi, si degnava questo divino fanciulletto di entrare in questo luogo, come si è detto di sopra.

Era cura del mio buon Angelo custode di chiudere sollecitamente la porta, quando il divino fanciullo era entrato, perché potesse la povera anima mia trattenersi con lui, ora ricevendo insegnamenti circa la maniera che voleva che si regolasse la povera anima, o circa l’esercizio delle sante virtù, ora si adagiava sopra ricco sgabello, si addormentava placidamente, e la povera anima mia restava prostrata ai suoi piedi, adorandolo, benedicendolo, ringraziandolo.

In questo tempo, quali intelligenze mi venivano somministrate! Il mio intelletto in un momento penetrava cose molto grandi, appartenenti al suo amore, restava per parte di queste intelligenze la povera anima mia innamorata di questo Dio, tanto buono, tanto santo, tanto misericordioso. Si umiliava la povera anima mia, e piena di ammirazione andava esclamando: «E come mai è possibile, o Salvatore mio adorabile, che tanto oltrepassi il vostro amore verso di me, che sono la creatura più vile che abiti la terra? Sia benedetto in eterno il vostro amore».

Più volte mi ha mostrato la compiacenza che aveva di abitare la povera anima mia, ora chimandola «sua preziosa abitazione», ora «delizioso giardino». Preso dall’infinito amore suo, una volta così prese a dire: «Figlia, è tanto l’amore che ti porto, che se per impossibile con la mia immensità non potessi contenere il cielo e la terra insieme, mi eleggerei di lasciare i cieli per abitare la bella anima tua!».

 




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